9-1-1 – Vigili del fuoco e poliziotti secondo Ryan Murphy di Marco Villa
9-1-1 è come quelle serie procedurali di un po’ di anni fa, ma con il tocco esagerato di Ryan Murphy
Una volta qui era tutto medici e poliziotti. Se provate a pensare alle serie di quindici o venti anni fa, eravamo spesso di fronte a telefilm di chiaro stampo procedurale, di quelli in cui i casi (criminali o medici) venivano introdotti all’inizio dell’episodio e poi chiusi alla fine, con tanti saluti a protagonisti che non avremmo più visto. A reggere le fila della serie, un gruppetto di protagonisti che tornava a ogni puntata e che dava un senso di orizzontalità a tutto, ma senza esagerare. Questo tipo di serie continua a esistere e ad avere un grande pubblico, grazie anche alla facilità con cui possono essere replicate all’infinito: l’esempio CSI, in tutte le sue varianti, è il più chiaro e forte. Uno degli elementi più importanti nel salto di qualità compiuto dalle serie, però, è proprio una maggiore attenzione allo sviluppo della storia sul lungo periodo.
Ecco quindi che le serie mediche e crime da una botta e via hanno preso sempre più la forma di prodotti non di prima fascia, meno raffinati e premiati dei grandi capolavori di questi anni. 9-1-1 ha tutto per essere inserita in questa categoria, ma ha dalla sua un nome che ormai è garanzia di successo e innovazione: Ryan Murphy. Dopo aver dato nuova vita televisiva al musical e avere fornito una spinta propulsiva al genere horror e avere abbracciato con ottimi risultati quello crime, riuscirà il prode Murphy a dire la sua anche nel medical? Dopo il pilot, ci vien da dire che no, l’operazione non parte alla grande. Dal nostro punto di vista eh, perché la serie è partita alla grande con gli ascolti ed è già stata rinnovata per una seconda stagione.
9-1-1 è una nuova serie tv di Fox, creata da Ryan Murphy con il fido Brad Falchuk e con Tim Minear, pure lui della squadra di American Horror Story. Come si intuisce già dal titolo, si tratta di una serie che vuole raccontare cosa succede quando una persona fa una chiamata al 9-1-1, il numero d’emergenza statunitense. La serie parte proprio dalla risposta data alla chiamata e qui troviamo la prima protagonista: Connie Britton interpreta un’operatrice molto esperta, in grado di affrontare emergenze di ogni tipo, superando anche le proprie emergenze personali che l’aspettano alla fine del turno di lavoro.
Se lei è seduta alla scrivania con cuffiette e microfono, quelli che vanno sul campo sono i membri di una squadra di vigili del fuoco capitanati da Peter Krause, capobrigata severo-ma-giusto, capace di essere un riferimento professionale, quanto umano. Intorno a lui un’allegra brigata di comprimari, rigorosamente diversi tra loro dal punto di vista etnico. Accanto alla squadra dei pompieri lavora anche la polizia e qui seguiamo in particolare la storia del personaggio di Angela Bassett, detective con un matrimonio che sta per scoppiare.
I piani di racconto sono quindi essenzialmente tre, con altrettante vicende personali importanti e approfondite. Tre storie che non si incontrano mai, se non nei brevi istanti in cui tutti sono all’opera sulla stessa emergenza. Si tratta però di squadre diverse, ognuna delle quali deve portare a compimento al meglio il proprio compito, per poi affidare alle altre la prosecuzione. Questo senso di staffetta e di progressione in parallelo è probabilmente l’intuizione migliore della serie: come viene spiegato in maniera piuttosto esplicita nel primo episodio, una delle difficoltà del lavoro di questi personaggi è quello di abbandonare le persone che hanno soccorso nell’esatto istante in cui li affidano ad altri. “Saremo fortunati se ci diranno se si è salvato”, dice un saggio Peter Krause al più tipico dei novellini scapestrati che si ritrova per le mani.
Il riferimento è a un neonato che i pompieri hanno dovuto estrarre da una tubatura, dopo che la giovanissima madre l’aveva partorito nel wc. Si tratta del primo caso raccontato da 9-1-1 ed è un chiaro segnale di come la serie si voglia muovere: casi spettacolari, quasi oltre la soglia di credibilità. Non certo una novità per i titoli del premiato duo Murphy-Falchuk, che però in questa occasione non riescono a dare una marcia in più al proprio prodotto. Ottimo cast, fotografia emozionale, storie al limite, ma tutto sa di già visto, al punto che la corsa verso la situazione estrema suona davvero strumentale e quasi forzata. Certo, c’è la parte positiva data dalla tripartizione delle storia cui si accennava prima, ma potrebbe non essere sufficiente per spingerci a tornare ad amare una serie dichiaratamente verticale.
Perché seguire 9-1-1: perché la scelta di tre binari narrativi paralleli è stimolante
Perché mollare 9-1-1: perché al di là dei nomi coinvolti, non c’è molto altro