The Brave – A metà strada tra Homeland e The Unit, ma con onore di Marco Villa
Siamo sinceri: da The Brave non ci aspettavamo nulla e invece fa il suo dovere
Siamo sinceri: una serie ambientata nel mondo militare, con missioni all’estero per risolvere una situazione spinosa a puntata e che per giunta si chiama Il Coraggioso. Tutti questi elementi a cosa possono portare se non a un disastro annunciato, da guardare solo per quell’insana passione per i piani venuti malissimo che a volte attanaglia anche lo spettatore più ardito? Ebbene, non so se essere contento o incredibilmente dispiaciuto, ma The Brave non è niente di tutto questo.
The Brave è una nuova serie di NBC, in onda dal 25 settembre. Creata da Dean Georgaris, sceneggiatore tra gli altri del vecchio Tomb Raider e di The Manchurian Candidate, racconta la storia di due team dell’esercito statunitense: uno operativo da Washington manovrando droni e lavorando su informazioni e intelligence, uno operativo sul campo, ma guidato a distanza dal primo. Il primo episodio ci presenta il caso di una giovane dottoressa statunitense, che si trova in Siria per un progetto benefico e che viene rapita da Al-Nusra, ovvero la branca siriana di Al-Qaeda. Il rapimento mette in moto tutta la macchina, che a Washington viene gestita da Patricia Campbell (Anna Heche) e in Siria dal capitano Adam Dalton (Mike Vogel). Con loro, uno staff in gamba&pieno di backstory da una parte e dall’altra del mondo.
Non sto a entrare nel dettaglio dei patemi che i personaggi si portano dietro, perché la cosa più importante è che in The Brave non vengono spiattellati con dialoghi di 3 minuti in cui il passato viene scansionato al millimetro, a cominciare dal nome del peluche preferito, fino al trauma della morte del criceto Jerry. C’è qualche momento che arriva al limite, ma niente di terribile. Il motivo per cui questo accade è che The Brave non ha il tempo per farlo: la prima mezz’ora è tirata a mille e porta a casa il risultato: c’è tensione, c’è azione, c’è un uso ottimo dell’alternanza Washington-Siria, che permette di spalmare su due gruppi di personaggi gli inevitabili spiegoni, limitandone l’impatto sullo spettatore.
La seconda parte ripiega un po’ su se stessa e sui grandi cliché del genere, finendo per essere meno efficace della partenza, ma tenendo comunque botta e respingendo con una certa maestria i rischi di deriva patriottico-paternalista. Insomma, se ci si aspettava una roba inguardabile, si resta ampiamente sorpresi: a voler semplificare, The Brave cerca di prendere la parte di intelligence da Homeland e la parte action da serie come The Unit, ben consapevole di non poter nemmeno competere con la prima, ma riuscendo a raggiungere un livello più interessante della seconda. È una serie che si pone un obiettivo non particolarmente ambizioso, ma molto chiaro e definito. E lo raggiunge, senza ombra di dubbio. Non vedremo mai The Brave tra i candidati agli Emmy, ma ovviamente non è questo il punto.
Perché guardare The Brave: perché offre tensione e azione, ovvero quello che ci si aspetta da una serie di questo tipo
Perché mollare The Brave: perché ha pochi margini di crescita e difficilmente raggiungerà livelli di interesse superiori rispetto a quanto messo in mostra nel pilot