14 Luglio 2017 1 commenti

Snowfall – No, non è neve per davvero di Diego Castelli

Su FX il racconto della famigerata “Epidemia del crack”

Copertina, Pilot

Snowfall (6)

All’inizio degli anni Ottanta, una montagna di cocaina inondò le coste degli Stati Uniti, causando un calo del prezzo dello stupefacente che rischiava di abbassare i profitti di chi lo spacciava. L’esigenza di riequilibrare i guadagni, unita a quella di fornire un’alternativa alla cocaina classica a chi chiedeva un prodotto che non gli devastasse il setto nasale, portò all’uso del crack, un derivato della cocaina che aveva il principale pregio di essere fumabile e divisibile in pacchetti più piccoli, meno costosi e quindi più facilmente smerciabili nelle strade.

Tutte queste cose le so perché all’epoca lavoravo con l’intelligence americana a Panama e… no dai, l’ho letto su wikipedia.
Questo comunque è il setting di Snowfall, nuova serie di FX creata da John Singleton, regista, sceneggiatore e produttore candicato all’oscar nel lontano 1991 per Boyz n The Wood (con un giovane Cuba Gooding Jr) e poi firma di altri titoli importanti come Shaft, Four Brothers e perfino il secondo capitolo di Fast and Furious (che peraltro credo tra i meno riusciti, ma non sono esperto del franchise).
Ambientata nella Los Angeles del 1983, Snowfall racconta proprio quel periodo in cui i grandi corrieri della droga cominciavano a rivolgere l’attenzione non solo ai ricconi col naso impolverato, ma anche ai quartieri poveri dove potevano trovare clienti meno abbienti, ma assai più numerosi.

Snowfall (3)

Su questo sfondo si muovono diversi personaggi, di diverso colore ed estrazione. E se è vero che Snowfall prova a raccontare anche i risvolti più politici e complottari di quell’epidemia (con la CIA impegnata a finanziare, proprio tramite la droga, ribellioni e guerre sudamericane) il suo meglio lo dà raccontando la storia di Franklin, un ragazzo già inserito in un tot di dinamiche poco pulite, ma pronto a fare il grande salto per diventare il collegamento fra quei due mondi di cui si diceva, i ricchi contrabbandieri e i poveracci futuri tossicodipendenti.

Interpretato dal bravo Damson Idris, al primo ruolo da protagonista seriale, Franklin è finora il personaggio meglio costruito e più interessante, perché ammantato di un vago alone di “bontà” (impedisce ai ragazzini di rubare, non beve e non si droga, è educato con gli estranei), ma allo stesso tempo mosso da una irresistibile vena imprenditoriale, che lo porta a fare di tutto per farsi un nome nel giro e guadagnare, attraverso il potere e il denaro, l’agognata libertà dal ghetto.
È ovvio che questo desiderio si sconterà con la realtà di un mondo fatto di sangue e dolore, che Franklin ancora non è riuscito a conoscere e comprendere sul serio, trascinato com’è dal cuore impavido e dall’ambizione sfrenata.

Snowfall (4)

Nella sua quasi ora di durata, il pilot di Snowfall mette insieme un’atmosfera convincente, una regia esplicita e una fotografia netta e graffiante, che passa con buon contrasto dal sole del ghetto all’oscurità dei locali pieni di criminali, per raccontare un gruppo di personaggi che, al momento, sfoggiano buone potenzialità.
Non tutto funziona allo stesso modo, e quando ci si allontana dalla figura di Franklin tutto sembra immediatamente meno interessante o significativo, ma la base per una buona serie, di quelle che ti fanno schiumare rabbia ed emozione per i personnaggi, sicuramente c’è.
Dobbiamo sperare che i vari pezzi riescano a trovare e conservare il miglior equilibrio possibile.

 

Perché seguire Snowfall: per lo scenario carico di tensioni e per uno-due personaggi che hanno già grande forza.
Perché mollare Snowfall: c’è il rischio che possa diventare troppo politico e/o complicato, in una parola pesante.

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