Better Call Saul season finale: quel piede e quella lanterna di Diego Castelli
Roba da non dormirci la notte
OVVIAMENTE SPOILER SUL FINALE DELLA TERZA STAGIONE
Quando arrivano i titoli di coda del finale stagionale di Better Call Saul, lo spettatore è ancora lì che sbatte le palpebre, sconvolto, perché al primo sguardo l’episodio non sembrava diretto verso una conclusione così tragica. Quando ci si pensa bene, in realtà, ci si accorge che i segnali relativi alla morte di Chuck erano comunque numerosi, a partire dalla sua uscita dallo studio legale in cui gli applausi e le due ali di folla suonavano più come un funerale che come un festeggiamento. Però insomma, che si arrivasse a un vero e proprio suicidio, forse non ce lo aspettavamo, o non ce lo aspettavamo in quel momento.
Questo anche perché il season finale di Better Call Saul sembra abbastanza tenero col suo protagonista. In questa oretta scarsa Jimmy si divide fra il fare da babysitter a Kim, reduce dall’incidente in macchina, e il prodigarsi per riparare almeno in parte i torti fatti alle vecchiette nella puntata scorsa: ci riesce di fatto auto-sabotandosi, confessando indirettamente le proprie malefatte alle anzianotte, così che loro possano tornare unite e cominciare a odiare solo lui.
Per Jimmy McGill, insomma, il finale è abbastanza edificante, ce lo mostra nella sua luce migliore, quella di un uomo che sa riconoscere i suoi errori e prova a porvi rimedio.
Il problema, ovviamente, è che è già troppo tardi. Non solo per il lavoro, che come giustamente dice Jimmy è compromesso da una cattiva reputazione che di certo non svanirà alla fine della sospensione, ma anche nel rapporto con Chuck. In questi tre anni di Better Call Saul (ma anche in quelli di Breaking Bad) abbiamo imparato che l’istinto più forte in Jimmy/Saul è quello dell’autoconservazione. Ma questo non significa che i suoi sentimenti per il fratello non siano realmente genuini: Jimmy ha sempre amato Chuck (più del contrario, evidentemente), e l’inizio dell’episodio, con il flashback dedicato a un breve momento di reale fratellanza, ci mostra un tempo che effettivamente c’è stato, dove quel sentimento aveva messo radici, ma che ormai non c’è più.
Dal canto suo, Chuck ha sempre potuto contare su una posizione di superiorità. Non solo era il maggiore, ma anche quello che nella vita aveva avuto più successo. Perfino durante la malattia, quando Howard andava periodicamente da lui per sincerarsi delle sue condizioni e provare a capire quando sarebbe potuto tornare al lavoro, Chuck sapeva di essere sempre se stesso, un grande avvocato che affrontava una difficoltà temporanea, dopo la quale sarebbe tornato come nuovo. E da questa posizione di infermità dichiaratamente transitoria poteva ancora permettersi di sentirsi Dio in Terra.
Ovviamente, la rottura con lo studio legale, che porta alla definitiva conclusione del rapporto con l’altro “fratello”, quello che Chuck apprezzava di più, è per lui il momento della fine. Entrambi i fratelli, quello biologico e quello professionale, l’hanno tradito, ma soprattutto entrambi l’hanno sconfitto, lasciando senza più nulla.
La tentazione di considerare Chuck il cattivo della storia è stata costante in questi tre anni, ma non è mai stata definitiva, esattamente come non può essere definitiva (anzi) l’identificazione di Jimmy con il buono. Quello che vediamo in questo episodio è la tragica conclusione di una faida senza colpevoli, in cui tutti, a conti fatti, avevano diritto a recriminare su qualcosa. E il fatto che Chuck fosse chiaramente il più antipatico non cambia il fatto che Jimmy, prima e dopo l’inizio della serie, gliene avesse fatte parecchie.
Il loro ultimo dialogo è un momento di grande emozione e di altissima bravura dei due attori. Le parole durissime di Chuck, fra cui quel “la verità è che non mi è mai importato più di tanto di te”, rappresentano l’ultimo scambio di una relazione altamente tormentata, ma suonano comunque false, perché non riescono a nascondere almeno un po’ di rimpianto e di rimorso, quello di due uomini che avrebbe desiderato un destino migliore per la loro famiglia, senza però essere in grado di costruirlo.
La scena finale in cui Chuck si dà fuoco insieme alla casa che aveva preventivamente distrutto, in un rigurgito inarrestabile della sua malattia (la cui natura psicologica, ovviamente, è di nuovo esplosa a seguito dello stress e del dolore), è un momento che ricorderemo a lungo. Il buio delle stanze devastate, l’espressione folle di Chuck, il ritmico rimbombo del suo piede sul tavolo, simile a un conto alla rovescia verso l’inevitabile, sono l’immagine della sconfitta e della rassegnazione, dell’accettazione che nulla di ciò che è stato rotto può più essere riparato.
Da un certo punto di vista è la fine dei McGill, uno morto e l’altro destinato e non presentarsi più con quel nome, e l’ostinazione con cui Chuck scatena l’incendio, senza mai un ripensamento nonostante il numero di colpi necessari per buttare giù la lanterna, sembra l’ultimo atto consapevole di un uomo a cui è stato tolto tutto, tranne la libertà di disporre della sua vita.
Cosa che invece è stata tolta al buon Don Hector, che nella parte restante di episodio subisce l’attacco fatale che, con ogni probabilità, lo confinerà alla sedia a rotelle che abbiamo visto in Breaking Bad. Un momento fondamentale per i vecchi fan, dunque, che viene messo un po’ in ombra solo dell’enormità del gesto di Chuck.
Due eventi in qualche modo collegati, comunque, perché entrambi simboleggiano un passaggio di consegne, l’uscita di scena di una generazione più vecchia (Chuck, Hector) che viene soppiantata da quella più giovane (Gus, Nacho, Howard, Jimmy), che ha agito attivamente affinché questo passaggio arrivasse il prima possibile.
A ben guardare l’unico vecchio a cui non accade nulla è Mike, ma solo perché ha accettato, alleandosi a Fring, si diventare strumento di quella generazione, e non un suo ostacolo.
Al momento Better Call Saul non è stata rinnovata per una quarta stagione, anche se è probabile che il rinnovo arrivi. Intanto però, questo finale non sarebbe nemmeno un brutto finale di serie, proprio perché la morte di Chuck e quella metaforica di Hector Salamanca sembrano chiudere un’era, che sarà seguita da un’altra che ci è già stata raccontata.
Allo stesso tempo, ovviamente, un’altra stagione la desideriamo eccome, perché vogliamo effettivamente vedere come Jimmy reagirà alla morte del fratello, muovendo gli ultimi passi che ancora lo separano dal suo famoso alter ego, e perché ci sono altri dettagli che meritano ulteriore approfondimento, come il futuro di Kim.
Certo è che senza Chuck viene a mancare un pilastro fondamentale di queste stagioni, e quindi l’impressione è che, con la prossima, si possa arrivare alla nascita definitiva di Saul Goodman, portando a compimento nove splendide stagioni complessive.
E magari bei prossimi giorni affronteremo pure uno strano dibattito sorto in America, legato alla possibilità che BCS possa addirittura essere meglio di BB. Mi viene un filo di orticaria, ma magari varrà la pena di parlarne.