Claws: perché bisogna voler bene alle estetiste di Diego Castelli
Serie estive ma che hanno un senso
Alla fine l’estate è così. La maggior parte delle serie che segui è in vacanza (a parte rare eccezioni come Game of Thrones è le chicche di Netflix), hai tempo di recuperare episodi che hai lasciato indietro durante l’anno, e se proprio vuoi aggiungere qualcosa abbassi le difese permettendo l’ingresso nel tuo cuoricino di prodotti magari non eccezionali, ma che nella solitaria afa estiva riescono a strapparti un po’ di affetto.
È il caso di Claws, nuova serie di TNT creata da Eliot Laurence (praticamente al suo debutto), e incentrata sulla vita di alcune estetiste impegnate a gestire un salone di bellezza in Florida che in realtà è anche una copertura per il riciclaggio di denaro da parte della malavita. Un po’ come Breaking Bad dal punto di vista dell’autolavaggio.
Nella mia personale dieta mediale, Claws arriva del tutto casualmente in un momento un po’ particolare, quando sono tutti impegnati a incensare un bel film femminista come Wonder Woman, che non è né bello né femminista, lasciandomi nel desiderio di vedere qualcosa che femminista possa suonarlo per davvero, non per chissà quale necessità etica o morale contingente, quanto proprio per una specie di reazione del tipo “possibile che non sapete riconoscere un racconto davvero al femminile?”
Ecco, Claws lo è. E per capirlo bisogna andare un passo oltre l’apparenza, oltre il titolo “artigli” che rimanda alle unghie lunghe, finte e colorate delle protagoniste, e oltre i primi cinque minuti in cui dialoghi da ghetto e ralenty da videoclip fanno pensare a una cagata disarmante figlia di Jersey Shore (con tutto il rispetto per Jersey Shore, che però era per l’appunto, e orgogliosamente, una cagata disarmante).
Teoricamente incentrato sulle quattro (anzi cinque) estetiste del salone di bellezza, Claws è in realtà molto focalizzata sulla loro leader Desna, interpretata dalla tamarrissima Niecy Nash (Scream Queens, Masters of Sex), che coltiva il sogno di aprire un salone tutto suo, ma nel frattempo è obbligata dal “fidanzato” Roller a svolgere lavoro di riciclaggio di denaro per conto di Uncle Daddy, un boss locale con la faccia di un cattivissimo e volgarissimo Dean Norris, giusto per chiudere la parentesi Breaking Bad. Desna ha anche a casa un fratello adulto ma non autosufficiente, probabilmente autistico (dico probabilmente perché non viene specificato), che aggiunge un’ulteriore complicazione pratica a una vita che offre già un certo numero di sfide.
Claws è un racconto profondamente femminista perché, pur mettendo in scena una serie di stereotipi esagerati, li affianca alla lotta delle protagoniste per uscirne. Usare la comicità sguaiata di questo tipo di ambientazione criminal-volgarotta, insomma, è solo uno stratagemma con cui Laurence racconta di un gruppo di donne unito da profonda amicizia e lealtà, che sono quasi costrette a indossare un certo tipo di maschera sociale fatta di abitini aderenti, mosse sexy e unghie finte, covando però nel profondo il desiderio di trovare un proprio posto e poter far sentire la propria voce.
Il giochino, in realtà, è pure troppo esplicito: gli elementi più tamarri della vita di Desna sono così evidentemente giustapposti ai suoi problemi più seri (il rapporto coi criminali, le difficoltà del fratello) che la volontà in qualche modo edificante di Laurence ne risulta parzialmente depotenziata. Allo stesso modo, in Claws non c’è un uomo che sia decente: sono tutti criminali, sessuomani, drogati, mafiosi, inquietanti e/o viscidi, e le nostre protagoniste (fra cui i serialminder riconosceranno subito Carrie Preston di True Blood e Person of Interest, e una irriconoscibile e lesbicissima Judy Reyes di Scrubs), sono chiamate a portare una fiaccola di normalità e bellezza non convenzionale in un mondo altrimenti brutto e sporco.
Insomma, le divisioni in campo sono abbastanza manichee, e non stiamo sicuramente parlando di una serie che lavora di sfumature.
Ma all’inizio parlavo di affetto, e della capacità di certe serie estive di farsi voler bene anche oltre i loro limitati meriti oggettivi. Claws fa parte di questo gruppo: un po’ per la bravura e il carisma dei protagonisti (non ho nemmeno specificato che il fratello di Desna è interpretato da Harold Perrineau di Lost), un po’ per una sceneggiatura che fin da subito mette in campo twist pesanti che parlano di stupro e omicidio, ci vuole davvero poco per appassionarsi alla sorte di queste donne cazzute e orgogliose, che non rinunciano a divertirsi e a divertire, ma che sono pronte a lottare con le (lunghe) unghie e con i denti per farsi valere in un mondo che le considera oggetti di piacere se va bene, e schiave se va male.
Non si raggiungono nemmeno di striscio le vette artistiche di The Handmaid’s Tale, ma la voglia di vedere le protagoniste spaccare tutto è più o meno la stessa.
Perché seguire Claws: storia basica ma accattivante, e interpreti di spessore.
Perché mollare Claws: il racconto funziona, ma al momento non sembra in grado di alzare il livello puramente artistico dell’operazione.