Tre pilot in 42 secondi: Dear White People, Girlboss e Famous in Love di Marco Villa
Tornano i tripilot, i nostri raccoglitori di serie non proprio imperdibili
La sorpresa c’è e siamo i primi a viverla: due serie di Netflix finiscono nel tripilot, ovvero il nostro raccoglitore di serie prescindibili. Ci finiscono per motivi diversi e in compagnia di una serie davvero orribile. Dear White People una chance forse la potrebbe meritare comunque, Girlboss è una delusione grande come una casa, Famous in Love una vera schifezza. Seduti che si parte.
DEAR WHITE PEOPLE
Andate a guardare su Rotten Tomatoes e raccogliete la mascella da terra: 100%, ovvero è piaciuta a tutti tutti tutti. Dear White People è una serie di Justin Simien per Netflix, basata sull’omonimo film dello stesso regista datato 2014. Siamo in una prestigiosa e bianchissima università statunitense e i protagonisti sono i ragazzi che appartengono alla minoranza nera. Già emarginati per questioni numeriche, subiscono ogni giorno piccoli atti all’apparenza da nulla, ma che sommati delineano l’esistenza di un razzismo piuttosto forte. Il tema è importante e merita tutta l’attenzione del mondo, ma forse meriterebbe anche una scrittura migliore. Il primo episodio di Dear White People è un gigantesco spiegone in cui i concetti base che ho appena citato vengono sparati in faccia senza giri di parole, come se fossero presi da un volantino politico. E più di una volta. La vicenda di Sam (Logan Browning) è costantemente sopra le righe: nel racconto del politico, così come in quello del privato. Terminologia volutamente anni ‘70, perché la sensazione lasciata dal pilot è quella di una serie dogmatica, in cui il messaggio pialla via il racconto sempre e comunque. Quel 100% invita ad andare avanti, ma il primo impatto è tutt’altro che positivo.
GIRLBOSS
Scendiamo di un gradino e arriviamo alla storia di Sophia Amoruso, prodigio della new new new economy che nell’arco di meno di dieci anni è passata dalla vendita di capi vintage su Ebay a una società da milioni di dollari, per chiudere con il fallimento. Girlboss è il racconto di questa vicenda e di come una ragazza sveglia e scostante di San Francisco sia riuscita a inventarsi un business e a portarlo avanti fino al massimo livello possibile. Storia affascinante e calata totalmente nel nostro tempo, raccontata però malissimo. Ovviamente tutto ruota intorno al personaggio principale, che prende il nome di Sophia Marlowe ed è interpretato da Britt Robertson. Come la protagonista di Dear White People, anche Sophia è sempre sopra le righe, ma come se fosse sempre fatta: iperattiva e scostante, non offre mai allo spettatore un appiglio di alcun tipo. Non è certo la tipa con cui empatizzi, ma non è nemmeno la stronza che finisci per amare per il modo sprezzante che ha di rapportarsi con il mondo. C’è di più: i dialoghi sono quanto di più artificioso e anti-verosimile possa esistere, scritti e recitati per affermare una continua originalità, più che per essere efficaci da un punto di vista narrativa. Proprio poca roba.
EDIT del 25 giugno 2017: la serie è stata cancellata.
FAMOUS IN LOVE
Se c’è sorpresa per due serie Netflix all’interno di un tripilot, non sorprende per niente la presenza di Famous in Love, sorta di soap opera per teenager che ricorda la peggiore Occhi del Cuore e che va in onda su Freeform. Fotografia smarmellatissima, attori cani che recitano con 4 secondi di tempi morti tra una battuta e l’altra, regia che va a zoomare sulle facce dei protagonisti nei momenti più intensi. Tutto il meglio del peggio possibile. La storia è quella di una ragazza (Bella Thorne) che viene notata a un’audizione aperta per un ruolo importantissimo: viene scelta e diventa la nuova star di Hollywood. Ma ovviamente è solo l’inizio, perché questo è lo spunto per inserirla in dinamiche amorose di gelosie incrociate, opportunismo e doppi giochi che farebbero la gioia di qualsiasi editore di libri stile Harmony. C’è il figo romantico e quello “roar” (cito la serie stessa), c’è il migliore amico di sempre che forse è qualcosa di più, c’è il ricco profittatore, c’è la matrona che muove i fili alle spalle di tutti, c’è la nostra e vostra mano che viene portata ripetutamente alla fronte in segno di eterno palmface. Rispetto alle due serie di Netflix, non siamo nemmeno in un altro campionato, ma in un altro sistema solare.