Snatch – Una serie tv a mille all’ora dal film di Guy Ritchie di Marco Villa
Snatch è una serie tv perfetta per il binge watching
Il paragone è pesante, perché si parla di un film che è diventato un simbolo e una pietra di paragone. Se si parla di un film “alla Snatch” è subito evidente di cosa si parli. Per questo motivo, una serie ispirata alla pellicola di Guy Ritchie è un’idea in cui parte stimolante e parte di rischio si bilanciano. Come è giusto che sia, visto l’argomento di cui si parla.
Snatch è una serie tv originale di Crackle, piattaforma di streaming di Sony. Scritta da Alex deRakoff, è stata rilasciata lo scorso 16 marzo e, come sempre in questi casi, la prima stagione è già stata resa interamente disponibile. La storia è quella di tre ragazzi di Manchester, che vivono di espedienti e cercano la svolta decisiva. Il capetto carismatico è Albert (Luke Pasqualino di Skins), figlio d’arte con padre rapinatore (Dougray Scott) in carcere da 15 anni, ma ancora molto presente nella sua vita, dal momento che il genitore incarcerato gode di parecchi privilegi e in particolare di quelli che permettono del gran product placement a Sony.
Albert si barcamena tra prestiti da strozzini per mantenere il negozio di famiglia e tentativi “imprenditoriali”, tra cui la gestione della carriera di Billy, pugile di talento che condivide con lui la disperata ricerca di un futuro. A completare il terzetto c’è Charlie Cavendish Scott (Rupert Grint di Harry Potter), rampollo decaduto di famiglia decadutissima. Il primo episodio ce li mostra mentre cercano di fare la scommessa delle scommesse su un match di Billy, intorno al quale si muovono però anche le mire del padre carcerato e soprattutto di Sonny Castillo (Ed Westwick di Gossip Girl), il mafioso della zona che diventerà anche l’obiettivo della prima grande rapina del trio, aiutati dalla fidanzata del mafioso (Phoebe Dynevor, che spacca lo schermo ogni volta che appare).
Se pensate a Snatch di Guy Ritchie, la prima cosa che vi viene in mente è il ritmo, dettato da un linguaggio tutto clippettaro e con momenti che hanno fatto scuola. Ovviamente anche la serie tv si mette in coda a quello stile, cercando però di trovare una propria strada ed evitando il calco completo. Il primo episodio di Snatch è veloce e divertente: i personaggi vengono presentati senza troppi spiegoni e subito calati in situazioni di stress. Dovendo banalmente fare il conto delle cose che accadono nel pilot, si resta sorpresi dalla somma finale, da come nulla sia sembrato superficiale o affrettato e da come gli autori siano riusciti a creare un tono (auot)ironico funzionale. Certo, non siamo di fronte a personaggi con risvolti psicologici da romanzo russo, ma del resto questa è una serie di genere e va bene così. Allo stesso modo, si sopportano senza grossi patemi anche alcune esagerazioni, tipo la figura del padre in prigione, che sembra arrivare dritta da un Brooklyn Nine-Nine per quanto si trova sul confine con il demenziale.
Altrettanto buono è il cast: i tre protagonisti sono tutti dotati di carisma e di un grande impatto visivo (leggi: sono dei fighi), così come le due girl presentate nel pilot. Di Dynevor ho già detto poco fa e in almeno un’occasione il suo ingresso in scena meriterebbe di diventare iconico, mentre l’altra ragazza, di cui si innamora Charlie, è una sorta di ricettatrice ripulita, interpretata da Stephanie Leonidas (American Gothic).
La prima stagione è composta da dieci episodi, che a naso saranno tutti scritti e girati a rotta di collo, senza mai una pausa: per questo motivo, il binge watching si presenta come la perfetta modalità di fruizione.
Perché seguire Snatch: per ritmo, cast, tono e velocità della storia
Perché mollare Snatch: perché è una serie di azione fatta e finita, con scavi psicologici minimi