Making History – Il lato demenziale della rivoluzione americana di Marco Villa
Viaggiare nel tempo per fare i minchioni
L’abbiamo detto molte volte, in questi anni: stiamo assistendo a una de-commedizzazione delle comedy, ovvero a serie che per formato e taglio del racconto si configurano come comedy, ma che si distanziano da quello che è sempre stato l’obiettivo primario delle serie di questo tipo, ovvero fare ridere. Da Girls a Love, passando per Community e arrivando ad Atlanta, le nuove comedy si caratterizzano per essere molto sofisticate e strutturate, ma lontanissime da quel “facce ride” che era (ed è) al centro di prodotti come The Big Bang Theory, che qualche anno fa era una serie assolutamente nella norma e oggi interpreta la parte dei giapponesi che continuano a combattere una guerra ormai finita. Ovviamente si parla per generalizzazioni, non può che essere così, anche perché a volte salta fuori una serie che invece si presenta come una comedy che vuol far ridere. Tipo Making History, in onda dal 5 marzo su Fox.
Creata da Julius Sharpe, una bella esperienza nei Late Show e nel team autori dei Griffin, Making History prende un tema sacro della fantascienza e del mondo nerd e lo piega verso la demenzialità. Il tema in questione è quello dei viaggi nel tempo, che vengono compiuti da un improbabile manutentore di un liceo statunitense. Lui è Dan (Adam Pally) e ha trovato tra le robe del defunto padre una serie di appunti che gli permettono di viaggiare nel tempo semplicemente entrando dentro un borsone e schiacciando quattro tastini. Con questo metodo viaggia avanti e indietro tra il presente e l’epoca della guerra di indipendenza americana, senza alcuno scopo particolare se non quello di sfruttare le proprie conoscenze da XXI secolo per conquistare una bella donzella (Leighton Meester). Ovviamente le cose non possono andare lisce, perché sappiamo bene tutti che incasinare il passato non è mai una buona idea. Come primissimo risultato delle sue scappatelle amorose, rese possibili da declamazioni di My Heart Will Go On che fanno sciogliere le ingenue contadine del XVIII secolo, c’è un ritardo nell’inizio della rivoluzione americana. Roba non da poco, che Dan cerca di sistemare portando nel passato anche un professore di storia fissato con quell’epoca (Yassir Lester). Ricapitolando: due nerd nel bel mezzo di un periodo storico in cui i nerd non hanno nessuna possibilità di sopravvivenza.
Lo spirito della serie è già chiaro dalla spiegazione della trama, ma bisogna aggiungere che Making History ha un tono demenziale che è elemento fondamentale dello spirito della serie. L’idea è tutt’altro che originale, l’impostazione non è certo rivoluzionaria e nel complesso Making History non può certo essere un capolavoro. Anzi: non può nemmeno essere una serie degna di nota. Nella mezz’ora di durata, si porta via qualche risata e la sgangheratezza generale la rende istintivamente simpatica. Tutto però è tirato all’estremo: non siamo distanti da un’impostazione alla Scary Movie, con il bene e il male che questo accostamento può portare con sé, ovvero divertimento immediato, ma poca possibilità di tirare in lungo.
Basta saperlo e accettare che non potrà mai offrire di più. Prendere o lasciare.
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