Legion – Che sia l’ora di un nuovo Marvel-cult? di Diego Castelli
Fermi tutti che qui c’è roba buona
SPOILER RIDOTTI AL MINIMO SINDACALE
È iniziata due giorni fa in America, arriverà in Italia fra pochi giorni (il 13 febbraio) su FOX, e si merita un inizio di articolo senza troppi fronzoli: se mantiene le promesse di questo pilot, Legion può essere la prossima cosa grossa nel mondo dei supereroi teleseriali.
Passo indietro. Legion (in italiano Legione), al secolo David Charles Haller, è un personaggio dei fumetti Marvel, creato da Chris Claremont e Bill Sienkiewicz e facente parte del mondo degli X-Men, figlio niente meno che di Charles Xavier, storico capo e ispiratore dei famosi mutanti, quello calvo coi poteri mentali (per chi si fosse messo all’ascolto solo ora). Affetto da problemi piuttosto seri di schizofrenia, David si barcamena fra diverse personalità, ognuna delle quali controlla un diverso potere.
Se ora saltiamo fuori dai fumetti, parlando di Marvel vengono in mente sostanzialmente quattro cose: i film con Iron Man, Thor e Capitan America, gustose caciaronate piene di ironia ed effetti speciali; la saga cinematografica degli X-Men, con Hugh Jackman e compagnia; Agents of SHIELD, la versione televisiva più vicina al mondo degli Avengers, in cui di questi tempi si parla molto di inumani e androidi; il mondo Marvel-Netflix, che a partire dalla figura di Daredevil sta costruendo una sua versione (più urbana e “realistica”) dell’universo supereroistico della Casa delle Idee.
Con Legion, prima produzione di Marvel Television ma rigorosamente non collegata agli altri mondi cine-televisivi sopra citati – compreso quello degli X-Men che in teoria sarebbe casa sua – FX sembra voler prendere un’altra direzione ancora. E signori, è una gran bella direzione.
Creata, scritta, e nel pilot anche diretta da Noah Hawley, il geniaccio già a capo di Fargo, Legion prende la mitologia del personaggio già esistente e la fa propria, non insistendo più di tanto (almeno per ora) sul tema delle personalità multiple, ma tenendo ben presente il concetto dell’instabilità mentale di David e, soprattutto, della sua natura di mutante potentissimo, forse il più potente mai esistito.
E qui arriva il bello. Invece di seguire il classico percorso supereroistico (sono un tizio qualunque > acquisisco dei poteri > imparo a usarli > spacco culi), Legion ci butta subito nel mondo incasinato di David, interpretato da un ottimo Dan Stevens, qui ben lontano dal sobrio e posato Matthew di Downton Abbey.
Chiuso in un ospedale psichiatrico (con la nostra amatissima Aubrey Plaza di Parks and Recreation) e spesso incapace di distinguere, nel suo vissuto quotidiano, fra realtà e finzione, verità e allucinazioni, David è ben diverso dal classico giustiziere in calzamaglia. Cresciuto come ragazzo problematico e portato a credere che i suoi poteri siano in realtà semplici inganni giocatigli dalla sua stessa mente, David è convinto di essere un normale paziente, almeno finché uomini misteriosi non vengono a fargli strane domande e complicati esami, che non sembrano troppo coerenti con la definizione di “indagine di polizia” con cui si sono presentati.
Se il concept meno scontato e più adulto di Legion attira subito l’attenzione, ciò che eleva questo pilot dalla media a cui siamo abituati (mettiamoci dentro anche le serie DC di CW, da Arrow a Flash) è una ricerca stilistica, visiva e sonora, che in tv si vede solo raramente, e che quando la si vede strappa applausi.
Giocato su più livelli mentali, temporali e mnemonici, il pilot di Legion proietta nel mondo fisico, o per lo meno nel mondo percepito dallo spettatore, la complessità e l’indecidibilità della mente di David.
Dopo una splendida scena introduttiva, che ripercorre la vita del protagonista da un’infanzia tutto sommato normale a un’adolescenza sempre più problematica, Noah Hawley lavora di scenografie, fotografia e trucchi più o meno espliciti (dai rallenty fascinosi ai “replay” inaspettati, fino a sprazzi di musical), per costruire uno scenario pesantemente onirico, in cui luci potenti di dubbia provenienza impediscono di guardare fuori dalle finestre dell’istituto-prigione, dove gli abiti dei personaggi rendono complicata una precisa collocazione cronologica, dove eleganti transizioni giocate su dissolvenze e ricercate geometrie fluidificano la narrazione mescolando con verve quasi pittorica i vari piani di racconto.
Per lungo tempo, a parte quando viene usata la parola “mutanti”, Legion non sembra nemmeno un prodotto Marvel, proprio perché la sua “magia”, più che legata alla semplice manifestazione dei poteri, si aggancia a tutta la messa in scena, in cui quasi ogni inquadratura è accuratamente studiata per trasmettere allo spettatore un senso di straniamento, per farci vivere in pieno la distorta percezione di David, fatta di voci sussurrate e ricordi inaffidabili.
Da questo punto di vista, il parente più prossimo di Legion è proprio Daredevil, perché il tentativo di Netflix di staccarsi da altri supereroi cine-televisivi aveva prodotto una serie che era diversa dalle altre prima di tutto in termini visivi. Ma se condividono la diversità, Daredevil e Legion non si assomigliano nei modi di quella diversità, così “realistica” (fra virgolette) la serie di Netflix, e così pesantemente caricata e allucinata quella di FX.
Pur essendo un tantino lungo (67 minuti che forse potevano essere 50-55), il pilot di Legion ha il grandissimo pregio di provare a raccontare i supereroi televisivi in modo nuovo, e di riuscirci nella maggior parte dei casi.
Ci sono due rovesci della medaglia, uno effettivo e l’altro potenziale. Quello effettivo riguarda il fatto che, proprio perché si allontana da molti canoni a cui siamo abituati, Legion chiede allo spettatore un’attenzione maggiore e una disposizione d’animo più larga rispetto ad altri prodotti cugini. Il che è una splendida cosa, ovviamente, ma se state cercando una serie scacciapensieri, beh, non è questo il caso, e gli ascolti non eccezionali del pilot sembrano confermare una sua certa difficoltà di penetrazione nel grande pubblico, tema mai secondario in ottica rinnovi/cancellazioni.
Il secondo problema è per ora solo potenziale: senza spoilerare troppo, possiamo dire che verso il finale del pilot ci si avvicina un po’ di più al mondo mutante come lo conosciamo, e anche la messa in scena e gli effetti speciali, pur gestiti con grandissimo gusto, rientrano un tantino più nella norma di questo tipo di prodotti. C’è la possibilità, quindi, che le molte apprezzabili invenzioni visive viste nel pilot si vadano spegnendo negli episodi successivi, anche se cito questo potenziale problema giusto per mettere le mani avanti: la verità, a fronte del lavoro fatto da Hawley su Fargo e dei trailer abbastanza spoilerosi di Legion usciti in questi mesi, è che ho la netta impressione che siamo di fronte a una serie coi controcazzi, che nelle prossime settimane mostrerà il suo valore senza se e senza ma.
Perché seguire Legion: pur inserita in un mondo supereroistico ben conosciuto, Legion ha un’identità tutta sua e una potenza espressiva che in tv si vede raramente.
Perché mollare Legion: è un prodotto più complicato, stratificato e adulto rispetto alla media delle altre serie “super”. Fatevi i vostri conti…