13 Gennaio 2017 7 commenti

Sherlock 4×02 – Il gradino prima dell’apocalisse di Diego Castelli

Un grande episodio, che ne promette uno migliore

Copertina, Olimpo, On Air

Sherlock (5)

OVVIAMENTE SPOILER SULLA 4×02

In teoria questo articolo non doveva esistere: ho avuto (sto avendo) una settimana molto incasinata e pensavo di non riparlare di Sherlock fino al finale. Poi però un uccellino (in realtà gli uccellini sono stati tre-quattro) mi ha fatto notare che aveva quasi più senso parlare di questo episodio che di quello precedente, e che in generale ero una brutta persona se non dicevo nulla al riguardo.
Quindi ora sono quasi le fottute due della fottuta notte, e mi appresto a scrivere di “The Lying Detective”. Lo dico per mettere le mani avanti, non solo perché non posso garantire che il commento sia comprensibile, ma non metto nemmeno la mano sul fuoco sulla presenza di acca e virgole al posto giusto. Al momento mi appaiono pure un po’ sfocate, forse a causa di questo curioso pulsare dietro gli occhi.

Comunque insomma, qualcosa su “The Lying Detective” bisogna effettivamente dire, e possiamo riassumere con: chapeau.
Con il buon Steven Moffat tornato al timone, il penultimo episodio stagionale di Sherlock (che poi è anche il secondo) ha subito riscoperto il gusto per l’architettura ampia, intricata e iperdettagliata che amiamo ormai da qualche anno. Incentrato sulla figura piccola, viscida e oscura di Culverton Smith, uomo molto famoso con la segreta passione per l’omicidio seriale, “The Lying Detective” punta a essere un compendio di tutto ciò che amiamo del detective in versione Moffat, con in più l’ovvia necessità di non dimenticare quanto accaduto solo una settimana prima.

Sherlock (2)

Ecco allora il ritorno di uno Sherlock Holmes esagerato, istrionico, talmente intelligente da non riuscire a stare al passo con se stesso, un groviglio di deduzioni incontrollabili e calcoli probabilistici che lo avvicinano più alla figura dell’indovino che a quella dell’investigatore. Convinto fin dall’inizio della colpevolezza di Smith, dato di fatto che ci viene offerto praticamente subito, Sherlock inizia a tessere un’intricata e affascinante rete che lo porterà sempre più vicino alla sua preda, e che nel frattempo servirà anche ad attirare il caro vecchio Watson, con cui nell’episodio precedente aveva avuto il peggior litigio (se si può chiamare solo “litigio”) della loro storia.

Nella sua ora e mezza l’episodio è così pieno di singoli spunti, ideuzze, citazioni, ammiccamenti, battute, piccole e grandi trovate, che farne un resoconto dettagliato diventa impossibile per le mie misere forze, e forse anche superfluo in generale. Dal delizioso e glaciale viscidume di Smith, passando alla Mrs. Hudson forse più scatenata di sempre, è un continuo carosello, una girandola di sorprese, ritmo e fascinazione che funziona proprio se vissuta come un flusso costante, in cui lo spettatore non può e non deve raccapezzarsi fino in fondo, perché altrimenti sarebbe al livello di Holmes, e questo non sia mai.
Si diceva, però, della necessità di non perdere gli spunti lasciati da “The Six Thatchers”, l’episodio precedente che, seppure meno forte dal punto di vista del puro intrattenimento sherlockiano, era però parecchio importante in termini di scelte di fondo, che in “The Lying Detective” andavano necessariamente portate avanti. A dirla tutta, questo all’inizio non sembra succedere, perché la nuova missione di Holmes sembra una come tante, e il coinvolgimento di Watson, per quanto stra-previsto e manipolato dal suo vecchio amico, sembra quasi una questione di prassi, una regola da cui non si può trasgredire.

****Ruckas Videograbs**** (01322) 861777 *IMPORTANT* Please credit the BBC for this picture. 25/07/16 Grabs from the first teaser trailer for the fourth series of Sherlock. The teaser see's Benedict Cumberbatch and Martin Freeman reprising their roles of Sherlock Holmes and John Watson respectively, and Amanda Abbington returning as Mary. Toby Jones is also seen playing a villain (thought to be Culverton Smith) while Andrew Scott, Lindsay Duncan and Una Stubbs also star in the trailer for the series - due to air on the BBC in 2017. Office (UK) : 01322 861777 Mobile (UK) : 07742 164 106 **IMPORTANT - PLEASE READ** The video grabs supplied by Ruckas Pictures always remain the copyright of the programme makers, we provide a service to purely capture and supply the images to the client, securing the copyright of the images will always remain the responsibility of the publisher at all times. Standard terms, conditions & minimum fees apply to our videograbs unless varied by agreement prior to publication.

In realtà, il piano del protagonista non è solo diretto alla cattura del malvagio, ma anche al mantenimento della silenziosa promessa fatta a Mary: Watson va salvato e, come apprendiamo solo verso fine episodio, l’unico modo per salvarlo è dargli la possibilità di salvare Sherlock: da qui la ricaduta nella droga, accuratamente pilotata, e la costruzione di una spessa trama di eventi che porta effettivamente John a riscoprire l’affetto per il vecchio compare, ma soprattutto a fare pace con se stesso, gestendo il senso di colpa per la simil-scappatella con la ragazza dell’autobus e prendendo coscienza che la morte di Mary non è “esattamente” colpa di Sherlock, per quanto fosse lì e stesse facendo il coglione come al solito.

A dirvela proprio tutta, in queste dinamiche stanno alcuni degli elementi che mi sono piaciuti di meno: ho trovato sicuramente forzata l’allucinazione di Watson (che vede ancora Mary come se fosse viva), un escamotage non certo nuovo che funziona meglio su un periodo più lungo, mentre qui viene obbligatoriamente cotto e mangiato nel giro di 90 minuti rivelandosi per quello che è, cioè per l’appunto un escamotage. E poi, a voler ben guardare, non sono del tutto soddisfatto del concetto in sé, cioè dell’idea che Watson possa essere salvato dalla depressione per la morte di Mary attraverso la riscoperta della passione per la salvezza altrui. È un gioco psicologico che funziona sulla carta, è cioè coerente nelle premesse e nello svolgimento, ma finisce col ridurre il povero John, ancora una volta, a un pupazzotto del cui cervello Sherlock e Mary fanno un po’ quello che vogliono, forzandogli i pensieri nella testa che neanche DiCaprio in Inception. Arrivati al punto in cui siamo, forse il poverino meritava una considerazione maggiore.

Ad ogni modo, si tratta di forzature che non riescono a rovinare la magnificenza dell’impianto complessivo, in cui tutti i pezzi danno l’impressione di finire al loro posto sempre un attimo prima che lo spettatore ci arrivi da solo (magica illusione che ci fa sentire tanto intelligenti quanto sempre un passo dietro Sherlock). Tanto più che Holmes e Watson mi danno anche la soddisfazione di ribadire in maniera esplicitissima, addirittura verbale, la Regola dell’Umanità che mi ero inventato di sana pianta settimana scorsa: a conferma di un processo di evoluzione dei personaggi che va dalla macchietta (per quanto affascinante e complessa) a una personalità sempre più simile a quella esperita dagli spettatori, Sherlock e Watson arrivano a un mirabile pezzo di dialogo, in cui un Holmes reo confesso messaggiatore di fanciulle confessa a John la “terribile sensazione” relativa al fatto essere “tutti esseri umani”.
“Anche tu?”, chiede Watson.
“No, anche tu” risponde Sherlock, a chiudere un gioco psicologico in cui, paradossalmente, era Watson a risultare quello più stereotipato e inamovibile.

Sherlock (1)
Tutti i pezzi al loro posto, si diceva. Nella nostra testa e in quella di Sherlock. Tranne uno.

Perché dopo tutto quello che abbiamo detto finora, manca la ciliegina sulla torta, il vero colpo di classe di cui tutti gli appassionati parlano da giorni. Mi riferisco ovviamente alla comparsa di Euros Holmes, la sorella segreta (e cattiva) di Sherlock e Mycroft, che non trova riscontro nel canone di Conan Doyle (mentre il terzo fratello, Sherrinford, esiste da tempo nel mondo della fanfiction sherlockiana, chiamiamola così).

Anche in questo caso ci potrebbe stare una critica: ma come, con tutta l’originalità a cui Sherlock ci ha abituati, finiamo col parlare di un parente cattivo e segreto, come se fosse la peggio telenovela sudamericana? Senza contare gli ovvi problemi che una figura del genere pone: possibile che né Sherlock né Mycroft abbiano mai subodorato la sua esistenza? Non sembra nemmeno così “maggiore” a loro da giustificare una sparizione prima della loro nascita, anzi.
Qualcuno avrà storto il naso, ma ancora una volta bisogna vedere come si arriva alla scelta da telenovela: perché se guardiamo un intero episodio pieno dell’acume di Sherlock Holmes, in cui anche un cattivo così preciso e intelligente come Culverton Smith viene sconfitto dall’inarrivabile protagonista, e poi scopriamo che durante TUTTO questo tempo c’era un’altra intelligenza che lo guardava dall’alto tramando alle sue spalle, intortando lui e Watson fin dall’episodio precedente, allora la cosa assume tutto un altro senso: perché quello che scopriamo è forse il nemico definitivo, la sfida più difficile che poteva capitare a Sherlock: un avversario che porta il suo stesso nome e che gli ha già dato prova di superarlo in astuzia. Un nemico che inoltre, in quanto donna e in quanto sorella, difficilmente potrà essere liquidato con un colpo di pistola, come Sherlock si era concesso di fare con Magnussen nella terza stagione.

Insomma, “The Lying Detective”, al netto di qualche sbavatura qui e là, riesce in un intento poderoso: restituirci la coppia Holmes-Watson in tutto il suo splendore, risolvendone i conflitti con lo stile che conosciamo e amiamo, e preparandoli ad affrontare un avversario che zitto zitto si è infilato nella loro vita (e nella nostra, oserei dire), sfruttando appieno quel “nascondersi in bella vista” che Sherlock riconosceva come una qualità di Culverton Smith, senza rendersi conto di avere accanto un nuovo antagonista che la sfruttava ancora meglio.
Nell’attesa di capire che ruolo gioca Moriarty in tutto questo, se è davvero pronto a tornare o se non è stato piuttosto un semplice trucco della sorella per stuzzicare Holmes, una cosa è certa: “The Final Problem”, l’ultimo episodio in onda fra pochi giorni, promette di essere l’apice vero di una carriera semplicemente da applausi.

(Torna tutto? Scritto minchiate?
Vado a dormire va…)



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