Close to the Enemy – Quando il period drama diventa polpettone di Marco Villa
Altissima qualità, bassissimo interesse
Ah, la qualità. La bella produzione, la bella scrittura, la bella regia. La classe. I costumi. La scenografia. Ah, le serie inglesi in costume. Che cura, che attenzione al dettaglio. Potrei andare avanti per un bel po’, ma ormai è abbastanza chiaro che mi sto indirizzando sul sarcasmo e non è una bella cosa, visto che per Close to the Enemy avevo aspettative abbastanza buone.
Close to the Enemy è un nuovo period drama, in onda dal 10 novembre su BBC Two, creato da Stephen Poliakoff. Come detto, è una serie in costume, ambientata subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il conflitto è finito, ma i vincitori si preparano per i decenni a venire: per cercare di guadagnare vantaggi sugli ormai ex alleati, tutti cercano di accaparrarsi il meglio sulla piazza, ovvero tutto ciò che la Germania post-nazista può offrire. In particolare si parla di scienziati, quelli che erano a libro paga del regime e ora possono essere usati per altri scopi. Il personaggio principale di Close to the Enemy è Callum Ferguson (Jim Sturgess, il cuoco di Feed the Beast) e il suo compito è cercare di convincere uno scienziato tedesco a collaborare con i servizi segreti inglesi. Il cervellone è stato rapito e portato in Inghilterra e con lui c’è anche la piccola figlia. Al fianco di Callum c’è una specie di maggiordomo dei servizi segreti interpretato da Alfie Allen (Theon Greyjoy di Game of Thrones), ma la sua strada si incrocia anche con un’agente impegnata nelle indagini sui criminali di guerra, che ovviamente spera di ottenere dai servizi tutte le informazioni del caso, mentre quelli fanno i loro sporchi traffici.
È piuttosto evidente che si tratta di un intreccio originale: gran parte delle storie di guerra si svolge quando il conflitto è in corso, è raro trovare serie o film dedicati a ciò che accade dopo. Da questo punto di vista, Close to the Enemy merita tutti gli elogi di questo mondo, non solo per la trama principale, ma anche per le sottotrame, basti pensare a quella appena citata della tizia dell’unità contro i crimini di guerra, figura assolutamente inedita. Dal pilot anche il cast sembra ottimo e il fatto di vedere Alfie Allen in un ruolo del tutto differente è fonte di interesse.
Il problema di fondo di Close to the Enemy è l’incredibile autocompiacimento che gronda da ogni sequenza. Close to the Enemy è infatti La Serie Bella, quella che si pone come prodotto di alto livello, per tutti i motivi citati nell’intro. Di norma, dovrebbe essere solo il punto di partenza, ma la sensazione è che per Close to the Enemy sia anche il punto di arrivo: per quanto interessante e nuova, la storia non viene sostenuta in alcun modo. Nel primo episodio non ci sono personaggi in grado di catturare l’attenzione o di attirare odio, così come non ci sono sequenze di tensione drammatica tali da giustificare un coinvolgimento da parte dello spettatore. Ci si limita infatti a seguire quello che accade sullo schermo, come se fosse una fredda messa in scena e non un racconto vero e proprio. Un limite non da poco, soprattutto perché arriva a pochi giorni di distanza da The Crown, che ha mostrato come si fa un period drama come dio comanda.
Perché seguire Close to the Enemy: per l’originalità della trama
Perché mollare Close to the Enemy: perché l’autocompiacimento batte la forza narrativa