Graves: la serie che racconta il futuro da pentito di Donald Trump (più o meno) di Diego Castelli
Coincidenze? Io non credo. Cioè, proprio no.
Oggi dovevamo scrivere di altro, ma siccome l’onda lunga dell’elezione di Trump regna ancora sovrana nella coscienza internettiana, abbiamo pensato che era il caso di parlare di Graves, nuova comedy di Epix (rete cable da poco entrata nel mondo delle serie originali), che nel pastone della politica e delle elezioni ci mette le mani, i piedi e la faccia, e sembra solo il primo esempio di un’influenza della realtà sulla finzione che forse nei prossimi mesi e anni vedremo ancora più spesso che in passato.
Protagonista di Graves è quel vecchio leone di Nick Nolte, uno che negli ultimi tempi sembrava sempre più vicino a diventare un barbone, e che qui viene ripulito per interpretare un ex presidente degli Stati Uniti. Indovinate un po’, è un repubblicano biondo, ormai anzianotto, ben noto per certe sue posizioni forti sulla guerra, sui matrimoni gay, e su tutto quanto di divisivo e polemico vi possa venire in mente. Un Presidente, eletto nei primi anni Novanta, che non ha certamente lasciato un buon ricordo, visto che diverse analisi contemporanee e successive lo dipingono come il peggior presidente di sempre.
Direi che ci sono abbastanza indizi per dire che si parla di Donald Trump, o di quello che molti temono che sia, per una serie partita prima delle elezioni e che ora si trova in una situazione particolare, in cui parte del racconto potrebbe non essere più la comica immaginazione di un autore televisivo, quanto il riflesso finzionale di una realtà effettiva (ammesso che Trump si riveli davvero un cattivo presidente: la palla magica non ce l’ha nessuno e quindi non si può nemmeno dare nulla per scontato, fortunatamente).
La cosa importante di Graves, ciò che la dà un’anima e una tenerezza che vanno oltre la semplice satira caustica, sta in un fondamentale twist: la trama non è legata alla presidenza del protagonista, quanto appunto al suo futuro, in cui il buon Richard ripensa a molte scelte fatte in passato, rendendosi conto di aver toppato alla grande e decidendo quindi di fare ammenda in qualche modo, tipo aprendo la sua casa di campagna agli immigrati illegali che stanno per essere deportati.
Una scelta che evidentemente crea qualche scompenso nella sua famiglia (la moglie Margaret vuole pure candidarsi per il Senato), e anche nel suo nuovo assistente (interpretato da Skylar Astin), che è suo fan fin da ragazzo e rimane spiazzato da questo deciso cambio di rotta.
Più che essere una serie sul Donald Trump attuale, dunque, Graves racconta un possibile Donald Trump redento, pentito, al termine di una presidenza fallimentare che l’ha lasciato con più rimorsi che soddisfazioni.
Complice una scrittura solida anche se magari non eccezionale, a grazie soprattutto al carisma di un protagonista semplicemente perfetto, Graves diventa allora una serie migliore di quello che il suo concept molto qui-e-ora farebbe pensare. Con scene come quella in cui l’ex presidente distrugge il museo che si era autodedicato, in una specie di furia iconoclasta che vuole essere prima di tutto una promessa di cambiamento, Graves esce dal semplice esperimento comico per diventare un racconto con un suo sviluppo, una sua struttura, in cui si innestano scene più dichiaratamente divertenti e altre più riflessive e perfino commoventi.
Soprattutto, nel rapporto con la realtà di queste settimane diventa una storia tutto sommato ottimista: nei giorni post-elezioni in cui molti preannunciano la terza guerra mondiale o un’apocalisse zombie, Graves non punta certo a rassicurare sulla figura attuale di Trump, ma lascia aperta la speranza per il futuro, dipingendo un mondo che non va a rotoli e in cui perfino a lui, l’anti-eroe causa di così tanti mali, è concessa una possibilità di pentimento e redenzione.
Non stiamo parlando del capolavoro seriale dell’anno, ma considerando il contesto in cui ci troviamo c’è più di un motivo per dare qualche chance a Epix e alla sua nuova verve produttrice. Staremo a vedere.
Perché seguire Graves: l’idea ben poco mascherata del Donald Trump redento diventa ancora più interessante ora che Trump è effettivamente diventato presidente (rendendo in qualche modo reale la premessa dello show).
Perché mollare Graves: se prescindiamo completamente dal contesto storico in cui opera, basandoci solo sulle sue specifiche qualità, Graves è una serie medio-buona, ma non molto di più.