9 Novembre 2016

Tutankhamun – Perché tutti sognano di fare l’archeologo di Marco Villa

Tutankhamun in pratica è un sinonimo di prescindibilità

Brit, Copertina, Pilot

tutankhamun 3

Un po’ è colpa di Indiana Jones, un po’ è colpa del fatto che per anni tra elementari e medie studiamo gli antichi egizi fino al più minuscolo dettaglio, fatto sta che da sempre percentuali di giovani maschi sognano di passare la propria vita alla ricerca dell’antico vaso, manco fossero protagonisti di una pubblicità dell’Amaro Montenegro. Non so se è ancora così, ma quel che è certo è che l’antico Egitto continua a essere grande fonte di fascino e se c’è un nome che tutti conoscono e che sanno essere legato a una storia avventurosa, beh, quel nome è Tutankhamun.

Oltre a essere un faraone leggendario, Tutankhamun è anche una nuova serie in quattro episodi di ITV, creata da Guy Burt, nome che vi dirà poco, ma che è autore del libro alla base del film The Hole, un film che per qualche oscuro motivo era molto apprezzato una quindicina di anni fa. No, non chiedetemi perché. Tutankhamun non è la storia del faraone, ma la storia di come venne trovata la sua tomba: siamo all’inizio del ‘900, andare in Egitto a scavare è un po’ la versione dell’epoca del mecenatismo e poi mettersi in casa qualche oggettino vecchio di migliaia di anni non è mai brutto. Protagonista della storia è Howard Carter (Max Irons, figlio di Jeremy), archeologo cane sciolto che ottiene fiducia e fondi da Lord Carnarvon (Sam Neill), riccone con il pallino dell’Egitto.

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Se in queste 1500 battute scarse vi sembra stia scorrendo del vago sarcasmo e forse anche un po’ di insofferenza, non siete fuori strada: Tutankhamun non è una serie orribile, anzi, scorre anche via bene, ma è qualcosa di assolutamente prescindibile. È una di quelle serie di cui si sa già tutto (spoiler: la tomba la trovano) e che non si sforza di mettere in scena elementi laterali in grado di destare un po’ di attenzione, accontentandosi di una bella cura di scene e costumi, ma senza dare guizzi alla storia. Tutto è chiaro già dalla prima inquadratura: capisci il protagonista in mezza battuta, sai già con chi scoperà e di chi si innamorerà, così come sai che il mecenate si farà spillare ogni sterlina perché ha il cuore grande così.

Tutto molto classico, tutto molto lineare, tutto molto inutile. Tutankhamun non riesce a creare suspense intorno alla propria trama principale e non riesce a dare vita a sottotrame interessanti. E dire che in mezzo c’è la prima guerra mondiale, ci sono scontri tra egiziani e occupazione inglese, ma niente: su ogni evento si passa a con l’accetta grossa, come se gli autori si preoccupassero più di mettere una spunta accanto ad avvenimenti che a creare una vera narrazione.

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E di serie di questo tipo francamente non c’è mai bisogno, a meno che non siate rimasti sotto con l’Egitto dalla prima volta che avete sfogliato il sussidiario. O a meno che non siate tra quei pochi che hanno tenuto fede ai propri propositi e sono davvero diventati archeologi. Anzi, no: ripensandoci non ve la consiglio comunque.

Perché seguire Tutankhamun: perché avete in casa mille libri sull’argomento e la vostra gita preferita di sempre è stata quella al museo egizio di Torino

Perché mollare Tutankhamun: perché è una serie che scorre via anche bene, ma che non ha un sussulto nemmeno per sbaglio.

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