21 Settembre 2016 4 commenti

Kevin Can Wait: niente di nuovo sul fronte occidentale di Eleonora Gasparella

Una stroncatura senza se e senza ma

Copertina, Pilot

kevin
Anche questo è un settembre di fuoco cari serialminder e, come ogni anno, nei palinsesti delle reti americane vengono piazzate un bel po’ di nuove comedy. Oggi tocca a Kevin Can Wait.
La serie è prodotta da CBS, in programma ci sono 13 episodi e la premiere è andata in onda il 19 settembre, fresca fresca. Il protagonista è Kevin James, volto noto agli spettatori americani perché colonna portante dei 9 anni della serie The King of Queens, sempre prodotto CBS. Anche il personaggio femminile è una vecchia conoscenza seriale, si tratta della bella e brava Erinn Hayes (Children’s Hospital).
Il problema di Kevin Can Wait è che, a partire dai protagonisti, è un concentrato di “già visto” che coinvolge i personaggi, le gag e persino le ambientazioni. Non particolarmente fico se si pensa che il panorama recente delle comedy è tutt’altro che stantio e ha prodotto cose che già dieci anni fa erano più innovative della povera Kevin (leggi alla voce Parks and Recreation, Louie o le “veterane” How I Met Your Mother e The Big Bang Theory). Ora vi facciamo un riassunto della trama, così potete convenire anche voi che guardare questa sitcom è utile quanto indossare un piumino ad agosto.
kevin1Kevin Gable è un ex poliziotto che va in pensione dopo trent’anni di onorato servizio. Il suo primo pensiero è chiaramente quello di dedicarsi a gozzovigliare con gli amici nel modo più americano possibile: giocare a bowling, andare sui go kart, bere ettolitri di birra e ingoiare tre hamburger alla volta. Questo idilliaco scenario si ridimensiona quando Kevin scopre che la figlia maggiore è fidanzata e desidera lasciare l’università per sposarsi, deludendo le aspettative genitoriali. Il padre si trova così a fare i conti con la gestione familiare, prima (sembra) appannaggio della moglie Donna, e decide di sfruttare il suo nuovo tempo libero da pensionato stando accanto ai tre figli.
Al di là della trama in sé, che già dice pochino, Kevin Can Wait è una comedy piena zeppa di cliché, che non fa assolutamente nulla per distaccarsene. C’è una strisciante misoginia in alcune battute che dovrebbe far ridere ma che, come abbiamo già avuto modo di dire, nel 2016 risulta solo patetica. C’è la classica messa in scena della famiglia patriarcale made in USA dove il capofamiglia trascorre anni a darsi le pacche sulle spalle con gli amici a scapito della gestione dei figli, chiaramente lasciata alla madre. Un’altra cosa che mi sono chiesta guardando questo pilot è: perché nelle sitcom americane la moglie-madre è sempre una signora di un certo calibro, mentre il padre è sempre panzone e senza un briciolo di sex appeal? Cosa vorranno comunicare a noi donne gli sceneggiatori?

E’ molto probabile che Kevin Can Wait sia un prodotto creato apposta per andare a soddisfare una nicchia di spettatori di CBS legati a un certo tipo di show più tradizionale (è un eufemismo) mentre cucinano la cena a base di mac&cheese. È altresì probabile che la serie sia stata creata attorno a Kevin James, per colmare il vuoto lasciato dalla fine di The King of Queens.
Peccato che il risultato sia deludente: Kevin James veste ancora una volta i panni dello stesso personaggio stereotipato, le gag puzzano di vecchio ed è un peccato sia perché al giorno d’oggi c’è la possibilità di fare comedy eccellenti e non scontate, sia perché qualche elemento piacevole, come la chimica tra i due protagonisti, effettivamente ci sarebbe.
È però troppo poco per inserire Kevin Can Wait tra i buoni prodotti seriali di quest’anno. Vedremo se al pubblico americano piacerà la solita minestra riscaldata o se, ormai abituati a qualcosa di meglio, sceglieranno di non accontentarsi di 20 minuti di risate preconfezionate.

Perché seguire Kevin Can Wait: perché avete deciso che una volta alla settimana volete passare una manciata di minuti guardando una serie tv degli anni Novanta.
Perché mollare Kevin Can Wait: perché nella tv di oggi c’è davvero di meglio, e non bisogna neanche cercare tanto per trovarlo.



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