The Living and the Dead – L’indagatore dell’incubo versione vittoriana di Marco Villa
La nuova serie dei creatori di Life on Mars è un horror nelle campagne inglesi del XIX secolo
Se si pensa all’Inghilterra, ci sono due facce della stessa medaglia: quella che guarda sempre avanti, innovativa e progressistia, che ha donato al mondo rivoluzioni di ogni tipo, dall’industria alla musica, passando per la cultura. E poi c’è la parte della tradizione, quella isolazionista e arroccata a difesa del glorioso passato, come Brexit insegna. Spesso le serie tv inglesi hanno messo in scena la prima faccia, ma a volte un po’ di sana tradizione non fa per niente male. Tipo quella di The Living and the Dead, un horror vecchio stile che sembra quasi una rielaborazione in costume del nostro caro Dylan Dog.
The Living and the Dead è una serie ambientata nel XIX secolo e in onda su BBC One dal 28 giugno, creata da Ashley Pharoah e Matthew Graham, entrambi creatori di Life on Mars. Protagonista è Nathan Appleby (Colin Morgan, già in Humans), un pioniere della psicologia che si ritrova a dover tornare alla tenuta agricola di famiglia alla morte della madre. Insieme a lui, arriva in campagna anche la moglie Charlotte (Charlotte Spencer, già in Glue e BELLISSIMA). I due pensano di dover “solo” imparare a gestire un’azienda agricola, ma presto si accorgono che la tenuta di famiglia non è esattamente il Mulino Bianco, tra morti ad alto impatto drammatico, strane faccende di possessione e storie tragiche del passato che sembrano voler affiorare nel presente. Così il buon Nathan si vede costretto a tirare fuori tutte le sue doti mediche, in un momento storico in cui probabilmente la psicologia non era vista in modo molto diverso dalla magia. È su questa sottile differenza che si basa tutta The Living and the Dead, con il dottorino Nathan chiamato a indagare su un fenomeno paranormale differente a ogni puntata.
Esatto, un bel procedurale in costume, in salsa horror, con tutte le cosine al suo posto: le inquadrature sulle bambole che fanno paura, i rumori nelle stanze durante la notte, i fenomeni di possessione con simpatiche fanciulle bionde che parlano con la grazia di uno scaricatore di porto. Il protagonista non è uno di quelli che si chiede: “oh mio dio, ma cosa sta succedendo?!”, ma che preferisce buttarsi in azione e provare ad affrontare quello che ha di fronte, eliminando così tutta la riluttanza iniziale tipica dell’eroe degli horror. Non meno interessante è la moglie Charlotte, a sua volta pioniera (della fotografia) e donna tostissima, che ci tiene un casino a diventare la capa della tenuta e allo stesso tempo ad affiancare il marito nelle indagini dell’incubo.
Ecco, forse il limite sta proprio nel formato Dylan Dog, con un caso diverso a ogni puntata, ma sapete che da queste parti siamo sempre prevenuti in questi casi. Ovviamente non ci sono solo casi di giornata, ma anche alcune sottotrame che si sviluppano lungo la stagione: da questo punto di vista, poi, l’ultima scena del pilot offre già un twist parecchio interessante sugli episodi a venire, provando a far saltare il banco ancora prima che il banco si assestato.
Come detto, The Living and the Dead è una serie a suo modo classica, che non vuole rivoluzionare il genere, né portarlo a un nuovo livello, come invece ha fatto Penny Dreadful, serie che potrebbe tornare in mente. No, la serie di BBC One ha come ambizione quella di raccontare storie forti e fuori dal tempo, capaci di inquietare e intrattenere lo spettatore. Il tutto con l’aiuto di una regia che sa concedersi inquadrature epiche e di forte impatto, senza piegarsi alla standardizzazione visiva che spesso caratterizza i procedurali.
Perché guardarla: perché un horror classico spesso è un buon horror
Perché mollarla: perché è un procedurale… e ai serialminders i procedurali mmmmmhhhh
Bonus: il traditional inglese She Moved Through the Fair, egregiamente cantato nel pilot da Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins