Tre pilot in 42 secondi: Crowded, The Ranch e Wynonna Earp di Diego Castelli
Tre serie da depennare, per fare spazio
E ci risiamo. Nel corso delle settimane abbiamo recuperato qualche altro pilot che, pur non meritando una stroncatura feroce, di quelle che ci diverte scrivere apposta, nemmeno si merita un pubblico elogio, o quantomeno un approfondimento.
Torna dunque la rubrica tripilot: recensioni veloci su serie inutili, ma che speriamo vogliate leggere lo stesso!
Crowded
Allora, la cosa funziona così: io vedo un pilot, mi dice poco e niente, e così decido di tenermelo per queste recensioni triplici. Poi però succede che passa del tempo, per vari motivi, e così mi trovo a scrivere di Crowded un bel paio di mesi dopo aver visto i primi due episodi. Risultato? Mi ricordo una sega.
Aspetta che vado a cercare un attimo su internet. Ah sì, è la storia di questa coppia ormai di mezza età, che improvvisamente si vede tornare in casa le due figlie, che per diverse vicissitudini non riescono più a mantenersi fuori dalla casa paterna. Insomma, grandi temi di crisi, di bamboccionismo, di giovani in difficoltà ecc. Tutto in teoria, però: la sitcom non fa ridere, l’ambientazione più classica è ammuffita, e nei due episodi che ho visto non ho trovato nulla per cui valesse la pena di guardare il terzo. L’unica nota curiosa è che il protagonista, Patrick Varburton, è il doppiatore di Joe in Family Guy. Per i fan della famiglia Griffin può essere divertente spendere cinque minuti per vedere quella voce associata a una faccia reale. Cinque minuti però, poi si fa altro.
The Ranch
Udite udite, anche Netflix può toppare. The Ranch è una sitcom multicamera classica (quindi con le risate in sottofondo ecc), che segue le vicende di Colt, ex aspirante giocatore di football che decide di tornare alla fattoria di famiglia per aiutare il padre a mandare avanti la baracca. Padre con cui ha da sempre qualche problema, c’è affetto ma anche maschia rivalità, e tutte quelle cose lì. Di buono c’è un cast d’eccezione: Ashton Kutcher nella parte di Colt, Sam Elliot (faccione mitico per tutti i fan dei fratelli Coen) in quella del padre, e pure Debra Winger nei panni della madre, anni e anni dopo essere portata in braccio da Richard Gere in Ufficiale e Gentiluomo.
Il cast però rimane l’unica cosa degna di nota. Il ritmo è basso, troppo, le battute fiacche e logore. Forse imbrigliata dalla necessità di essere una serie “di Netflix”, quindi con un certo tipo di carisma e di peso, The Ranch finisce però con l’essere una brutta sitcom, una specie di via di mezzo né carne né pesce. Per quanto io non segua proprio tutte le serie di Netflix, questa però è la prima che dopo un episodio e mezzo mi ha fatto dire “no, non serve”.
Wynonna Earp
Se fossimo nel 2006, anzi facciamo nel 2001, Wynonna Earp si meriterebbe una recensione tutta sua, magari abbastanza positiva. Nel 2016 invece no.
In onda su SyFy, Wynonna Earp immagina la vita dei discendenti di Wyatt Earp, leggenda del West americano, che a distanza di più di un secolo dall’illustre trisavolo si trovano a combattere orde di demoni grazie alla potenza della pistola di Wyatt, diventata una specie di arma sacra con cui rispedire i demoni all’inferno. Il tutto con una robusta dose di autoironia, probabilmente necessaria per un misto western-horror che gioca con la tradizione di frontiera americana.
Ecco, se Wynonna Earp fosse uscita 10 o 15 anni fa, forse avrebbe avuto un altro impatto. Non sarebbe comunque un capolavoro, ma è abbastanza divertente, per quanto un po’ ripetitiva e non sempre ficcante nelle battute di spirito. Il problema è che, nel 2016, a quei difetti si aggiunge anche una robusta dose di già visto. Dopo anni di Buffy, Supernatural, Vampire Diaries, Originals ecc ecc ecc, Wynonna Earp è niente più che la solita serie in cui un eroe dalla battuta pronta (eroina in questo caso) combatte contro creature soprannaturali. Bah, boh, anche chissene.