La classifica di tutti i finali di stagione di Lost, dal più brutto al più bello di Marco Villa
Abbiamo deciso di tornare sull’isola
Sarà che le serie nuove sono sempre lì a pressarti, ma da queste parti facciamo fatica a trovare il tempo per rivedere una serie già vista. Davvero pochi titoli ci strapperebbero dall’obbligo morale di vedere tutto quello che esce. Uno di questi titoli è senza dubbio Lost, perché diciamolo: rivederla tutta, di fila sarebbe davvero una cosa bella. Per tutto quello che succede, ma in fondo per un motivo particolare: per godersi di nuovo quei finali da mascella per terra che chiudevano ogni stagione. Per questo motivo, oggi abbiamo deciso di non parlare di qualche pilot brutto a caso, per tornare sull’isola e fare una mini-classifica, dedicata esclusivamente ai momenti più importanti della serie: i finali di stagione.
6. Quinta stagione
Ok, il finalone non vi è piaciuto, ma il finale della quinta stagione ve lo ricordate? Ecco. Tutte le ultime puntate sono delle bombe, alcune atomiche, altre un po’ meno potenti. Ma tutte esplodono. A parte la quinta. Intendiamoci: non è una puntata brutta, ma il tentativo di Jack di far esplodere una super-bomba e il successivo campo magnetico che in qualche modo trascina Juliet (quasi) uccidendola sono davvero roba da poco rispetto a tanto altro. Soprattutto perché di Juliet non c’è mai fregato niente, anzi. Ben più pesa è quando l’apertura della bara rivela la presenza del corpo di Locke, a testimonianza che il pelatone che vediamo in giro altro non è che l’incarnazione del fumo nero. Mica poco, lo sappiamo, ma volete mettere con LO SPOSTAMENTO DI UN’ISOLA (scusate, non riesco mai a scrivelo senza caps lock)?
5. Sesta stagione
Lo sappiamo: pressoché tutto il mondo ha odiato il finale di Lost, non fosse altro per un semplice confronto con alcuni dei finali di stagione di cui abbiamo appena parlato. Il finalone è una delle grandi delusioni della storia della televisione e questo ormai è il parere che è diventato dominante e generalizzato. E però. E però qui a Serial Minds diciamo che no, non è il caso di esagerare. Certo, tutti avremmo voluto un finale un po’ più spettacolare e meno ecumenico, ma dopo AVER SPOSTATO L’ISOLA (ve l’aveo detto che il caps lock non riesco a evitarlo) qualsiasi cosa sarebbe risultata un ripiego. Il series finale ha fatto partire mille e non più mille interpretazioni e non è questo il post giusto per rivangarle. Va detto che, a posteriori e guardando anche la successiva serie di Lindelof (The Leftovers), il tono religioso e pacificato non sembra assolutamente piombato dal nulla, ma una costante, quasi un approdo ricercato. In ogni caso: sono passati quasi sei anni, è il caso di fare pace con questo episodio.
4. Seconda Stagione
Le situazioni cruciali sono due e di nuovo una riguarda la botola. Sì, perché è nel finale della seconda stagione che Desmond e Locke decidono di lasciar scorrere il timer senza pigiare la cruciale combinazione di numeri 4, 8, 15, 16, 23 e 42. Numeri che scorrono da tantissimo, che lo stesso Desmond conosce fino alla nausea, ma di cui si ignora l’utlità. Fino a questo momento, fino a quando i due decidono di non comporli. Quello che succede dopo è puro Lost: si attiva una sorta di giga-esplosione elettromagnetica e la botola, nonostante l’importanza avuta fin qui, viene presa e messa da parte: la vedremo ancora, ma non avrà più quel carico di tensione e quell’importanza narrativa avuta fin qui. Nel frattempo c’è anche il momento dramma: si scopre che Michael ha ucciso Ana Lucia e Libby, perché è passato al lato oscuro pur di riavere il bimbetto Walt: così la spedizione dei buoni verso la casa degli altri diventa una marcia verso un trappolone, che puntualmente scatta. Risultato: all’inizio della terza stagione vedremo alcuni dei nostri eroi rinchiusi in gabbie ad Othersville. E lì inizierà tutta un’altra Lost.
3. Quarta stagione
La quarta stagione è quella più psichedelica, caratterizzata com’è dai viaggi nel tempo e da tutta una serie di giochi di scrittura da impazzire. Per rimettere tutto a posto, per far sembrare tutta la stagione normale, c’era un solo modo: esagerare come mai prima e ovviamente gli autori di Lost non si sono fatti pregare. Nel finale della quarta stagione arriva il momento più assurdo di tutta la serie, quello che – a ripensarci a freddo – fa venire voglia di mandare tutto a quel paese. Oppure di trasformarsi in stalker e andare ad abbracciare Damon Lindelof e soci. Il finale della quarta stagione è quello in cui Benjamin Linus SPOSTA L’ISOLA AZIONANDO UN MECCANISMO. Dai su, è una cosa troppo grande e assurda per poterla scrivere senza caps lock, anche a distanza di anni.
2. Prima Stagione
Lo dico: la prima stagione di Lost per me è quella più difficile da guardare. Ai tempi ci provai diverse volte, per poi mollarla e riprenderla solo con nettissimo ritardo rispetto alla messa in onda. Mi facevano impazzire i misteri dell’isola, ma i toni dei flashback mi sembravano lenti, molli, troppo distanti dalla tensione che si provava non appena si metteva piede sulla spiaggia o nella foresta. Rivedendo oggi tutte le puntate delle sei stagioni di Lost, probabilmente il giudizio cambierebbe. Quello che di sicuro non cambierebbe è l’entusiasmo di fronte all’ultima puntata, anzi all’ultima inquadratura dell’ultima puntata: la botola scoperta e tenuta nascosta, la cui apertura diventa obiettivo comune di Jack e Locke, finalmente salta. Non sappiamo ancora cosa c’è dentro e non lo sapremo per mesi, ma l’immagine dei due uomini che guardano all’interno è un momento semplicemente epico.
1. Terza Stagione
Provate a pensare a Lost solo per un istante: quali sono le due frasi che vi vengono in mente? Facile: “Not Penny’s Boat” e “We have to go back”. Ecco, entrambe sono state pronunciate nel finale della terza stagione. Basta questo a spiegare il primo posto in questa classifica, ma se andiamo un po’ più a fondo le cose sono ancora migliori. “Not Penny’s Boat” è il punto finale della risalita di Charlie, il momento in cui riscatta definitivamente quanto aveva fatto di male fino a quel momento. Come da prassi millenaria, la redenzione non può che passare attraverso il sacrificio e il messaggio scritto sulla mano per Desmond è un’invenzione di scrittura e messa in scena destinata a rimanere nella storia della televisione. Meno emozionante, ma più da MACCOSA l’altra frase: sì, perché da tre stagioni siamo convinti che le storie dei personaggi lontani dall’isola siano dei flashback. Era evidente che fosse così nelle prime due stagioni, normale pensare che anche nella terza fosse così. E invece quella scena tra Jack e Kate all’aeroporto, quell “We have to go back” che ribalta tutto ciò che è stato raccontato nei venti episodi precedenti. Non penso di esagerare se lo definisco un colpo di genio assoluto, uno dei twist più imprevedibili e riusciti che si ricordino.