Consigli per recuperone: Scrubs di Diego Castelli
Una serie che dovrebbero guardare tutti
Qualche giorno fa abbiamo stilato la nostra lista dei recuperoni per le feste, rimanendo però ancorati alle serie partite nel 2015. Come dire, spicciatevi che siete ancora in tempo.
Oggi però devo fare una postilla dal sapore opposto.
Andando a spulciare nel passato della magica avventura firmata Castelli-Villa, mi sono reso conto che su Serial Minds non abbiamo mai parlato come si deve di Scrubs. Il motivo – banalissimo – è che l’ultima puntata di Scrubs è andata in onda il 17 marzo del 2010, poco più di tre mesi prima della nascita di questo sito.
Ora però su Infinity ci sono tutte le nove stagioni della serie, e quindi urge un ripassino, soprattutto per chi Scrubs non l’ha mai vista.
Sì perché il gioiellino partorito da Bill Lawrence, per quanto molto conosciuto anche in Italia, non ha mai avuto l’onore di un palcoscenico davvero ampio. In onda prima su NBC e poi su ABC negli Stati Uniti, dove faceva ovviamente i milioni di spettatori, Scrubs in Italia è stato trasmesso prima da Mtv e poi da Fox. Grazie infinite a loro, ovviamente (io all’epoca lo guardai proprio su Mtv), ma i limiti di bacino d’ascolto delle due piattaforme erano e restano uno scoglio importante.
Succede così che molte persone, magari serialminder giovani e ancora inesperti, Scrubs non l’hanno mai vista. Signori miei, è davvero un peccato.
Un’analisi anche solo accennata di Scrubs – se ne potrebbe parlare per ore, ma mentre scrivo ho un’ora di tempo prima di andare a pranzo da mamma e papà – non può prescindere da due diversi livelli di sguardo: in primo luogo la comicità, e poi tutto ciò che Scrubs ha saputo raccontare oltre la comicità.
Sul primo punto, Scrubs ha avuto il pregio di offrire un lavoro diverso rispetto alle solite sitcom, quelle con le risate in sottofondo e la necessità di piazzare ogni pochi secondi una gag che faccia scattare le matte risate. Tutta filtrata attraverso lo sguardo sognatore e fanciullesco del suo protagonista JD (giovane medico alle prime armi), Scrubs ha sempre giocato su un livello più surreale, lasciando che le fantasie del suo personaggio principale trovassero libero sfogo audiovisivo in mezzo alla normale narrazione. Scrubs è insomma piena dei sogni – ottimisti, teneri, sciocchi, folli – di JD, un scelta talmente programmatica da essere diventata col tempo una sorta di inside joke: dopo un tot di stagioni gli altri personaggi riconoscevano il momento in cui JD cominciava a fantasticare (tipicamente alzando gli occhi al cielo con la testa inclinata) e si chiedevano cosa stesse immaginando e quanto ci sarebbe voluto prima riaverlo pienamente con loro.
In più, Scrubs ha sempre rifiutato con una certa efficacia il facile trappolone dei personaggi stupidi. Usare la stupidità per far ridere va bene, la storia del cinema e della tv è stracolma di meravigliosi idioti la cui dabbenaggine è in realtà frutto di grande intelligenza autorale. Scrubs però, a parte un paio di esplicite eccezioni, ha sempre cercato di lavorare in modo diverso, dando ai propri personaggi la giusta dose di nevrosi e di follia, ma senza mai dipingerli come inadeguati alla vita o, soprattutto, alla loro professione.
L’esempio forse migliore di questo discorso è probabilmente il dottor Perry Cox: mentore e padre putativo di JD, il dottor Cox ha i chiari tratti del buon medico e del buon capo. Carismatico, intelligente, appassionato del proprio lavoro, non abbiamo mai e poi mai l’impressione che sia “scemo”, eppure fa riderissimo lo stesso. Questo perché a lui è lasciata una specie di voce della ragione, un tono esplicitamente didattico-formativo tradotto però in alcuni dei migliori monologhi mai visti in una comedy. Tipicamente, il tratto caratteristico del dottor Cox è quello di prendere per il culo i suoi sottoposti (e in particolare JD) con lunghe riflessioni semi-serie e linguisticamente articolate che però hanno sempre una doppia valenza: creativa presa in giro unita però a una ferma volontà di insegnamento.
E qui si arriva al secondo punto. Come solo le migliori comedy hanno saputo fare, nel corso degli anni Scrubs è riuscita a farci amare i suoi personaggi non solo perché “ci facevano divertire”, ma perché in loro vedevamo storie e caratteri che meritavano la nostra immedesimazione e il nostro affetto. Vero e proprio romanzo di formazione, in cui troviamo un po’ tutti i topoi del classico viaggio dell’eroe (JD è un ragazzo ancora inesperto ed entusiasta che troverà sulla sua strada ostacoli, aiutanti, amici, nemici, amori, nuove missioni e qualche bella ricompensa), Scrubs è prima di tutto il percorso di un giovanotto da un’infanzia fatta di sogni a un’età adulta sempre ancorata a una certa sindrome di Peter Pan, ma in cui ci sarà spazio per imparare tante cose.
Non è affatto strano commuoversi in Scrubs: il modo lieve e divertente, ma mai superficiale, con cui la serie racconta temi universali come l’amicizia, l’amore e il desiderio di trovare un proprio posto nel mondo, toccano vette di intensità che non sono affatto comuni in quel genere spesso sottovalutato che è, per l’appunto, la commedia televisiva.
In questo discorso si apre il paradosso per cui una serie anche piena di macchiette e di esagerazioni come Scrubs, finisce con l’essere più realistica di tante altre, perfino dal punto di vista medico: una volta, anni fa, ero in ospedale per una visita e ricordo di aver iniziato a parlare di serie tv col medico che mi curava. Ebbene, questo tizio (che all’epoca avrà avuto sui 35 anni) mi disse che Scrubs gli sembrava il medical più verosimile su piazza, una storia dove non si correva ogni santo minuto per salvare gente rimasta sotto otto camion, ma dove invece c’era anche tempo, per i medici, di raccontarsi quattro minchiate, riflettere sul proprio futuro e avere a che fare con colleghi e pazienti che erano in definitiva “normali”.
Per questo l’immedesimazione in Scrubs è più facile che altrove: perché il protagonista, che a suo modo era un nerd prima che i nerd diventassero cool, non ha mai paura di mettere sul piatto un groppone di concretissime fragilità che tutti ci troviamo ad affrontare: perché la ragazza che amiamo va con un altro, perché la persona che ammiriamo non sembra volerci dare la sua benedizione, perché a volte per far fronte ai casini della vita basta chiedere l’aiuto di un amico fidato con cui organizzare qualcosa di accuratamente stupido (e l’amicizia fra JD e Turk, Alias Zach Braff e Donald Faison, è forse la più scalda-cuore che si sia mai vista in un telefilm).
Bene, arrivato alla fine mi sembra di non aver detto niente. Non ho citato le angherie dell’Inserviente, i tormentoni del dottor Kelso, lo splendido, depresso, mestissimo e divertentissimo Ted Buckland, ecc ecc. Sono convinto che i fan che stanno leggendo questo articolo staranno dicendo “ma come, non hai citato pinco pallo e questo e quello”.
C’è troppa roba, e tutta roba buona, con l’unico vero difetto che, su tutte le stagioni di Scrubs, la nona non andava girata, perché il vero finale sta nella otto e non si è mai compreso bene perché abbiano dovuto allungare il brodo per un altro anno (cioè, i motivi economici si colgono benissimo, ma ci siamo capiti).
A parte questo dettaglio, se non l’avete mai vista vi siete fatti un torto senza neanche saperlo: recuperate, poi tornate qui e abbracciateci!