The Leftovers – Vogliamo la terza stagione di Marco Villa
Dopo una stagione bomba, un finale che è un mortaretto bagnato. Ma non può finire qui
UPDATE: A POCHE ORE DALLA PUBBLICAZIONE DI QUESTO ARTICOLO ARRIVA LA CONFERMA: THE LEFTOVERS HA RICEVUTO L’ORDINE PER UNA TERZA E ULTIMA STAGIONE. GIOIAMO, E POI LEGGIAMO!
[ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER SUL FINALE DELLA SECONDA STAGIONE]
La prima cosa da dire è obbligatoria: vogliamo la terza stagione di The Leftovers. La vogliamo perché ci sono tante cose ancora da approfondire, ma soprattutto perché un finale di questo tipo non ci va tanto giù. Sì, perché la seconda cosa da dire è altrettanto obbligatoria: dopo una stagione bomba, abbiamo un finale che è un mortaretto bagnato.
Passo indietro: l’ultima volta che abbiamo parlato di The Leftovers abbiamo parlato di quanto fosse potente e di come fosse, soprattutto, la cosa più bella in onda attualmente in televisione. Le fondamenta gettate non senza fatica nella prima stagione, la capacità di stravolgere tutto l’impianto pur rispettando il passato nella seconda stagione. Risultato: episodi di grandissima tensione, che sono riusciti a creare un clima di attesa crescente, esplosa con la morte (apparente) di Kevin Garvey nel settimo episodio. Da lì, The Leftovers è stato preso e ribaltato nuovamente. In questo caso la responsabilità è tutta di un episodio, l’ottavo, che ha visto il protagonista ingabbiato all’interno di un albergo che dovrebbe essere una sorta di incrocio tra un limbo e la materializzazione dell’inconscio. Un intero episodio dedicato a Garvey che cerca di uccidere una volta per tutte il fantasma di Patty, diventato talmente forte e potente da essere a un passo dalla presidenza degli Stati Uniti e allo stesso tempo in grado di radicarsi così nel profondo da poter essere raffigurato con l’innocenza e la naturalezza di una bambina bionda. L’uccisione della bambina è senz’altro uno dei momenti più forti della stagione e della serie tutta e il fatto che fosse arrivato all’ottava puntata ci faceva ben sperare in vista del finale di stagione, anche perché nel frattempo abbiamo scoperto che Meg, aka la mina vagante dei Guilty Remnants era tutta presa da un piano di distruzione e vendetta. Prendete il disagio di Garvey, aggiungete la follia di Meg, mettete sul piatto anche le tre ragazze presunte dipartite e invece solo fuggite e avrete un potenziale drammatico davvero esplosivo.
Va detto che per buona parte del finale le attese vengono ripagate, prima con la morte (nuovamente apparente) di Garvey, poi con il ritorno delle tre ragazze scomparse. È a questo punto, però, che tutto inizia a rallentare e a perdere forza: il piano di Meg e dei bianchi fumatori si risolve in un memento mori dato da una bomba che non c’è, seguito da un caricone per invadere Jarden. Se l’invasione è il giusto finale per l’intera storia del campo, qualcosa non torna con la messinscena dell’esplosione, che risulta quasi una versione depotenziata di un’azione simile compiuta da Meg, che già aveva finto di far esplodere uno scuolabus. Uno scuolabus eh, pieno di bambini. Nel momento in cui i rigidi controlli di Jarden e del Miracle Park vengono abbattuti, i Guilty Remnants sembrano appagati e festeggiano simbolicamente il loro successo occupando il quartier generale del parco: loro sono i nichilisti della situazione, aver fatto il culo agli irriducibili della speranza e della fede deve suonare già come una vittoria totale. A noi spettatori, però, resta la sensazione che tutta questa faccenda, compresa la fuga del terzetto di adolescenti, sia un po’ campata in aria e in sostanza uno spreco di potenziale narrativo.
Ci si aspettava ancora di più dalla storia di Garvey, che, per non farsi mancare nulla, fa un altro giretto nell’albergo de la vide e de la muerte. Non appena si risveglia nella vasca, viene colto dall’angoscia e anche lo spettatore non se la passa bene, segno che gli effetti emotivi dell’ottava puntata ancora si fanno sentire. È un buonissimo segno, mentre invece non è da strapparsi i capelli il fatto che nella seconda visita capiamo ancora meno rispetto alla prima. La domanda cruciale è quella che viene posta dal tizio al bancone del bar: “Perché tu pensi di poter tornare indietro, mentre noi ce ne dobbiamo stare qui a dare la caccia agli uccelli e a cantare canzoni tristi?”. Già, perché? La risposta non arriva e non arriverà, perché dopo il toccante momento della canzone cantata da Garvey, momento in cui pensiamo che sia davvero morto, vediamo il nostro protagonista tornare in una Jarden immersa nel caos e fare ritorno dalla sua famiglia, al grandissimo completo.
E siamo al finale, al momento in cui The Leftovers si trasforma in una sorta di presepe della famiglia Garvey. Durante il karaoke Kevin canta Homeward Bound di Simon e Garfunkel, pezzo in cui sostanzialmente dice di voler tornare a casa e lì torna, trovando ad accoglierlo figlia, figlio, figlio acquisito, compagna, ex moglie, cognato e cognata (rediviva!). Manca solo il cane, che giustamente se ne è scappato a gambe levate da quella orrenda città. Garvey li incontra tutti mentre Jarden è messa sottosopra dai fricchettoni inaciditi del campo. Ma poco importa: lui è a casa, con i suoi cari. Cosa vuoi che conti tutto quello che c’è fuori, se sei con le persone a cui vuoi bene? Fine.
È questo il finale, questo gigantesco abbraccione da vangelo secondo Lindelof, una chiusura che rischia di rovinare quello che è stato costruito fin qui. Certo, c’è la consapevolezza che Jarden effettivamente sia un posto miracoloso, in cui la gente torna dalla morte o dallo stato vegetativo e probabilmente tutto questo c’entra con i terremoti, come se ci fosse un legame diretto con la parte più vitale e profonda della Terra. Mica poco, ma non è dato sapere altro: si chiude sull’happy ending famigliare, così come era accaduto al termine della prima stagione. Non è un finale brutto, da incazzarsi, ma un finale sprecato sì. Partono i titoli di coda e viene da dire: “beh, tutto qua?”, come se Lindelof (dopo Lost) avesse avuto bisogno di un’altra chiusura riconciliatrice. Ma The Leftovers è tutto tranne che una serie riconciliata. Ecco perché qualcosa ci è andato storto, ecco perché speriamo che HBO produca una terza stagione. C’è ancora tanto da portare a galla. E ancora tanto da rovinare con un altro finale debole, ma quello è un altro discorso.