In caso non ve ne foste accorti, è arrivata Netflix in Italia di Marco Villa
Tutto, ma proprio tutto su Netflix in Italia. Con tanto di interviste ai protagonisti delle produzioni originali.
Non so se ve ne siete accorti, ma questa settimana in Italia è arrivata Netflix. Lo so, ne hanno parlato davvero in pochi ed è stato dato uno spazio esiguo alla notizia, quindi ci tenevamo a dire qualcosa sulla faccenda. Arriviamo con un paio di giorni di ritardo, come sempre causa lavoro e impegni vari, ma Serial Minds era in prima fila non solo alla presentazione stampa, ma anche alle round table con attori e sceneggiatori. Ho già scritto cosa c’è dentro Netflix e abbiamo anche pubblicato una listona con tutte le serie tv presenti, quindi oggi, a freddo e dopo aver messo mano sul servizio, provo a fare un discorso più generale.
Non è certo un’eresia dire che il lancio Netflix in Italia fosse atteso come la venuta del Messia. Negli ultimi anni intorno al logo rosso vagamente curvo si è creato un hype gigantesco, pari solo a quello sorto per Spotify un po’ di tempo fa. E le somiglianze sono tante: in entrambi i casi l’Italia è arrivata tardi rispetto ad altri paesi e in entrambi i casi questi prodotti sono stati visti come la rivoluzione assoluta, quella che avrebbe cambiato un mondo in tempo zero. Poco importa che per la musica ci fosse già Deezer e per la tv ci siano servizi analoghi di network radicatissimi come Mediaset e Sky. In questi mesi abbiamo parlato in modo approfondito sia di Infinity, sia di Sky Online, arrivando alla conclusione che no, non è vero che siamo messi male. Anzi: entrambi i servizi sono validi e hanno degli ottimi punti di forza.
Quali sono allora le differenze? Parecchie, tanto per cominciare Netflix ha una storia vincente: lo so, la parola storytelling fa venire la nausea, ma la narrazione che l’azienda di Reed Hastings porta con sé è di quelle che ti conquista subito. Netflix è l’azienda che ha mandato in fallimento l’odioso Blockbuster, quel gigante dai colori orrendi, i prezzi altissimi e le multe spietate che ha dominato la pre-adolescenza di tanti di noi. Da lì nasce l’immagine di Netflix come attore rivoluzionario: non è solo marketing, si parla di un’azienda che ha attivamente contribuito a spingere fuori dal mercato un dinosauro, facendo compiere un passo avanti al settore.
Questo è innegabile, così come è innegabile che Mediaset e Sky abbiano fatto nascere le proprie proposte online a traino di quella principale (Premium e parabola) e soprattutto come soluzione low cost per chi non ha la possibilità di attivare l’abbonamento “vero”. Da questo punto di vista, nessuno può competere con Netflix, che è vincente e nuova perché ha fondato tutto il proprio successo su internet, non è stata costretta ad adattarsi. E questa attitudine si vede subito: basta aprire l’interfaccia e confrontarla con i due competitor per apprezzarne immediatezza e rapidità. A questo aggiungiamo produzioni originali come House of Cards, Orange Is The New Black (presentati negli scorsi anni da Sky e Mediaset come capolavori assoluti in esclusiva), ma anche Narcos e Marvel’s Daredevil e bam, è fatta: il messia della nuova televisione è servito, insieme alla risposta a chi si domanda da tre giorni perché tutti siano impazziti.
Noi però siamo sempre andati con grande cautela. È da luglio che lo diciamo: tutto passerà dalle dimensioni del catalogo. E da una prima occhiata il catalogo è buono, soprattutto per quanto riguarda le serie. Sia chiaro: in tutto il mondo Netflix non mette a disposizione titoli in contemporanea con la messa in onda su altri network. In base agli accordi con le altre reti, le serie possono arrivare alla fine della stagione oppure alla fine della messa in onda oppure mai. È per questo che oggi su Netflix possiamo vedere la prima stagione di Scream e tutta How I Met Your Mother, ma non Game of Thrones. Presumibilmente, quindi, uno dei punti su cui Sky insisterà di più nei prossimi mesi (a ragione) sarà il rapporto privilegiato che ha con HBO e la possibilità di mandare in onda in Italia gli episodi pressoché in contemporanea. Netflix però ha dalla sua una produzione originale in costante crescita per dimensioni e qualità e l’annuncio dell’arrivo della serie tratta da Suburra è una sfida diretta proprio a Sky, proprio nei giorni in cui Stefano Sollima stava ancora lavorando alla seconda stagione di Gomorra.
E sono proprio le produzioni originali lo spot migliore per Netflix. Le round table con gli attori presenti a Milano sono state un coro di amore ed elogi e non sarebbe potuto essere altrimenti. Si è parlato tantissimo di libertà creativa e di nuovo non è possibile stupirsi. Ben più importanti, invece i riferimenti a come Netflix abbia cambiato nel concreto il modo di scrivere e di lavorare sul personaggio. Ad aprire le danze è Steven DeKnight, showrunner di Marvel’s Daredevil che racconta come il rilascio contestuale di tutti gli episodi di una stagione abbiano liberato gli autori da tante imposizioni: «Scrivere per i network generalisti è un’operazione matematica: in ogni puntata ci deve essere un teaser e cinque atti, ognuno dei quali deve durare un certo numero di minuti. E poi bisogna sottostare agli standard and practices (tipo un codice etico, NdR). Scrivere per le reti cable -continua DeKnight- ti libera dal dover rispettare dei codici fissi, ma scrivere per Netflix ti dà la possibilità di avere la release contemporanea, che di fatto ti mette di fronte a un film di 13 ore».
Se per un autore la differenza è grossa, le cose non sono diverse per un attore. Krysten Ritter, protagonista di Marvel’s Jessica Jones, spiega che la diffusione di tutte le puntate «permette di evitare battute e dialoghi utili solo a contestualizzare quello che sta succedendo, per riassumere quello che è successo le settimane precedenti. E poi non ci sono stacchi pubblicitari, tutto scorre in modo molto più fluido». Non è da sottovalutare un altro aspetto: gli ascolti. Sia Carrie Ann Moss (Marvel’s Jessica Jones), sia Kate Mulgrew (Orange Is The New Black) sottolineano come sia importante non avere delegati di rete che ti martellano ogni giorno con gli ascolti della settimana precedente e con i rischi per quella successiva. Netflix non fa circolare questi dati e questo è un ulteriore elemento di rilassatezza e libertà. Ancora più all’estremo Daryl Hannah che dice che prima di Sense8 non aveva avuto il minimo interesse a lavorare in tv. Oh, l’avevamo detto: è un coro unanime.
Ecco, si è accennato ai numeri: vedremo se e quando Netflix comunicherà in quanti si stanno abbonando al servizio in Italia e -soprattutto- in quanti decideranno di pagare al termine del mese gratuito. Perché c’è sempre il capitolo pirateria: scambiando due parole con Reed Hastings (sì, alla festa serale parlava con tutti. Tutti. Poi venite a dire che non è un altro modo di concepire il mondo), si stupiva del fatto che Popcorn Time fosse ancora online e comunque definiva il tutto “not a big deal”. Ecco, adesso Popcorn Time è pure mezzo morto, non c’è momento migliore per partire. Perché che sia chiaro: tra un orizzonte di pirateria totale e uno di streaming legale a prezzi accessibili noi saremo sempre dalla seconda parte.
P.S. Dopo che la parte pippone-analitica è finita, un paio di robe da serialminders uscite dalle round table. Ho chiesto a Krysten Ritter se Dont’ trust the bitch avrebbe potuto avere un destino diverso su Netflix e la risposta è stata affermativa: «L’hanno vista più persone su Netflix che quando andava in onda. È la cosa più divertente che abbia mai fatto, era troppo bello per essere vero… e infatti! James Van Der Beek lo sento, vorremmo fare qualcosa insieme ma abbiamo sempre tantissimi impegni che non si incastrano. Magari Netflix gli fa fare un ruolo da cattivo in Jessica Jones…». L’altra notiziola bella è che Will Arnett sta lavorando a Flaked, serie che arriverà a febbraio su Netflix: «È ambientata in California, a Venice, dove la gente viene a reinventarsi e racconta la storia di un uomo che deve trovare una nuova strada alla propria vita. È una serie che usa il linguaggio delle comedy per rivelare la parte drama».
Per chiudere, breve momento di giubilo di fronte a Krysten Ritter in Galleria a Milano: