Difficult People: personaggi odiosi da amare almeno un po’ di Diego Castelli
Una comedy ad alto tasso di egocentrismo
Ragionare per assoluti non è mai una buona cosa. Ecco perché ieri il Villa denunciava una certa piattezza del mondo comedy recente (in confronto con i drama sempre più coraggiosi), salvo poi introdurre una commedia effettivamente caruccia. E io oggi faccio lo stesso, parlando di Difficult People, “in onda” (con le virgolette) su Hulu e creata da Julie Klausner, che ne è anche protagonista insieme a Billy Eichner, vecchia conoscenza dei fan di Parks and Recreation.
I protagonsiti di Difficult People si chiamano Julie e Billy (sì, come gli attori) e sono sostanzialmente due falliti. Ossessionati dal mondo e dello spettacolo e dalla ricerca della fama, formano un duo comico con cui cercano di sfondare nel cabaret, ma in realtà sono disposti ad accettare (quasi) qualunque lavoro nello show business e passano le giornate a stalkerare le celebrità sui social network.
Profondamente egoisti ed egocentrici, Julie e Billy se ne fregano di tutto ciò che non riguarda loro stessi e la ricerca del successo, e a farne le spese sono i vari, piccoli personaggi che circondano la loro esistenza: in primo luogo Arthur, il compagno di Julie che paradossalmente lavora in tv, però alla PBS, la rete pubblica, e quindi è inevitabilmente considerato uno sfigato.
Di per sé la struttura di base di Difficult People non è nuovissima, nemmeno nella sua componente più metatestuale: il continuo autochiacchiericcio hollywoodiano è cosa che qui a Serial Minds piace da sempre, ma non è diversa da altre serie presenti e passate come Episodes o 30 Rock.
La novità più rilevante, invece, sta nel modo in cui Julie e Billy sono costruiti e percepiti dallo spettatore. Sono molte le serie tv in cui uno o più protagonisti sono formalmente antipatici, ma per i quali finisci quasi subito per provare un amore sconfinato: penso a Gregory House, a Sheldon Cooper, a Karen di Will & Grace, persone che nella realtà manderesti affanculo dopo cinque minuti, ma che nella visione seriale diventano eroi da abbracciare e coccolare.
Ecco, Julie e Billy di Difficult People sono da odiare e basta. Arroganti, invidiosi, paranoici, menefreghisti, sfigati e insieme convinti di essere talentuosissimi. C’è pochissima indulgenza per il loro modo di essere affamati di notorietà, nessuno sconto al desiderio, per lo spettatore, che qualcuno li riempia di metaforiche mazzate (anche se poi arrivano altri personaggi, come la madre di Julie, che forse meritano ancora più insulti).
La serie dunque non crea quella specie di ponte concettuale che di solito conduce lo spettatore ad amare personaggi odiosi. E in un primo momento, diciamo col pilot, questo sembra proprio un errore, una leggerezza della scrittura. In realtà ci si accorge abbastanza in fretta che gli autori volevano proprio questo, fregandosene del rischio che lo show diventasse ancora più di nicchia di quello che già è.
Il motivo della scelta sta a monte, nella decisione di fare una satira di un certo modo di vivere lo star system e il mondo dei vip, capace troppo spesso di prendersi un’importanza che non ha. Se questo è l’obiettivo, preciso e impietoso, allora logicamente non si può essere indulgenti con protagonisti che in quello star system vedono l’unica ragione di vita.
Il risultato paradossale, però, è una specie di “affetto di ritorno”: dopo l’irritazione nel vedere questi due odiosi personaggi dimenarsi per farsi notare, la lista interminabile dei loro insuccessi non può che muoverci un po’ di pietà, come se i due meritassero effettivamente così sfiga, ma non “così” tanta.
Quindi insomma, una comedy i cui protagonisti sono odiosi o, al massimo, degni di pietà. Detta così sembra raggelante, ma fortunatamente non lo è. A divertire è proprio il continuo, velenosissimo riferimento a un mondo che in fondo, come serialminder, ci piace tanto: le citazioni cine-televisive si sprecano, la cattiveria di Julie e Billy strappa più di una risata, e il ritmo è sempre molto alto, con battute su battute accumulate da due attori che fanno della rapidità della lingua un punto di forza (non è una roba porno, su, non siate maliziosi).
Alla fine, in qualche modo, riusciamo anche a immedesimarci: quando postiamo una foto su facebook speriamo di ricevere dei like, quando scriviamo qualcosa speriamo che qualcuno ce lo pubblichi, quando apriamo un blog di telefilm speriamo che qualcuno ce lo legga e ci dica quanto gli piace. Julie e Billy sono l’estremizzazione di una realtà iper-virtual-sociale che conosciamo tutti benissimo, e su cui riusciamo a riflettere proprio perché sullo schermo, improvvisamente, la vediamo così detestabile.
Perché seguirla: per la comicità velenosissima e metatestuale, e per uno spessore di fondo che al primo sguardo può passare inosservato.
Perché mollarla: i protagonisti sono scritti apposta per essere antipaticissimi (d’altronde sono “difficult people”). Per quanto la cosa abbia senso e sia contestualizzata… beh… sono antipatici!