8 Settembre 2015 3 commenti

Public Morals – La serie tv che vorrebbe rimpiazzare Boardwalk Empire (ma non ce la fa) di Marco Villa

Public Morals vorrebbe tantissimo essere una serie di HBO, ma purtroppo…

Copertina, Pilot

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Ci sono serie e serie. Ci sono quelle che provano a cambiare lo status quo, quelle che semplicemente vivacchiano e quelle fatte da autori convinti di essere fermi a vent’anni fa. Tra tutte, ovviamente, noi preferiamo le prime, che negli ultimi anni abbiamo trovato soprattutto sulle reti cable o su canali come Netflix. Non è certo una novità: tutti i titoli che hanno fatto storia e che hanno portato a questo periodo d’oro della serialità portano la firma di HBO, AMC, la già citata Netflix e poco altro. E gli altri network? Nella gran parte dei casi vivacchiano, in alcune occasioni fanno schifezze fuori tempo massimo come Clipped, in altri però provano inseguire HBO & Co. Come ha fatto TNT con Public Morals, una serie che vuole chiaramente essere qualcosa di più del prodotto standard. O almeno ci prova.

Public Morals è in onda dal 25 agosto su TNT , è ambientata negli anni ’60 e racconta la storia della Public Moral Division della polizia di New York, una specie di buoncostume che si occupa di prostituzione, gioco d’azzardo e – in generale – di tutto ciò che cinquant’anni fa poteva essere considerato “vizio”. Quindi sì, anche quelle rivistine che compravate prima che le parole video e internet non si unissero, andando a formare la gigantesca scritta FREE PORN.

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Come vuole la tradizione, in quegli anni i poliziotti sono quasi tutti di origine irlandese: per questo motivo fanno parecchio comunella tra loro e sono prontissimi a pararsi il culo a vicenda. L’ovvia conseguenza è che sono tutti corrotti, invischiati in un sistema di tangenti e favori che li mette nella posizione di controllare prostituzione e gioco d’azzardo permettendo a pochi amici fidati di gestire queste attività. Ovvero: è inutile pensare di eliminare del tutto questi fenomeni, tanto vale ridurli al minimo e – già che ci siamo – farci sopra qualche soldo. E qui sta ovviamente tutto il gioco del titolo, perché la morale pubblica è molto diversa dalla quella privata. Ah, che arguti!

Questo è il quadro generale e di fatto il primo episodio di Public Morals si ferma qua: vengono mostrati i tanti personaggi che animeranno la serie, si scava un po’ nella storia del protagonista Terry Muldoon (interpretato da Edward Burns che è anche creatore della serie, che vede tra i produttori anche un certo Steven Spielberg), ma niente di più. Guardando il pilot, la sensazione è che Public Morals sia nata e cresciuta con addosso il peso di dover essere Il Grande Affresco. La volontà di autori e rete è chiaramente quella di proporre una specie di risposta a Boardwalk Empire, una serie che raccontava un’epoca, ma che aveva anche grandi personaggi, che emergevano fin da subito.

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Public Morals sembra talmente concentrata sull’obiettivo finale da lasciare indietro la cura dei personaggi e questa scelta non è mai vincente, perché chi guarda ama/odia i protagonisti, non le strade, le case e le abitudini di un’epoca. Forse il tiro verrà corretto nelle prossime puntate, ma l’impressione è quella di una serie sbilanciata e con un handicap non da poco. Altro elemento negativo: Public Morals è girata in modo piuttosto piatto e questo va inevitabilmente a minare le potenzialità e le aspirazioni generali appena citate.

Mi informano poi dalla regia che i brutti ascolti della prima puntata sono ulteriormente peggiorati con la seconda: difficile che Public Morals arrivi a fine stagione. Peccato TNT: ci hai provato, ma questa volta non è andata bene.

Perché seguirla: perché l’asticella viene messa molto in alto

Perché mollarla: perché dal pilot quella stessa asticella sembra fin troppo in alto



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