Public Morals – La serie tv che vorrebbe rimpiazzare Boardwalk Empire (ma non ce la fa) di Marco Villa
Public Morals vorrebbe tantissimo essere una serie di HBO, ma purtroppo…
Ci sono serie e serie. Ci sono quelle che provano a cambiare lo status quo, quelle che semplicemente vivacchiano e quelle fatte da autori convinti di essere fermi a vent’anni fa. Tra tutte, ovviamente, noi preferiamo le prime, che negli ultimi anni abbiamo trovato soprattutto sulle reti cable o su canali come Netflix. Non è certo una novità: tutti i titoli che hanno fatto storia e che hanno portato a questo periodo d’oro della serialità portano la firma di HBO, AMC, la già citata Netflix e poco altro. E gli altri network? Nella gran parte dei casi vivacchiano, in alcune occasioni fanno schifezze fuori tempo massimo come Clipped, in altri però provano inseguire HBO & Co. Come ha fatto TNT con Public Morals, una serie che vuole chiaramente essere qualcosa di più del prodotto standard. O almeno ci prova.
Public Morals è in onda dal 25 agosto su TNT , è ambientata negli anni ’60 e racconta la storia della Public Moral Division della polizia di New York, una specie di buoncostume che si occupa di prostituzione, gioco d’azzardo e – in generale – di tutto ciò che cinquant’anni fa poteva essere considerato “vizio”. Quindi sì, anche quelle rivistine che compravate prima che le parole video e internet non si unissero, andando a formare la gigantesca scritta FREE PORN.
Come vuole la tradizione, in quegli anni i poliziotti sono quasi tutti di origine irlandese: per questo motivo fanno parecchio comunella tra loro e sono prontissimi a pararsi il culo a vicenda. L’ovvia conseguenza è che sono tutti corrotti, invischiati in un sistema di tangenti e favori che li mette nella posizione di controllare prostituzione e gioco d’azzardo permettendo a pochi amici fidati di gestire queste attività. Ovvero: è inutile pensare di eliminare del tutto questi fenomeni, tanto vale ridurli al minimo e – già che ci siamo – farci sopra qualche soldo. E qui sta ovviamente tutto il gioco del titolo, perché la morale pubblica è molto diversa dalla quella privata. Ah, che arguti!
Questo è il quadro generale e di fatto il primo episodio di Public Morals si ferma qua: vengono mostrati i tanti personaggi che animeranno la serie, si scava un po’ nella storia del protagonista Terry Muldoon (interpretato da Edward Burns che è anche creatore della serie, che vede tra i produttori anche un certo Steven Spielberg), ma niente di più. Guardando il pilot, la sensazione è che Public Morals sia nata e cresciuta con addosso il peso di dover essere Il Grande Affresco. La volontà di autori e rete è chiaramente quella di proporre una specie di risposta a Boardwalk Empire, una serie che raccontava un’epoca, ma che aveva anche grandi personaggi, che emergevano fin da subito.
Public Morals sembra talmente concentrata sull’obiettivo finale da lasciare indietro la cura dei personaggi e questa scelta non è mai vincente, perché chi guarda ama/odia i protagonisti, non le strade, le case e le abitudini di un’epoca. Forse il tiro verrà corretto nelle prossime puntate, ma l’impressione è quella di una serie sbilanciata e con un handicap non da poco. Altro elemento negativo: Public Morals è girata in modo piuttosto piatto e questo va inevitabilmente a minare le potenzialità e le aspirazioni generali appena citate.
Mi informano poi dalla regia che i brutti ascolti della prima puntata sono ulteriormente peggiorati con la seconda: difficile che Public Morals arrivi a fine stagione. Peccato TNT: ci hai provato, ma questa volta non è andata bene.
Perché seguirla: perché l’asticella viene messa molto in alto
Perché mollarla: perché dal pilot quella stessa asticella sembra fin troppo in alto