The Whispers: la serie coi bambini che parlano ai lampadari di Diego Castelli
Quei telefilm un po’ così
Visto che di solito cerchiamo di recensire i pilot appena escono, il fatto che io mi accinga a recensire una serie giunta alla sesta settimana la dice lunga sull’ansia che avevamo di farvela conoscere.
Si chiama The Whispers, va in onda su ABC ed è prodotta da Steven Spielberg (come tipo TUTTE le serie in onda).
Poverina, non è neanche orrenda, però basa tutto sui bambini che parlano con le lampade.
Ehm…
Il concept di per sé avrebbe anche qualche numero: si parla di una strana entità (tendenzialmente aliena) che sembra intenzionata a prendere il controllo del nostro pianeta usando i soldati meno prevedibili: i bambini.
In pratica questo essere, che i bambini chiamano “Drill”, parla ai ragazzini attraverso le luci e gli fa fare cose davvero brutte tipo far cadere la mamma dalla casetta sull’albero o andare a pasticciare con le centrali nucleari. Il tutto promettendogli grandi regali e premi se faranno quello che vuole lui (e il bambino ci casca perché ancora non ha imparato a non essere pirla).
In tutto questo a investigare c’è Claire (la Lily Rabe di American Horror Story), agente dell’FBI con annesso figlio sordomuto, che tra l’altro era sposata con Sean, pilota militare dato per morto che in realtà non solo non è morto, ma è legato alla megacospirazione galattica da vincoli ancora oscuri. L’unica cosa sicura di lui è che ha la faccia di Milo Ventimiglia e, di conseguenza, tutte le sue espressioni soffertissime che abbiamo conosciuto in Heroes.
The Whispers sembra vivere uno strano problema identitario. È una serie di fantascienza/paranormale, con i bambini coinvolti in cose losche, con fruscii e sussurri che corrono per i corridoi mentre i piccoli protagonisti progettano di uccidere i genitori: insomma avrebbe degli elementi di discreto interesse, cose per cui varrebbe la pena mangiarsi qualche unghia. Poi si sa che è abbastanza semplice, per un fanta-thriller, far salire la suspense tirando in mezzo i picciriddi: una frase troppo adulta qui, uno sguardo demoniaco là, e subito ripensi a quella strana espressione che aveva il cuginetto alla cresima di tua sorella: era solo incazzato perché non lo facevano giocare con l’iphone? Oppure stava perseguendo un piano malvagio per il sovvertimento dell’ordine democratico?
Epperò The Whispers è anche una serie di ABC, e come tale fatica molto a sviluppare in pieno le sue stesse premesse: è diluita, edulcorata, e tutto ciò che potrebbe essere nero e cupo risulta grigino e vagamente ombreggiato. Una cosa da vecchie zie, col massimo rispetto per la categoria.
Ci sono eventi drammatici, certo, e qui e là si riescono a costruire scene di buona tensione (proprio l’ultimo episodio andato in onda, il sesto, mi è parso il migliore in questo senso). Ma per noi che guardiamo gli Hannibal o i Penny Dreadful la sensazione è sempre quella di guardare una corsa di pony quando siamo abituati alle corse dei cavalli: per quanto si impegnino sembrano comunque un po’ piccoli e buffi.
Non siamo allo stesso livello di Zoo, che invece è proprio ridicola. Ma comunque non c’è mai quella bella spinta che ti faccia esultare per quello che stai vedendo.
C’è poi un altro punto, che è l’effetto-Under The Dome (non a caso prodotto dalla stessa creatrice di The Whispers, Soo Hugh): Under The Dome era fin da subito una serie abbastanza inutile, però si poteva anche guardare, con la sua cupola, il mistero e via dicendo. Poi però la cupola è rimasta lì, e in compenso sono arrivate uova luminose e farfalle viola: improvvisamente è andato tutto in vacca.
Certo, ci sono state serie capaci di trasformare l’andare in vacca in stile, in punto di forza (penso a Lost, in parte a Fringe). Ma non è cosa da tutti, e nella maggior parte dei casi gli show che vanno in vacca diventano semplicemente inguardabili.
Il timore è che The Whispers possa fare la stessa fine: partire da premesse vagamente dignitose per poi arrotolarsi su una trama sempre più ingarbugliata che però, in assenza di uno stile visivo e narrativo che sia veramente coraggioso e provocatorio, rimarrà semplicemente un guazzabuglio di storie di cui fregherà niente a nessuno.
Perché seguirla: il concept non è malaccio, se vi piace il genere. E in questi mesi abbiamo visto di peggio.
Perché mollarla: il semplice “abbiamo visto di peggio” non è che sia sta gran motivazione per guardare una serie tv…