30 Giugno 2015 60 commenti

Sense8 prima stagione: ma non si era detto che migliorava? di Diego Castelli

Dopo dodici episodi confermo: delusione

Copertina, On Air

Il motivo per cui la scrittura di Sense8 è così loffia sembra abbastanza palese. I Wachowski non vedevano l’ora di sbattere sul piatto il loro budget enorme e le loro abilità registiche.
Qualche volta ce la fanno pure: spesso le soluzioni trovate per descrivere l’esperienza dei sensates sono molto valide, e tre-quattro scene sono palesemente emozionanti. Penso ad alcune sequenze potentemente musicate (come quella su “What’s Up” dei 4 non Blondes), o ad altre molto fisiche e appunto sensoriali (quella specie di orgia a otto a distanza funziona alla grande). Forse la migliore è quella delle nascite, il momento in cui più di altri percepiamo la connesione primigenia tra i protagonisti (e non perché ci facciano vedere otto vagine, quella l’ho trovata un’insistenza abbastanza superflua, giusto per far scena).
Più in generale, il risultato più valido della stagione è effettivamente la capacità di comunicare l’unione fisico-spirituale dei protagonisti, che alla fine riescono, malgrado gli scivoloni, a essere un gruppo realmente unito. Anche se, tocca sottolinearlo, il fatto che al suo interno si formino coppie amorose (e quindi più importanti di altre) secondo me è una puttanata colossale, perché crea dei sottogruppi in quello che dovrebbe essere un gruppo.
Il problema è che questa è l’unica cosa che i Wachowski sembrano voler/saper comunicare. Dodici episodi (cioè, dodici!) in cui ogni momento è buono per far partire qualche bella canzone e farci vedere tutta l’insistita, logorroica poesia di sta unione transcontinentale (sono i momenti “da spot Samsung”, come mi ha suggerito il Martino). Cioè, signori, dopo un po’ basta, ho capito il concetto, onestamente trovo anche imbecille che nessuno degli otto vada in ospedale a farsi fare degli esami al cervello. Raccontami qualcos’altro, fammi vedere cose nuove, dai un significato a Sayid che torna da Lost in veste di simil-Locke, ma alla fine non ci racconta quasi niente.

Sense8 (6)

Per farla breve (come se ne fossi capace), mi sembra che l’impostazione dichiaramente poetica e suggestiva degli autori (di per sé legittima e spesso anche funzionante) abbia finito col fagocitare tutto, lasciando un racconto esile e a tratti pure mal scritto in balia di centomila scene erotico-sentimentali che le prime due volte sono anche emozionanti, e poi diventano semplicemente la costante replica di se stesse. Io dopo tre episodi non ne potevo già più.

Guardandomi intorno, vedo che a molti Sense8 è piaciuto, spesso proprio per l’emozione suscitata da quelle stesse scene che a me, dopo un po’, sembravano tutte uguali.
Ovviamente non questiono il gusto personale o le emozioni della gente, ci mancherebbe altro. Tutte quelle espresse finora sono opinioni e tali restano, le mie come quelle degli altri.
Mi sento invece di questionare l’impostazione, questa sì più strutturale e “critica”, di chi trova i primi episodi pesanti ma dice: “bè ma va bene, in fondo è come un filmone di dodici ore”.
No, fermi tutti, capiamoci bene. Un film è una cosa che io vado a vedere al cinema e dura due ore. Se i primi venti minuti sono mosci ma il resto tiene, ci sta.
Sense8, a parte le roboanti dichiarazioni di marketing, è una serie tv, e non s’è inventata niente: anche House of Cards è un filmone di 13 ore, anche Daredevil, tutte le serie orizzontali che escono in una volta possono essere considerate tali. Solo che qui, facendo la proporzione, i “venti minuti” mosci del film diventano due episodi. E la cosa non mi sta bene. Non puoi chiedermi due o tre ore della mia vita per pura “preparazione”. E non puoi perché hai accanto a te altre serie – come quelle appena citate – che lo spettatore lo inchiodano dopo cinque minuti. Senza neanche fare il paragone col cinema, stracolmo di filmoni che introducono ben più di otto personaggi e li fanno muovere, sviluppare e morire nel giro di due ore.
Quindi diciamo le cose come stanno: se i primi episodi sono mosci è un problema, punto. Com’era un problema per Fringe, o per Justified, o per Parks & Recreation. Certo, poi se il tutto si rialza, come nei casi citati, l’inizio floscio può essere stra-ultra-perdonato. Purtroppo, a mio giudizio in Sense8 non succede neanche quello…

Ultimissima riflessione: se chi non l’ha vista mi chiedesse “cioè ma quindi brutta tipo Olympus o Stitchers?” direi sicuramente di no, non perdiamo il senso della misura: Sense8 è una serie di Netflix ad alto budget, girata dai fratelli Wachowski. Non è il filmino della comunione girato col telefonino.
Ma se ti presenti con la spocchia di chi vuole raccontare l’universo-mondo, e poi mentre ci provi mi fai venire voglia di guardare le notizie di calciomercato sul cellulare, mi fai incazzare molto più della cagatona che si presenta come cagatona e non vuole essere niente di più.

Sense8 (3)



CORRELATI