Wayward Pines – Una storia che avete già visto un milione di volte di Marco Villa
C’è di mezzo M. Night Shyamalan e un cast super, ma Wayward Pines pare un po’ una roba inutile
Inquadratura strettissima su un occhio che si apre. Occhio che appartiene a un uomo in giacca e cravatta, sdraiato in un bosco dopo un incidente. Vi suona qualche campanello? Ecco, bravi. Non sarà l’unico ad azionarsi nel corso del primo episodio di Wayward Pines.
Wayward Pines è una serie che andrà in onda su Fox dal 14 maggio, ma da qualche giorno sta girando un pre-air del pilot. È tratta dal libro omonimo di Chad Hodge (che ha curato l’adattamento televisivo), che si ispirava dichiaratamente alle atmosfere di Twin Peaks. Che è come dire: faccio una religione e mi ispiro a Gesù. Mica cazzi.
Dicevamo: l’uomo in giacca e cravatta che si risveglia nel bosco. Ecco: è un agente segreto. Dopo essersi svegliato, raggiunge la città più vicina e lì scopre di essere stato vittima di un pesantissimo incidente stradale, che è costato la vita al collega che viaggiava con lui. A quel punto inizia a vagare per la città e a incontrare gli abitanti di Wayward Pines, capendo subito che qualcosa non funziona. Finisce in un ospedale mezzo horror e capisce che più di qualcosa non funziona. Arriva in una casa dove c’è un cadavere decomposto e capisce che non c’è nulla che funzioni a Wayward Pines. A queste situazioni strane si sommano cose tipo piccole casse nascoste nei cespugli per simulare il verso dei grilli, abitanti che parlano tra loro con ricetrasmittenti riferendosi al protagonista come se fosse l’oggetto di un esperimento e, soprattutto, un gigantesco muro elettrificato che circonda l’intero paese impedendo a chicchessia di andarsene.
Ok, quanti altri campanelli sono suonati nel corso di queste righe di riassunto? Un botto. Wayward Pines è la storia di un mondo altro all’interno del nostro mondo. Non c’è l’isola di Lost, ma in compenso c’è una città della profonda provincia americana che ricorda tantissimo il paesino di Les Revenants, magari mixato con quello di The Village di M. Night Shyamalan. Nome che non ho buttato lì a caso, perché il buon M. Notte è executive producer della serie, nonché regista del primo episodio.
Tre riferimenti pesanti, da cui non si scappa, perché quella di Wayward Pines è una storia raccontata già tantissime volte, da prodotti belli come quelli appena citati, ma anche da cagate inenarrabili tipo quel Persons Unkwnown che recensimmo nella prima settimana di vita di questo sito. Il tema, quindi, è quello di una qualsiasi serie mystery di basso livello, peccato che Wayward Pines voglia essere molto di più: lo dimostra M. Night, ma anche il cast, che mette dentro Matt Dillon (raro esempio di cagnitudine, peraltro), Toby Jones, Juliette Lewis e anche Shannyn Sossamon, colei che agitò la mia tarda adolescenza ai tempi de Le regole dell’attrazione.
Una produzione di tutto rispetto, insomma, per una serie che dal pilot risulta un rimasticamento di cose già straviste e straraccontate. Comodo cercare di attirare gente usando il nome Twin Peaks, ma bastano pochi minuti per capire che siamo da tutt’altra parte. Wayward Pines potrà riscattarsi, ovvio, ma al momento le speranze sono davvero parecchio basse, perché le serie di questo tipo di solito partono a bomba. Poi magari iniziano a zoppicare, ma se a una serie mystery togli la botta emotiva iniziale ciao, ciao, è stato bello. Oddio, bello… è stato.
Perché seguirla: per dare fiducia ai nomi coinvolti e perché siete addicted ai mystery mysteryosi
Perché mollarla: perché è già stravista e straraccontata e non sembrano esserci elementi particolarmente nuovi (eufemismo grosso così)