Marvel’s Daredevil: tanta, tanta, tanta roba! di Francesco Martino
Netflix fa centro di nuovo e tira fuori la miglior serie supereroistica su piazza
Ho comprato il mio primo fumetto a dodici anni, durante una vacanza al mare con i miei genitori. Ricordo che era un numero degli X-Men e che, dato che all’epoca internet era più una leggenda metropolitana che una realtà, ci capii veramente poco. Adesso, tredici anni dopo, le cose sono incredibilmente diverse: se si vuole recuperare un numero lo si può fare sugli store online, così come i riassunti di intere storyline passate e i dettagli di ogni singolo personaggio. Insieme a questo la dimensione del fumetto è radicalmente cambiata, passando da “intrattenimento per pochi” a “intrattenimento per masse”, facendo nascere un genere cinematografico – il cinecomic – in grado di staccare milioni di biglietti e di produrre una quantità considerevole di film all’anno. Il fumetto è diventato un fenomeno pop portato all’esasperazione, spremuto fino all’inverosimile e, come diretta conseguenza, padre di alcuni dei momenti peggiori del cinema degli ultimi anni; parlo di Ghost Rider, del Punitore e, ovviamente, di Daredevil, con un film che aveva messo una pietra apparentemente tombale sulle trasposizioni del Diavolo Custode. Rispetto a quell’anno (era il 2003) sono, appunto, cambiate tante cose, e i Marvel Studios sono diventati i leader nel settore dei cinecomics, inventando un metodo di lavoro ormai copiato da tutti – no, non mi riferisco solo alla DC – e tracciando una strada ben precisa, già lodata dal sottoscritto su queste pagine, che qualche tempo fa si è arricchita di un nuovo e ambizioso progetto: costruire quattro serie televisive su altrettanti personaggi per poi farle confluire in un mega-evento televisivo, un crossover simil-Avengers.
Come la maggior parte di voi saprà, l’esordio di questa collaborazione tra Marvel e Netflix è stato affidato proprio a Daredevil, il giustiziere cieco di Hell’s Kitchen, in una sorta di scherzo del destino volto a riscattare il povero Matt Murdock (povero giusto per la cecità e per il triste passato, il resto è abbastanza spettacoloso). Ecco, dopo un weekend di immersione totale posso dirvi senza nessuna paura che Marvel’s Daredevil è un gioiello, un telefilm che va oltre il classico concetto di supereroe e che ci regala una delle esperienze televisive più esaltanti degli ultimi anni (Indiewire l’ha paragonata a The Wire, per dire).
Sin dalle prime puntate salta subito all’occhio una cura artistica enorme, ben lontana dal canone classico del supereroe in tv, e che trova la sua massima espressione in una scena già diventata iconica, un bellissimo pianosequenza nel finale del secondo episodio, un tributo ad Oldboy che farà bagnare tutti, fan e non dei fumetti.
Perché è questo l’enorme pregio di questa serie: la capacità di essere totalmente diversa dagli altri prodotti MS (Agents of SHIELD compreso) pur rimanendone saldamente ancorata a livello di fatti e personaggi. La storia si sviluppa come un crime drama, dove un gruppo di gangster decide di lucrare sugli appalti per la ricostruzione di Hell’s Kitchen distrutta dopo i fatti di The Avengers, e portandosi dietro una lunga scia di morti: una premessa molto più vicina a serie di “cinema verità” (io ho pensato subito a Gomorra) che ad una su un tizio in tuta che mena i cattivi.
Questo “carattere forte” traspare anche dalle scene di lotta, piene di violenza e sangue, non edulcorate per le masse e spesso perfino eccessive, con pezzi di cervello che schizzano e costole staccate.
Questo enorme affresco viene poi arricchito da un cast perfetto, costruito a regola d’arte ed arricchito da alcune scelte geniali. Charlie Cox è un Matt Murdock ottimo, capace di restituire al pubblico tutta la rabbia del suo personaggio, un giustiziere che lotta per la sua gente e per la sua città – “this city is my blood”, come dice il personaggio – minacciata da organizzazioni criminali comandate da Wilson Fisk, Kingpin, interpetato da un Vincent d’Onofrio gigantestesco in tutti i sensi. La sua interpretazione è una delle migliori mai viste in un prodotto cinefumettistico, un villain tanto minaccioso quando fragile, un bambino che si sente solo e che placa il suo malessere con la violenza. Alle due colonne portanti vanno poi aggiunti Elden Henson, anche lui precisissimo nei panni del mite Foggy Nelson, braccio destro di Murdock; e poi Deborah Ann Woll, interprete di Karen Page e ben nota ai fan di True Blood.
Daredevil alza improvvisamente l’asticella per tutti i suoi colleghi, per i vari Arrow e Flash, mostrando come il cinecomics sia capace di uscire dalla ghettizzazione imposta dalla ripetività del genere, regalandoci una serie che mi ha fatto commuovere (come me James Gunn, regista di Guardians of The Galaxy, cliccate qui per vedere il suo post) ed esaltare come solo i grandi prodotti di intrattenimento sanno fare.
Prima di chiudere, e di mandarvi a finire la serie il prima possibile, vorrei spendere anche qualche parola sul medium scelto, quello online di Netflix. Chi scrive, come altri da queste parti, non è mai stato un amante del binge watching, un’esperienza televisiva che ho sempre trovato ansiogena più che soddisfacente, tanto da non aver mai visto più di un paio di episodi di fila dei vari House of Cards e Orange is the New Black. Qui la storia è stata diversa: grazie alla struttura della serie, di fatto un film di undici ore, ho faticato davvero a staccarmi, finendo per vedere 13 episodi in due giorni e a contemplare la seria possibilità di un rewatching pre-Age of Ultron.
Il mio invito è quello di dare un possibilità a questa serie anche se non siete fan dei fumetti, ne rimarrete ammaliati; per noi geek, che compravano fumetti a caso pur di leggere qualche striscia, vi dico solo “benvenuti in paradiso”.
Perché seguirla: perché è la miglior serie supereroistica attualmente in televisione.
Perché mollarla: solo se il concetto stesso del supereroe, a prescindere da tutto, proprio non vi va giù. Ma forse sbagliereste comunque.