Bloodline – Storie di famiglia a rischio noia di Marco Villa
Il pilot di Bloodline è tantissime chiacchiere e un gran colpo di scena finale.
Inizia identica a The Affair, prosegue come una specie di Brothers & Sisters senza la soap, finisce con un colpo di scena che scuote tutto e risveglia da un leggero velo di noia. E dire che in Bloodline la noia non era preventivabile: innanzitutto perché siamo su Netflix e – insomma – è pur sempre qualcosa di buono. E poi papà Kyle Chandler che si ama dai tempi di Friday Night Lights, per non parlare di Linda Cardellini, già apprezzatona in ER e Freaks and Geeks. E ancora il terzetto di creatori, lo stesso di Damages.
Bloodline è la storia dei Rayburn, proprietaria di un albergo e famiglia importante delle Keys Island, in Florida. Per festeggiare il fatto che il paesino locale abbia deciso di intitolare al patriarca un molo, tutti i membri della famiglia vengono richiamati alla base. In particolare, tornano a riunirsi i 4 fratelli: lo sceriffo locale (Kyle Chandler), l’appassionato di marepescabarche che si incazza subito (Norbert Leo Butz), la sorella che non si decide a sposarsi (Linda Cardellini). E poi c’è Danny (Ben Mendelsohn, bravissimo), il fratello ribbbelle che è andato via da casa per farsi la sua vita, ma che ha fatto fallire tutto quello che ha toccato e per questo è sempre dovuto tornare a casa a cercare soldi e aiuto.
Tutto ruota intorno a Danny, a come si comporta con genitori e fratelli, a come il suo futuro possa portare conseguenze alle vite dei famigliari. Tutto ruota, soprattutto, intorno alle parole. Bloodline è una serie verbosissima, in cui però si dice molto poco. Lungo tutta l’ora del pilot, vengono ripetute un migliaio di volte due sole cose, ovvero che Danny è uno di cui non ci si può fidare, ma che in fondo bisogna pur provare a fidarsi.
Direte: queste cose verranno sostenute da una serie di informazioni che via via permetteranno di delineare le figure e i rapportzzzzzzzz. No, non è così: dagli infiniti dialoghi di questa prima puntata non esce nulla: tutto continua a girare su se stesso e fino a 30 secondi dalla fine non c’è un solo elemento che non fosse già chiaro dopo 5 minuti di episodio.
Certo: gli ultimi 30 secondi inseriscono un twist narrativo importante, che spiega quale sarà la vicenda che terrà in piedi la stagione, ma per quanto mi riguarda è troppo poco, perché ho dovuto sopportare 55 minuti piuttosto inconsistenti. Se fai una serie tutta su dialoghi e recitazione, deve essere scritta in modo perfetto: il pilot di The Slap lo è, questo no. Quella è una serie scritta da dio, questa è una serie troppo scritta.
Giudicare una serie solo dal pilot è sempre rischioso, giudicare una serie Netflix dal pilot lo è ancora di più. Visti i nomi coinvolti c’è la concreta possibilità che tutto migliori, ma questa prima puntata non è uscita granché bene.
Perché seguirla: perché l’interesse destato dagli ultimi 30 secondi vi ha conquistato e perché avete fiducia nei nomi coinvolti e in Netflix
Perché mollarla: perché la vedete proprio lì, davanti a voi, la gigantesca scritta NOIA