Lezioni di vita (seriale): Shameless, l’amore e l’arte di Diego Castelli
C’è sempre da imparare e da stupirsi
[ATTENZIONE! SPOILER COME SE PIOVESSERO]
Definire l’arte è difficile. Tanto difficile che (spoiler) non riuscirò certo a farlo in questo articolo.
Non credo nemmeno di esserne in grado, e dubito esista qualcuno su questo pianeta che lo sia. L’arte, nelle sue molteplici forme, è un concetto astratto, scivoloso, che a volte viene impresso sui libri e sembra diventare oggettivo, ma che in realtà mantiene sempre un alone di mistica fuggevolezza.
Allo stesso tempo, se è quasi impossibile dare una definizione completa e compiuta di arte, è però abbastanza facile isolare elementi che spesso concorrono alla sua comparsa.
Uno di questi elementi è lo stupore. Le migliori opere d’arte, che siano romanzi, dipinti, canzoni o film, riescono inevitabilmente a stupire, a far sgranare gli occhi, a trasmettere al proprio pubblico una sensazione di nuovo e di scoperta. Più precisamente, di svelamento, come se l’opera d’arte riuscisse a mostrare nella sua fulgida pienezza qualcosa che è sempre stato lì, ma chissà come non riuscivamo a vedere.
Ebbene, il sesto episodio della quinta stagione di Shameless è semplicemente arte. Così, senza neanche pensarci troppo.
In particolare, è un episodio che ci dice qualcosa sull’amore, cosa che al giorno d’oggi suona come una specie di miracolo: veniamo da millenni di storia dell’arte e della narrazione in cui l’amore è ampiamente il tema più sfruttato e abusato di tutti, un passepartout transgenerazionale che sembra essere adatto a ogni situazione e ogni racconto. Il che probabilmente è anche vero, ma allo stesso tempo rende sempre più difficile, per un qualsivoglia autore, riuscire a stupire con esso.
Questa settimana Shameless ce l’ha fatta, in maniera peraltro abbastanza semplice, sfruttando proprio le caratteristiche intrinseche del racconto seriale: una costruzione lenta, graduale, che si spalma per anni senza essere costretta dalla rapidità di un film o anche di un solo romanzo.
Quando pensiamo all’amore nei telefilm, rispondendo a domande da test internettiamo tipo “qual è la migliore coppia delle serie tv”, è facile farsi venire in mente immagini scontate: da Elena-Damon a Joey-Pacey, da Angel-Buffy a Dylan-Kelly, passando per Leonard-Penny e Seth-Summer. A qualcuno verrà in mente pure la coppia Meredith-Derek, anche se quella non vale perché qui stiamo parlando di amore tra esseri umani (anche se magari “ex” come i vampiri), invece Meredith è pura e semplice malvagità incarnata.
Bene, da oggi dobbiamo cambiare la nostra virtuale classifica, inserendo ai primi posti due personaggi insospettabili: Ian Gallagher e Mickey Milkovich.
Cosa diavolo avranno mai questi due, e cosa sarà mai successo in questa puntata da giustificare un articolo che pontifica in questa maniera sbrodolosa?
Il discorso parte da una considerazione su tutte le coppie che abbiamo citato prima. Sono coppie nate e sviluppatesi in mille modi diversi, ma che partivano tutte da un assunto preciso: coinvolgevano personaggi che erano in qualche modo “fatti per amare”. Senza l’amore The Vampire Diaries è semplicemente inesistente. Ma quell’amore lì, quello senza il quale il racconto cessa di avere significato, è necessariamente scontato. Puoi infiocchettarlo finché vuoi, far succedere mille mila cose diverse, ma che l’amore ci sia, che sia quasi “costretto” a sbocciare, è un dato di fatto a cui sei preparato fin dai titoli di testa.
Con Shameless è diverso. Non è una serie sull’amore, per lo meno non nel senso convenzionale del termine. È una serie piena di temi diversi, in cui l’interesse per lo spettatore arriva da decine di fonti differenti. Un contesto in cui l’amore, se compare, crea già un leggero senso di straniamento, qualcosa che fa drizzare le antenne ben più che se ci trovassimo in uno zuccheroso teen drama.
Ma la storia tra Ian e Mickey (e quello che ci interessa è soprattutto l’amore di Mickey per Ian) va molto oltre questo.
Da una parte Ian è un personaggio difficile da amare: molti dei suoi problemi derivano dal disturbo bipolare ereditato dalla madre, ma in generale possiamo dire che sia ben difficile da gestire, ben faticoso da avere accanto. In breve, verrebbe più facile lasciarlo al suo destino che stargli vicino senza avere con lui legami di sangue.
Ma se l’amore per i personaggi difficili (che in qualche modo sembrano non meritarlo) è un grande classico, l’effetto esplosivo deriva dall’avvicinare una figura del genere a un personaggio che, dal canto suo, non sembra fatto per amare.
La situazione classica è “tu sei difficile, scorbutico, asociale e stronzo, ma io sono costruita per amare, e quindi ti amo” (scusate se uso lo stereotipo femminile, ma sarete d’accordo che è quello più in voga). Qui invece abbiamo un personaggio, Mickey, che non sembra affatto costruito per amare. Anzi, sembra costruito per rubare, truffare, menare e scopare, nel senso più animalesco e volgare del termine. Un teppistello senza arte né parte che nessuno di noi vorrebbe incontrare nella vita reale.
Ma è proprio qui, in questa pozza di improbabilità e di lordume, che la nascita dell’amore diventa dirompente. La crescita di Mickey e del suo sentimento è stata abbastanza costante in questi anni, ma proprio il punto di partenza, così lontano nel tempo e nel carattere, rende esponenzialmente più forte ciò che vediamo in questa puntata. La paura di Mickey, la sua preoccupazione, il sollievo e la tenerezza che vediamo nelle sue lacrime, sono elementi che abbiamo visto in cento ragazzine e ragazzini da teen drama, ma quando quelle stesse lacrime spillano dagli occhi di un personaggio che credevano costituzionalmente incapace di amare, allora stiamo assistendo a qualcosa che ha davvero del miracoloso.
Non è questione di averci “detto” che Mickey era così. Non è La bella e la Bestia in cui praticamente nella prima scena ti dicono “l’hanno trasformato in un grosso gatto, capisci che è incazzato”. No, qui nessuno ci ha detto niente, non abbiamo letto o ascoltato una definizione di una riga: abbiamo vissuto sulla nostra pelle anni di racconto in cui Mickey ha preso una certa forma, è diventato una certa persona, e ha radicato in noi determinate credenze su di lui. La sua trasformazione lascia quindi senza fiato.
Eccolo qui lo stupore, eccola qui l’arte. Non perché Shameless abbia fatto chissà quale rivoluzione, percorsi simili esistono in tante storie su tanti mezzi diversi. Ma all’interno di un mondo serial-televisivo in cui l’amore sembra esclusivo appannaggio di chi lo cerca, di chi ne è strutturalmente capace, Mickey ne viene travolto completamente contro la sua volontà, in una maniera che lo costringe a ripensare a se stesso e a tutto ciò in cui crede (si veda la determinazione con cui decide di separarsi da Ian per farlo curare). Tutto ciò che vediamo fare da Mickey l’abbiamo visto fare altrove da altri personaggi, ma forse non l’abbiamo mai visto fare da uno come Mickey, in un mondo così folle e grottesco come quello di Shameless. Veder sbocciare l’amore in un mondo scritto per esso è un conto, mentre tutt’altro paio di maniche è vederlo emergere con questa potenza in un ambiente che sembra fatto apposta per impedirlo.
Per cui, se nelle prossime settimane/mesi qualcuno mi chiederà “qual è la storia d’amore più clamorosa dei telefilm?”, con loro stupore (e in parte un po’ mio) potrebbe toccarmi di rispondere “Ian e Mickey di Shameless“.
Che poi dai, fa sempre figo spiazzare la gente con risposte che non si aspettano, quindi bene così…