Galavant: una perla (forse) già chiusa di Diego Castelli
Cioè, uno si appassiona e poi…
Son quegli articoli un po’ amari, che ti scoccia anche un po’ scrivere. Però bisogna.
Dopo un mesetto scarso di messa in onda è finita la prima stagione di Galavant, otto episodi in quattro settimane, un temporale (seriale) fuori stagione.
Ma questo post non vuole essere una recensione del finale anche perché, bene o male, per descrivere Galavant valgono ancora le parole spese per il doppio pilot. La comedy musical di ABC ha rispettato le promesse: diventata in pochi giorni un piccolo cult, Galavant ha proposto una commedia leggera, a volte leggerissima, ma piena di piccoli tocchi di classe. Lo spettatore più distratto si è goduto qualche bel numero musicale e la comicità sciocca e un po’ infantile di molti personaggi, ma quello più attento ha apprezzato l’anima profondamente parodica e metatestuale, le azzeccate guest star, i testi deliziosamente dissonanti con l’ambientazione. Per capirci, a noi più che le canzoni sono piaciuti i personaggi annoiati dalle canzoni.
Insomma, buona parte di noi si è avvicinata con diffidenza a questo prodottino stupidino, salvo poi rimanere invischiati in un’operazione di (usiamo classiche parole da Rai Uno) “intrattenimento intelligente”.
Bene, bravi, bis.
Ecco, il problema vero è che forse il bis non ci sarà. Manca ancora l’ufficialità, ma i siti americani che ne sanno a pacchi danno Galavant praticamente cancellata, e questa è la notizia che non volevamo sentire.
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Da un certo punto di vista la cosa potrebbe non stupire: nata per coprire il mese di vacanza di Once Upon a Time, Galavant sembrava avere da subito i caratteri del “riempitivo”, del divertissement, dell’una tantum fatta per mettere una ciliegina sul palinsesto annuale.
Allo stesso tempo, gli ascolti non sono riusciti a dare quel boost in più che avrebbe garantito un rinnovo a prescindere da qualunque idea iniziale del network: partita molto forte – quasi sette milioni e mezzo di spettatori – Galavant ne ha persi subito tre con la seconda coppia di episodi, per poi stabilizzarsi. Segno, forse, che troppe persone l’hanno iniziata per curiosità senza però esserne davvero attratti, cosa che invece è successa ai (troppo) pochi intenditori che sono rimasti lì.
Il problema ulteriore, per noi, è che sotto sotto gli autori ci credevano: il finale di Galavant è completamente aperto, c’è un cliffhanger piuttosto importante che lascia i nostri protagonisti divisi e ognuno con i suoi bei problemi. Il che renderebbe ancora più doloroso il distacco, visto che è la stessa narrazione interna alla serie a essere pensata per un rinnovo che forse non ci sarà.
Le parole finali del menestrello, che col solito, delizioso piglio meta canta di seconde stagioni e dati d’ascolto, suonano così ancora più beffarde e malinconiche: sì amico mio, sei sopra la media, ma forse non basta.
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Anzi, forse essere sopra la media, da un certo punto di vista, è stato pure dannoso. Senza raccontarci le solite storie piagnone tipo “stupidi americani generalisti, non capite niente “ (frase che rischia sempre di dimenticare gli otto anni di House su una generalista, tanto per fare un esempio), bisogna riconoscere che una serie come Galavant, così particolare e diversa dal solito, sembrava stonare meravigliosamente in un palinsesto tradizionale come quello di ABC.
Se ricordate, nella recensione del pilot avevo espresso una certa perplessità sul fatto che il pubblico di Once Upon a Time (serie puccettosa e paraculissima) potesse gradire anche una presa per i fondelli come Galavant. I primi dati mi avevano smentito, ma purtroppo i successivi no.
A questo punto non ci resta che aspettare, sperando nel miracolo. E se miracolo non dovesse arrivare, speriamo almeno che a qualche anima buona venga voglia di cacciare fuori un tv movie che concluda la storia. Per quel che vale, gliene saremmo grati.
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