The Walking Dead 5 Midseason finale – Manco in ospedale uno può rilassarsi di Diego Castelli
Sei mai stato così incazzato da assaltare uno con delle forbicine da unghie?
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OVVIAMENTE È PIENO COSÌ DI SPOILER!
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Questo fatto che ormai The Walking Dead fa due stagioni all’anno un po’ mi spiazza. Sì, possiamo anche dirci che è la stessa stagione spezzata in due, formalmente è così, ma se poi ogni metà è costruita in questo modo, con inizio chiaro e fine chiara, un discorso e una storia sviluppati e conclusi, e un cliffhanger nemmeno troppo appeso ma più che altro amaro e triste, allora tanto vale chiamarli “season finale” e via.
Se dovessi fare un confronto tra la prima metà dell’anno scorso e quella di quest’anno, quest’ultima vincerebbe a mani basse. Dodici mesi fa concludevamo un gruppo di episodi tutto incentrato sulla prigione e la malattia, che ci avevano lasciati sempre ben disposti ma un filino provati. Quest’anno gli autori hanno messo molta più carne (morta) al fuoco. La chiesa e padre Gabriel, l’inutile strada verso Washington, l’ospedale. Pure troppa roba, volendo, considerando che alcuni elementi sono sembrati bisognosi di un approfondimento ulteriore che ancora non s’è visto (e qui torniamo al fatto, bisogna impegnarsi per ricordarlo, che non abbiamo visto tutta la stagione).
Visto che non ha molto senso ripetere i soliti ragionamenti sui grandi temi di The Walking Dead – che comunque rimangono quelli, quindi tanto vale che andate in alto, dove c’è la barra di ricerca, scrivete “The Walking Dead” e vi leggete un po’ di vecchie recensioni – a sto giro vi dico direttamente cosa mi è piaciuto e cosa no.
Se parliamo della mezza stagione nel suo complesso, padre Gabriel è certamente un ottimo innesto. Intendiamoci, ci fa schifo, proviamo fastidio e ribrezzo per lui e la sua vigliaccheria, resa ancora più odiosa da quel collarino bianco che, per chi se lo mette, dovrebbe significare qualcosa di più che piangere e scappare sempre. Allo stesso tempo, però, è proprio la sua capacità di suscitare emozioni profonde che lo rende un personaggio efficace. Emozioni che non sorgerebbero se non ci fosse almeno un po’ di identificazione con lui: diciamolo, tutti amiamo pensare che in caso di apocalisse zombie saremmo tra i sopravvissuti, a spaccare crani usando macheti e a negoziare ostaggi con i cattivi di turno. Ma se ci guardiamo ben bene allo specchio, molti di noi – me compreso – si renderanno conto che in caso di apocalisse zombie semplicemente ce la faremmo sotto dalla mattina alla sera. Ecco, Gabriel è tipo il personaggio più normale e realistico visto finora in The Walking Dead: uno che se i morti cominciano a camminare e a mangiare la gente prima di tutto urla e corre.
In questo senso è giusta la decisione di salvarlo, anche se sarebbe stato godurioso vederlo morire fuori dalla sua chiesa dopo che lui in passato ha sbarrato fuori gente innocente: meglio così, ha ancora qualcosa da dare.
Cose da dare che evidentemente Beth non aveva più, visto che alla fine ci rimane secca. Immagino che la sua morte abbia suscitato reazioni contrastanti, non fosse altro per il fatto che sono stati mossi mari e monti per andarla a prendere, e poi in pratica si suicida come una scema. Ecco, se parliamo di cose buone e cose meno buone, trovo in primo luogo assolutamente accettabile che Beth sia morta. Innanzitutto perché sono saltato sulla poltrona, il che è sempre un effetto richiesto e preteso da The Walking Dead. E in secondo luogo perché perfettamente coerente con l’approccio che la serie porta avanti da cinque anni: credevate che il semplice fatto che a Beth fossero cresciute le palle fosse un motivo valido per salvarla? Ma va, se c’è una cosa che TWD ci ha insegnato è che nel suo mondo anche quando ti impegni al massimo può comunque andare tutto a puttane. Non c’è speranza, non c’è redenzione, al massimo c’è un po’ di culo ogni tanto.
Culo sul quale Rick sembra non voler più contare, e qui arriviamo alla terza delle più importanti “buone cose”.
Rick non è un personaggio simpatico. Primo perché non ride mai e ha sempre quella faccia da cane bastonato. Secondo perché Andrew Lincoln lo interpreta sempre in modo carichissimo, una scelta che è diventata marchio di fabbrica ma che ogni tanto scivola inesorabilmente nella macchietta. Detto questo, però, dopo cinque anni possiamo dire serenamente che Rick è il personaggio che più si è sviluppato, che più è cambiato, che più ci ha dato quel senso di umanità persa che è da sempre tema centrale della serie.
Per dirla semplice, Rick è ormai diventato Shane. Tutto quello che in Shane “non andava”, il suo pragmatismo, la sua violenza, la sua disponibilità a fare sempre quel che va fatto a prescindere da qualunque etica, è ormai patrimonio totale di Rick, che dopo aver combattuto l’amico incattivito ne ha seguito paro paro le orme, diventando uno spietato killer di vivi. La scena iniziale, con lui che insegue la guardia inerme e impaurita per poi investirla e spararle in fronte, è forse il punto più basso mai raggiunto dal Grimes, anche peggio di quando aveva massacrato i cannibali come se stesse mietendo il grano. Ormai anche Daryl quando lo guarda sembra dirgli “oh zio, ma stai bene?”
A fronte di questi aspetti positivi, a cui se ne potrebbero aggiungere altri (il povero, bastardissimo Eugene, le emozioni di “No Sanctuary” ecc ecc), ci sono poi alcuni passaggi più deboli. Il fatto che Michonne sia da troppo tempo un personaggio quasi accessorio mi infastidisce, così come trovo che la storia dell’ospedale meritasse un maggiore approfondimento: si è trattato di un modo nuovo di concepire la sopravvivenza come l’abbiamo vista finora, lontana dal capo carismatico e divisa invece in una pluralità di soggetti tutti mossi da interessi personali ma che, proprio in virtù di essi, riescono a tenere un precarissimo equilibrio. Mi è parso che alcune delle cose più interessanti su queste dinamiche siano state dette proprio in questo finale, che però sembra anche essere la conclusione della storia legata a queste persone e questi luoghi.
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Ma se devo trovare la cosa meno efficace è, paradossalmente, proprio la messa in scena della morte di Beth. L’evento è di quelli importanti, e le sue conseguenze saranno pesanti (Maggie ne uscirà devastata, Daryl sant’Iddio piangeva). Ma sono proprio quei due minuti, per come sono costruiti, a lasciare un po’ di amaro in bocca. Tutto bene fino allo scambio dei prigionieri, perfino benissimo quando Dawn dice quel “I knew you’d be back” che ci dà perfettamente il senso della sua “malvagità” (passatemi il termine un po’ disneyano) dopo che negli ultimi tempi eravamo quasi arrivati a provare affetto per lei.
Poi però Beth la attacca con delle forbici da manicure e si fa ammazzare.
Eh sì, semplice così. Ma dai su, davvero hai fatto sta cazzata? Il suicidio dichiarato era l’unica strada possibile? E voi, autori, sul serio non c’era un modo più intelligente di farla morire?
Dopo quell’istante di totale pochezza, violentemente immotivato, le cose migliorano subito, perché c’è tanto gusto in Daryl che spara direttamente sulla faccia incredula di Dawn. E poi però si riscende di nuovo, quando nei primissimi secondi dopo la morte di Beth Rick è già lì che mercanteggia. Capisco che far partire la sparatoria totale nel corridoio avrebbe ucciso troppi protagonisti, ma il ritorno pressoché immediato del sangue freddo mi è parso davvero forzato.
Insomma, un momento assai potente, di riunificazione e di chiusura di molte linee narrative, che però è stato gestito in modo meno preciso rispetto a quanto siamo abituati. E dico così considerando che a TWD voglio bene, perché potrei semplicemente dire che quella scena, nel complesso, l’han girata proprio a cazzo di cane.
Ad ogni modo un inciampo del genere, seppur vistoso, non cancella le altre cose buone viste in questi otto episodi. Rimaniamo in paziente attesa di febbraio, tanto ormai sappiamo tutti qual è la questione che ci sta veramente a cuore:
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PS Un saluto ad Annalisa che ci ha scritto in privato perché la morte di Beth l’ha fatta incazzare e doveva dircelo subito. Vero che non siamo d’accordo, ma qui apprezziamo sempre l’entusiasmo :-)