Sons of Anarchy, pronti per la devastazione finale? di Marco Villa
Dopo aver girato a vuoto per diverse puntate, Sons of Anarchy è pronta per il gran finale.
SPOILER ALERT: NON LEGGETE SE NON AVETE VISTO LA PUNTATA S07E10
Si può dire: è iniziata la settima e ultima stagione di Sons of Anarchy. Sì, lo sappiamo che in teoria mancano tre puntate al termine e che il primo episodio è andato in onda esattamente due mesi fa, ma sappiamo anche che fin qui le cose non sono andate come avremmo immaginato e sperato. Parto da qui, dalla delusione, perché il finale di questo post, ovviamente, lo scriverò saltando sulla scrivania dall’entusiasmo.
Partire da qui significa dire che metà degli episodi visti fin qui di Sons of Anarchy è stata inutile. Kurt Sutter voleva mostrare la perdita totale di controllo e di visione da parte di Jax Teller, distrutto dall’uccisione di Tara. Dopo la morte della moglie, l’unica cosa cercata dal boss di SAMCRO è la vendetta e nulla può distoglierlo da questo obiettivo. Tutte le sue scelte sono impulsive e senza pensiero: Jax vuole sangue, punto e basta. E sangue ottiene, perché veniamo messi di fronte a una carneficina senza precedenti. I Sons of Anarchy hanno sempre ucciso tanto, ma mai a caso. Qui invece ammazzare gente diventa roba di routine, come accendersi una sigaretta. Come detto, questo agire a caso è pienamente giustificato parlando di Jax, ma non lo è per gli altri boss. Eppure tutti iniziano ad agire a caso: in una serie in cui il non fidarsi di nessuno è sempre stato uno dei punti fissi, di colpo basta dire due parole e tutti iniziano a credere senza problemi. L’esempio più grosso è come Jax riesce a incastrare tutti i cinesi con due semplici frasi, uno dei momenti più imbarazzanti di tutta la serie. Altro aspetto buttato a caso è Juice, una specie di criceto che gira inutilmente sulla sua ruotina.
Sons of Anarchy si riprende con l’ingresso di Moses Cartwright (interpretato da Mathew St. Patrick, ovvero Keith Charles di Six Feet Under) e con il sequestro di Bobby. Detta in altri termini, si riprende con il ritorno della razionalità: dopo sei puntate in cui nulla avviene secondo logica, August Marks ci mette tre secondi a ricordare a tutti come Sons of Anarchy sia sempre stata una partita a scacchi tra le varie gang. Il sequestro, le torture e l’uccisione di Bobby sono il punto di svolta della stagione dal punto di vista emotivo, ma anche narrativo, perché di colpo la serie torna sui suoi binari. Il primo a guadagnarci è proprio Jax, che torna a essere lo stratega di sempre e nell’arco di due puntate riesce a incastrare prima August Marks e poi il suo scagnozzo mutilatore.
Guardando l’andamento di questi dieci episodi, la sensazione è che, dopo i due botti dello scorso anno (le morti di Clay e Tara), Kurt Sutter si sia trovato un po’ a corto di materiale di fronte alle ultime tredici puntate di Sons of Anarchy e abbia deciso, suo malgrado, di farla girare a vuoto per circa metà stagione. Non è la prima volta che accade una cosa simile: era già successo nella terza stagione, quella in cui non succedeva nulla di sensato prima della partenza del club per l’Irlanda.
La cosa positiva è che si può assolutamente dire che ora Sons of Anarchy è partita alla grande. Le ultime quattro puntate si piazzano tra le migliori in assoluto della serie per tensione, sviluppo e accadimenti e la decima si impone come un piccolo capolavoro. Una puntata densissima, in cui trovano posto scene cruente come l’uccisione di Moses Cartwright e dialoghi intensi come quello tra Tig e Venus. Senza dimenticare il finale di puntata: quella ambientata a casa di Jax è una delle scene più cariche di tensione di tutta la serie. Sappiamo che Abel sta per dire al padre quello che sa su Gemma: lo sappiamo dall’inizio della puntata, ma Sutter riesce a far crescere l’attesa con un’abilità devastante, avvicinandosi diverse volte al momento, per allontanarsene pochi istanti dopo. Fino al finale, che fa svoltare non solo la stagione, ma tutta Sons of Anarchy. Perché adesso sono cazzi. Di Jax, di Gemma e delle nostre coronarie.