24 Ottobre 2014 6 commenti

Jane The Virgin: la serie simpatica a cui volere un po’ bene di Diego Castelli

Niente di clamoroso, ma di Jane The Virgin non si può parlare male

Copertina Pilot, Pilot

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Altro giro altro pilot: stavolta tocca a Jane The Virgin, nuova serie di CW e uno dei concept più curiosi dell’autunno americano (e dico americano perché in realtà la serie deriva da una telenovela venezuelana del 2002).
Si racconta di Jane Villanueva (Gina Rodriguez), cameriera latino-americana abitante a Miami con mamma e nonna. Jane lavora in un albergo ed è molto religiosa, tanto che punta ad arrivare vergine al matrimonio col fidanzato Michael. Poi non pensate a una suora eh, il fidanzato se lo slinguazza di gusto. Però ogni volta lo ferma perché non si può andare avanti, e lui torna a casa coi testicoli bluastri.
Una vita normale insomma, pure noiosa, se non fosse che a un certo punto una ginecologa commette un tragico errore: causa uno scambio di cartelle, invece di farle un pap test le pratica un’inseminazione artificiale che la lascia illibata e contemporaneamente incinta. Tipo la sfiga più clamorosa dell’universo.

Potete ovviamente immaginare il caos che ne segue, un caos potenziato da un fitta rete di connessioni incrociate: il padre del bambino è casualmente il capo di Jane (Justin Baldoni) nonché sua vecchia cotta adolescenziale;  la ginecologa è la sorella di lui; la moglie del capo, teorica madre adottiva del futuro pargolo, tradisce il marito e punta ai suoi soldi, e il fidanzato di Jane lo sa. E nel frattempo il padre della protagonista, che lei non ha mai conosciuto, è pronto a tornare sotto una veste assai particolare.

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Bastano pochi minuti  per rendersi conto dell’approccio scelto per Jane The Virgin: siamo tra Desperate Housewives e Devious Maids, con un po’ di Ugly Betty. Un misto di comicità e dramma che giustifica il concept un po’ assurdo ma lascia spazio per il romanticismo e un po’ di apprensione familiare. La pasta latineggiante (tipo che la nonna parla solo ed esclusivamente spagnolo) dà poi quel tocco meticcio che è la classica cosa che può piacere un botto o infastidire dopo tre minuti.

Mi sembra che la forza della serie, ben accolta dal pubblico di CW e dei critici, sia proprio qui: nell’usare meccanismi tipici della telenovela rimanendo però su un livello più leggero e divertente, soprattutto senza prendersi troppo sul serio.
Vorrei essere chiaro: le serie “davvero belle” sono altre, e Jane The Virgin non sembra in grado di andare molto al di là dell’onesto intrattenimento in pantofole. Però le va riconosciuta la volontà di offrire allo spettatore un piatto molto ricco – magari pure troppo – in cui si legge l’intelligenza di chi sa giocare con stereotipi narrativi ben conosciuti da un pubblico che, proprio per questo, può apprezzarne il rimescolamento autoironico.
E a me le serie oneste, che non cercano di prenderti per il culo, mi ispirano sempre simpatia, anche se magari non fanno parte dei miei generi preferiti.

Perché seguirla: per la freschezza del concept e della messa in scena, e per la capacità di mettere mescolare un sacco di spunti diversi.

Perché mollarla: al di là del genere, che può piacere o no, rimane il fatto che Jane The Virgin non è una serie che “spacca”. Sta lì, è carina e simpatica, ma non molto di più. Se a Serial Minds dessimo i voti le darei sei e mezzo, magari sei al sette.

Argomenti jane the virgin, the cw


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