Masters of Sex season 2: commentino finale dai di Diego Castelli
Chiudiamo i conti con una seconda stagione buona, ma un po’ sotto
Sono giorni un po’ frenetici, tra mille mila serie da guardare e da scrivere, ma ci tenevo a un ultimo commento sulla seconda stagione di Masters of Sex.
Il season finale dell’anno scorso aveva lasciato i fan con gli occhi a cuoricino, e il primo episodio di quest’anno lasciava intendere un’ulteriore accelerazione sulla componente drama. Questo però creava un tremendo sospetto: non è che adesso diventa una telenovela clamorosa e lacrimevole, cancellando quel bel bilanciamento di scienza e passione che tanto era piaciuto nella prima stagione?
Perché sì, la storia d’amore tra Bill e Virginia è assolutamente centrale, ma non è che il buon vecchio William abbia proprio la faccia da teen drama, quindi togliergli la fredda scienza in nome delle paturnie amorose non sembrava l’idea migliore del mondo.
Alla fine, da questo punto di vista, gli autori hanno seguito una specie di strada a metà: gli studi sul sesso non sono usciti di scena, ma sono stati in qualche modo ripiegati sullo stesso dottor Masters e, in parte, sulle persone a lui più vicine.
Per dirla con Aristotele: a Bill non gli diventa duro.
Lo spostamento di indagine dalle caratteristiche di base del sesso ai suoi problemi e disfunzioni serve da una parte a creare nuovi problemi nel triangolo Bill-Virginia-Libby (con i due piccioncini impegnati a trovare un modo per tirarlo su, e la moglie in qualche modo spinta a trovarlo altrove), e dall’altra a influenzare un altro dei temi “nuovi” della stagione, cioè la promozione all’esterno dello studio di Masters & Johnson.
Il risultato, giusto per non tirarla troppo in lungo, è stato altalenante.
Ciò che è stato “messo” andava bene: non solo il complicarsi della storia tra Bill e Virginia (che ha toccato vette emozionali piuttosto elevate) ma anche certi elementi di contorno come la comparsa del fratello di Bill con relativi casini (l’alcolismo, i dolorosi ricordi del padre manesco ecc); o l’avventura black di Libby, le cui conseguenze prettamente sessuali non offuscano un percorso preciso fatto dal personaggio; oppure i problemi matrimoniali di Betty. Buona anche la vicenda del povero Lester, anche lui inabile al coito che riesce in qualche modo a trovare una forma di romanticismo ancora tutta da esplorare. E interessante, ultima ma non per importanza, tutta la questione del documentario, appassionante da seguire ma anche curiosa dal punto di vista storico-televisivo.
Se però quello che c’era andava bene, la mancanza di ciò che è stato “tolto” si è sentita fin troppo.
Lo spostamento sempre più personale della ricerca scientifica ha calato una pressante cappa di pesantezza sui due protagonisti, di fatto togliendo quella componente di leggerezza, a volte persino di buffa comicità, che nella prima stagione spuntava fuori nei momenti più impensati. Quest’anno le uniche deviazioni più leggere sono state affidate al dottor Langham, impegnato a farsi trattare da uomo-oggetto, ma non ci pare sia stata una mossa sempre funzionante.
Idem per la quasi completa sparizione di Barton e famiglia: dopo un inizio da cuore in gola, la stagione li ha persi di vista (non ho capito se per questioni extratelefilmiche) e la loro mancanza si è sentita molto, proprio perché la loro era una vicenda estremamente ben costruita ma tutto sommato distante da quella dei due protagonisti, che così ogni tanto potevano tirare il fiato.
Insomma, la sensazione è stata quella del “gradino sotto”. La prima stagione di Masters aveva colpito per la capacità di intrigare lo spettatore con mezzi anche piuttosto primitivi (Lizzy Caplan costantemente nuda è uno di questi), mantenendo però una qualità molto alta un po’ dappertutto, buttandoci dentro un mondo storico-pruriginoso attentamente ricostruito e pieno di passione.
Al secondo giro, calato inevitabilmente l’effetto-novità, la serie ha cercato di viaggiare sul sicuro, spalando badilate di problemi su protagonisti cui ormai siamo affezionati, dimenticando però che una buona dose dell’amore per lo show veniva anche da certi dettaglini curiosi che quest’anno, invece, sono un po’ mancati.
Vedremo come andrà l’anno prossimo. D’altronde, finché si vede Lizzy Caplan che fa le cosacce, noi siamo qui.
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