Stalker, la serie tv con l’attore più cane in circolazione di Marco Villa
Ecco Stalker, ovvero una serie tv bruttina trascinata a fondo da un protagonista pessimo
Non so se lo faccia ancora, ma una volta Stefano Disegni, nella sua tavola finale su Ciak, quando raccontava i film con Monica Bellucci ritraeva la neo-cinquantenne umbra come un cane che, invece di recitare le proprie battute, faceva solo bau bau. Ecco, se io fossi in grado di disegnare giusto un filo meglio di un bambino in prima asilo (“prima asilo” mi piace un botto) farei lo stesso con Dylan McDermott. Non sono in grado, quindi per parlare di Stalker debbo limitarmi a una foto.
Stalker è la nuova serie tv di Kevin Williamson e va in onda su CBS dal primo ottobre. Protagonisti Maggie Q (già Nikita, oltre che bellezza totale) e – appunto – Dylan McDermott, l’uomo che ti fa rivalutare le doti attoriali di mezzo cinema italiano. Stalker parla di un’unità della polizia di Los Angeles che si occupa – boooom – di stalker. Nel pilot seguiamo il personaggio di McDermott arrivare nel nuovo posto di lavoro e, insieme alla sua nuova capa, indagare su un caso di stalking, in cui il cattivo va in giro con una maschera da serial killer e dà fuoco alla propria vittima. Eh sì, perché è pur sempre una serie di Kevin Williamson, che è Mr. Dawson’s Creek, ma anche e soprattutto Mr.Scream e – negli ultimi tempi – Mr.The Following, ovvero uno a cui piace l’horror, ma solo come giochino superpop da infilare in ogni situazione possibile.
Voglio togliermi il pensiero e dirlo subito: Stalker è una serie brutta, senza veri motivi di interesse e totalmente prevedibile. Il fenomeno dello stalking è molto interessante e poco battuto, ma questa serie tv lo affronta nel peggiore dei modi: lo stalking è una cosa fatta di piccole torture quotidiane, di un crescendo continuo di ossessione e persecuzione. Si tratta di un fenomeno che si sviluppa nel tempo e che proprio nella sua durata trova la sua massima crudeltà. L’ideale sarebbe quindi una serie orizzontale, in cui viviamo un aumento di angoscia e tensione. Non è così: Stalker è una serie verticale, in cui l’unità risolve un caso a puntata. Ovviamente in quaranta minuti, tra una menata e l’altra, non c’è tempo per costruire nulla: vittima e aguzzino vengono mostrati nel pieno della tragedia, al punto che la prima scena del pilot ci mostra già l’attacco finale dello stalker nei confronti del suo bersaglio.
E ancora: come detto, lo stalker della prima puntata va in giro con una maschera e il suo scontro con la vittima sembra uscito da Scream, rendendolo un cattivo come tanti. Messa giù in questo modo, la serie ci propinerà ogni settimana personaggi diversi, ma una storia fondamentalmente simile: anche Criminal Minds è la storia di un’unità speciale monotematica, ma la figura del serial killer permette mille storie differenti. Qui, di base, c’è sempre una persona che ne perseguita un’altra. Un po’ due palle, no?
Ma non è tutto. Stalker, ovvio, ha anche una componente orizzontale, che riguarda i due personaggi principali. Questa componente è la più banale e stracciacoglioni della storia: lei è stalkerata, lui è uno stalker. Capito? I grandi detective sono bravissimi perché entrambi vivono quella situazione dal di dentro. E poi addirittura uno di loro è in realtà un pazzo maniaco. No, incredibile. Che coraggio, che potenza questa serie.
Terminato il discorso sulla serie in quanto tale, è il momento di aprire l’amarissimo capitolo Dylan McDermott. Per dirla facile, Dylan McDermott è un cane. È il peggior attore attualmente in circolazione, uno incapace a talmente tanti livelli da richiedere un pallottoliere per contarli tutti. Come già detto, McDermott risulterebbe il più cane anche nella pubblicità della Friskies. Totalmente inespressivo, ha una recitazione monocorde che gli impedisce qualsiasi cambio di registro. È una specie di ronzio di sottofondo, sempre uguale e sempre fastidioso. Faceva pena in American Horror Story e Hostages, ovviamente fa pena anche qua. Fossimo in Italia diremmo che è il parente di qualche vecchio senatore DC, essendo in America magari prima o poi si scoprirà che è il figlio segreto di Reagan. Queste righe su McDermott, oltre che molto soddisfacenti da scrivere, sono necessarie, perché va detto che il pessimo Dylan è l’elemento che trascina definitivamente a fondo una serie di per sé bruttina, che non avrebbe certo spiccato, ma che si sarebbe potuta salvare, se solo avesse avuto un protagonista normodotato e non questa specie di totem senza nemmeno poteri magici. Stalker è inutile, Dylan McDermott è il MALE.
Perché seguirla: per Maggie Q che è notevole e perché vi piacciono le cose prevedibili
Perché mollarla: perché Rin Tin Tin è veramente pessimo