27 Agosto 2014 28 commenti

True Blood Series Finale – Vampiro è eterno finché dura di Diego Castelli

HBO saluta i vampiri, tra commozione e qualche errore pacchiano

Copertina, On Air

True Blòood seria finale
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ATTENZIONE! PIENO DI SPOILER SUL FINALE DI TRUE BLOOD!
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E fu così che finì anche True Blood. E per quanto siano in molti, me compreso, a dire che sette stagioni sono state troppe, l’addio a una serie così longeva scalda sempre un po’ il cuore, come dire addio a un vecchio amico con cui avevi cominciato a litigare, ma a cui in fondo volevi ancora bene.

Partiamo subito dal finale, e da quello che non va. Perché se il calo di True Blood nel corso degli anni è stato abbastanza evidente – storie meno ficcanti, eccessiva ripetizione di temi triti e ritriti, sbandate davvero troppo inverosimili – l’ultimo episodio non è riuscito a scrollarsi di dosso le pesantezze accumulate negli anni.
Soprattutto, la concentrazione finale sulla storia Bill-Sookie (che pure ho apprezzato per un altro motivo di cui parlo dopo) ha fallito miseramente a causa di un problema di base che gli autori non sono riusciti a eludere: l’impianto concettuale e filosofico su cui poggia la decisione di Bill fa acqua da tutte le parti.

Bill dice che rinuncia alla cura per l’epatite V perché vuole lasciare Sookie libera da una relazione e da un vincolo quasi soprannaturale (anzi, senza quasi) che le impedirebbe di vivere la vita che ha sempre desiderato. Bill fa anche accenno al fatto di sentirsi in qualche modo passato di moda, come se il suo posto foste effettivamente accanto alla sua famiglia, morta secoli prima. Ma la spiegazione del suo gesto, come si evince anche dai pensieri letti magicamente da Sookie, è proprio quella di liberare la bionda fatina da ogni vincolo futuro.
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True Blòood seria finale (3)

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Ebbene, questa impostazione, su cui si basa (o dovrebbe basarsi) tutta l’emozione dell’episodio e del tragico addio, semplicemente non sta in piedi.
Paradossalmente, se Bill avesse detto “sono stanco di essere ancora vivo, voglio morire” avremmo potuto capirlo di più. O meglio, avremmo dovuto accettare che il nostro essere mortali non ci permette di capire le dinamiche interiori di uno che è sulla Terra da due secoli.
Invece no, Bill la butta sull’amore e sulla volontà di liberare Sookie dalle catene del destino. Ecco, siccome invece l’amore l’abbiamo sperimentato più dell’immortalità, sappiamo bene che ci sta dicendo cazzate. Sookie vuole stare con lui, e non si riesce davvero a capire il motivo per cui Bill dovrebbe negarle questo amore.
Andiamo per punti:
-Sookie vuole una famiglia, ma tu non puoi darle figli? Mai sentito parlare di uomini sterili? Fecondazione eterologa? Adozione? No eh…
-Credi forse che una relazione tra un vampiro immortale e (quasi) umana mortale sia un problema? Peccato che poi fai da testimone al matrimonio tra una vampira e un umano. Per loro i tuoi problemi con Sookie non valgono?
-Credi che Sookie voglia essere pienamente umana, e ok. Ma poi quando si tratta di diventarlo, lei decide di rinunciare, perché in fondo vuole rimanere fata. Quindi, ragazzo, fatti delle cazzo di domande.
-Hai paura di perdere ancora una volta la persona che ami? Ma sant’iddio, devo ancora tirare fuori il mio vecchissimo post su serial minds per dire per la centesima volta che essere vampiri è una figata colossale? Cazzarola, trasformala e vivete felici per l’eternità!
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In questo senso, tutto sto dramma costruito da Bill perde facilmente qualunque spessore emotivo, trasformandolo niente più che in un menoso musone che vuole fare l’eroe tragico a tutti i costi. E l’ultima scena dell’episodio, con Sookie e il nuovo misterioso compagno impegnati in una cena all’aperto piena di vampiri, suona come una beffa, piuttosto che come un finale idilliaco. Sfido chiunque a convincermi che in quel quadretto non potesse esserci anche Bill, come ci sta Jessica, l’altro vampiro che va con Lafayette, e via dicendo.
Ecco allora che la morte sanguinolenta di Bill, questa sì in pieno stile True Blood, dovrebbe essere un misto di splatter e commozione, ma invece suona un tantino ridicola, per le modalità a cui ci si è arrivati.

Detto ciò, questo finale non propriamente azzeccatissimo non mi porta a buttare via tutta la stagione. Questo perché ho apprezzato la volontà degli autori di costruirla effettivamente come un lungo addio. Non c’è stata la smania per un’altra sottostoria importantissima, che spesso colpisce altre “ultime stagioni” trasformandole in pastrocchi troppo densi in cui il senso del distacco viene condensato in cinque minuti finali. No, questa stagione di True Blood si è presa il suo tempo per restituire il verso senso della perdita, evitando una trama troppo complessa e riannodando tutti i fili rimasti aperti. La chiusura della storia Bill-Sookie è molto corretta, in questo senso, anche se non mi sono piaciute le modalità. Stesso discorso per Jessica-Hoyt, che invece sono tanti carini e mi fanno venire gli occhi a cuoricino. Anche Jason trova la sua strada, così come Lafayette e Sam.
Magari è tutto un po’ troppo family-oriented, troppo mulino bianco, considerando di che serie stiamo parlando, ma in fondo non è nemmeno troppo incoerente con la storia di True Blood, in cui la famiglia è sempre stata considerata un valore importante (si pensi al rapporto tra Sookie e Jason, al costante ricordo della nonna, ai casini creati dalle azioni passate dei genitori; e poi Tara con sua madre, Arlene e i suoi figli, ecc ecc).

Al netto di queste attenuanti, rimane la sensazione che True Blood dovesse finire molto prima. Prima di perdere l’appeal delle sue storie per diventare un semplice accumulo di scene trash (che però mi son sempre visto volentieri); prima che Sookie diventasse la gemella soprannaturale di Meredith Grey, una creatura che è quasi impossibile non odiare; prima che i suoi rapporti con licantropi e mutaforma cancellassero ogni possibile spiegazione sul perché tutti gli uomini vogliono farsela (almeno con i vampiri si poteva dire che aveva il gustosissimo sangue di fata). Insomma, “prima”.
True Blòood seria finale (4)

Allo stesso tempo, però, non mi va di chiudere in amarezza. Perché se è vero che i finali non perfetti e un po’ sofferti possono lasciare infastiditi, allo stesso tempo credo sia mio dovere immaginare cosa sarà di me fra dieci anni, quando ripenserò a True Blood sapendo che quello che sto scrivendo è probabilmente l’ultimo articolo di Serial Minds dedicato alla serie.
E sì, mi ricorderò che l’avevano tirata troppo in lungo, ma ricorderò anche che Alan Ball e compagnia ci hanno regalato gente come Eric Northman (felicissimo che sia ancora vivo e in salute, a succhiare l’anima a quella stronza di Sarah), Russell Edgington, Lafayette (poco sfruttato negli ultimi tempi), Tara Thornton, Pam (Pam! Grande Pam…), quella gnocca totale di Jessica, il buffo e simpaticissimo Jason Stackhouse.

Insomma, la storia di True Blood è fatta di molti alti e altrettanti bassi, e non sarebbe intellettualmente onesto nasconderne le sempre più evidenti mancanze. Ma lasciarci male no, dai, questo non se lo merita.

Farewell my vampire friends, ci siamo divertiti.
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True Blòood seria finale (5)



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