Selfie, una serie tv scritta male e pure moralista di Marco Villa
Selfie non solo è scritta da cani, ma si mette anche a fare la morale come il peggior parroco di provincia
Non è facile provare a fare ironia su fenomeni del presente, non è per niente facile. Il motivo principale è che stanno ancora accadendo, fanno parte della vita di tutti i giorni e riuscire a trovare il giusto distacco per criticarli e prenderli in giro è un’operazione molto complessa. Oggi parliamo di una serie tv che si chiama Selfie. Capito il motivo dell’introduzione?
Selfie è una serie tv che andrà in onda su ABC dal 30 settembre, ma il cui pilot è già disponibile in pre-air. L’ha creata Emily Kapnek (creatrice di Suburgatory e nel giro di Parks and Recreation) e si pone come obiettivo un adattamento liberissimo di My Fair Lady. La storia: Eliza Dooley lavora come commerciale in un’azienda farmaceutica. Dopo aver passato un’adolescenza da sfigata e da non-cagata, ottiene la sua rivincita grazie ai social network: migliaia di follower, caterve di like e conseguente ossessione per la propria immagine online. Una figura di merda epocale nella vita reale (si parla di vomito: deligatissimo) la costringe però a riconsiderare le proprie priorità (scusate, non ho resistito, ho sempre sognato di scrivere “riconsidereare le proprie priorità”, non è una perifrasi orrenda?) e ad affidarsi a un collega creativo per diventare una signorina a modino.
Selfie è una comedy in cui si possono trovare un po’ di battute divertente e qualche trovata carina, soprattutto a livello grafico. Ecco, ho finito con i commenti positivi, perché a parte questa riga genericissima, da qui in avanti troverete solo critiche, perché, di base, Selfie è una gigantesca occasione sprecata, una serie tv sviluppata veramente da cani. I motivi principali sono due.
Il primo è la protagonista. Non mi riferisco all’attrice (anzi, Karen Gillian è molto brava nel ruolo), quanto al personaggio, al modo in cui è scritto. Eliza viene definita da uno dei personaggi come “il miglior commerciale dell’azienda” e viene presentata nei primi minuti come una che è riuscita a costruirsi una propria credibilità online. Non sarà un premio Nobel, ma sembra comunque una brillante, intelligente. Questa caratterizzazione dura però meno di mezza puntata: da un momento all’altro, la scaltra maga dell’internet diventa una perfetta idiota, incapace di intavolare qualsiasi tipo di conversazione, fosse anche un semplice “come stai?”. Esatto, la stessa persona definita “miglior commerciale” poco prima.
Non solo: a un certo punto, Elisa si trova a un matrimonio, si annoia e si mette a giocare con l’iPhone in chiesa, lasciando attivi i suoni e facendo così un’altra figuraccia. Di nuovo: esatto, la persona sgamatissima con media e social network, per la quale l’iPhone è un’estensione corporea, si comporta da totale incompetente tecnologica. Possono sembrare rilievi di poco conto, da super-pignolo, ma per quanto mi riguarda sono falle grosse: alla fine della puntata, Eliza è un personaggio inesistente, cui gli autori hanno fatto fare tutto e il suo contrario, presentandola in un modo e poi passando venti minuti a dipingerla con toni e abitudini in totale contrasto. Un altro esempio? Lo stile nel vestire: per il suddetto matrimonio, Eliza deve cercare di vestirsi in modo meno appariscente del solito. Per riuscirci, chiede consiglio a delle ragazze che vivono nel suo palazzo. Ragazze che sono delle super-hipster, che vestono in modo ancora più appariscente di lei, solo con uno stile diverso. Ha senso tutto questo? No, è cattiva scrittura.
Fosse solo un problema di personaggio, si potrebbe tranquillamente aspettare qualche puntata, per capire se si sta parlando di un problema strutturale o solo di un brutto pilot. Peccato che sia solo il primo motivo di stroncatura e che il secondo sia ben peggiore. Il problema principale di Selfie è che è piena di moralismo, ma un moralismo falsissimo, a cui nemmeno gli autori riescono a credere. Il personaggio del pigmalione (interpretato dal sempre pessimo John Cho, ciao John) che deve rieducare Elisa è uno che considera internet e i social network il male del secolo e che odia le città perché tutti sono sempre attaccati al cellulare. Ogni sua battuta è all’insegna di questo pensiero, fatto che lo rende un rompicoglioni in tempo record, ma il moralismo è diffuso in tutta la serie, visto che la protagonista si rende responsabile di una battuta agghiacciante come “avevo millemila amici su Facebook, ma nessuno che fosse lì ad aiutarmi in quel momento di difficoltà”. O una roba del genere, scusate, non ricordo, ma ero troppo impegnato a tentare di non distruggere il computer in quel momento.
Dicevamo all’inizio: quando si vuole ironizzare su un fenomeno, bisogna essere in grado di trovare distanza e tono. Ecco: Selfie non ce la fa, ma proprio nemmeno un po’. Protagonista scritta da cani, co-protagonista insopportabile, moralismo invadente, nessuna capacità ironica. Per me finisce qui.
Perché guardarla: perché odiate i social network e rimpiangete i tempi in cui mandare sms era roba da pionieri tecnologici
Perché mollarla: perché certi discorsi moralisti vi fanno vomitare