Benedict Cumberbatch è il Male Assoluto. Ecco perché. di Diego Castelli
Lasciaci qualcosa brutto bastardo
Questo articolo non ha nulla di scientifico. Nessuna catasta di dati a supporto della tesi, pochi esempi portati come argomentazione, la concreta possibilità che sia tutto sbagliato.
Eppure, un terrore cieco e segreto serpeggia nella parte maschile del popolo nerd. Un terrore che non ha bisogno di conferme statistiche per tenerci svegli la notte.
Una volta le ragazze impazzivano per una specifica categoria di maschi che una felice formula definì “belli e dannati”. I “bad boys”, se vogliamo dirla all’inglese. Che si tratti di grandi divi del cinema o della musica (si pensi a James Dean, Marlon Brando, Mickey Rourke, il primo Johnny Depp, i Rolling Stones, Kurt Cobain), o che si parli del tamarro col motorino smarmittato, una buona quota di femmine ha sempre manifestato una netta preferenza per esponenti del genere maschile che tutto sembravano avere (talento, soldi, carisma) tranne che le qualità per essere dei buoni fidanzati.
Senza necessariamente andare a prendere quelli che le avrebbero menate, o che le avrebbero coinvolte in comportamenti pesantemente autodistruttivi, ogni nerd che si rispetti (occhialuto, spalle piccole, brufoli, una passione sfrenata per tutto ciò di cui a “lei” noi frega niente) ha nella sua storia la passione per una ragazza che non l’ha mai neanche cagato di pezza, salvo rivolgere le sue attenzioni a tipacci che nulla potevano fare se non trattarla male.
Questo atteggiamento assai diffuso è sempre fonte di massima frustrazione per il povero ragazzo emarginato, che vede l’oggetto del suo desiderio passare le pene dell’inferno insieme all’idiota di turno, quando lui sarebbe disposto a vendere due reni e stare in dialisi tutta la vita solo per vederla sorridere una volta o due nel corso della giornata.
Per la serie: “ma perché diavolo sta con quello lì, che la tratta così male, quando io ne farei la mia regina?”.
Una forma di masochismo sentimentale che raramente riesce a vedere l’ironia della situazione, il fatto cioè che il povero nerd si comporta esattamente come la ragazza, invaghendosi di chi non gli dà niente in cambio.
Allo stesso tempo, però, questo adagiarsi sul famoso stereotipo del “prendi una donna, trattale male” è anche la prima fonte di assoluzione per il giovane martire dei punti neri.
Sì perché proprio la passione della femmina per i malati di mente diventa anche la prima spiegazione (quasi psichiatrica) grazie alla quale il nerd tira a campare.
“Non c’è alcun problema in me, è lei che è stupida.”
Una presa di coscienza molto semplice, ma assai potente. Le ragazze sono masochiste, ma io non potrei mai far loro del male, nemmeno se questo mi consentisse di trombarmele tutte.
Bello, no? Molto nobile, molto consolatorio.
Questa dinamica esiste da millenni, e il divismo del ventesimo secolo l’ha semplicemente accentuata, resa più visibile.
Una dinamica, però, che sembra arrivata a un punto di non ritorno. Un punto nel quale tutto ciò che sapevamo viene stravolto, rendendo necessaria e urgentissima l’elaborazione di nuove impalcature concenttuali che consentano al nerd di sopravvivere in un mondo altrimenti troppo ostile.
Quel punto di non ritorno ha un nome e un cognome, un termine astruso che fa pensare a certi trattati filosofici della Germania ottocentesca: Benedict Cumberbatch.
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Il protagonista di Sherlock – basta guardare su una qualunque bacheca di facebook in questi giorni di Comic Con per rendersene conto – riesce a scatenare nei lombi femminili una frenesia riproduttiva degna dei grandi divi-bastardi del passato più o meno recente. Le ragazze impazziscono per lui, sarebbero più che disposte a dargli dei figli, e manifestano addirittura una sorta di insofferenza nei confronti delle sue “troppe” apparizioni in pubblico, come se vederlo troppo spesso causasse un problema retinico paragonabile a una prolungata visione diretta del sole.
Tale atteggiamento fa scattare in noi nerd sfigati una risposta ormai istintiva, ancestrale, che spinge a cercare rapidamente i maggiori difetti del pericoloso rivale, al fine di smascherarne i poteri ipnotici o, quantomeno, mettere in luce le mancanze cefaliche delle fan.
Purtroppo, però, basta davvero poco per rendersi conto – stupore, sgomento, paura – che a Benedict Cumberbatch non gli puoi dire proprio un cazzo.
Il Cumberbatch è un bravissimo attore. Un professionista serio. Un uomo prestante e bello, ma di una bellezza non convenzionale, quasi aliena, e per questo ancora più intrigante. Un inglese doc, che per stile, accento e movenze tende a smerdare quasi tutti i pur gagliardi divi americani. Un uomo che potrebbe persino non farsi vedere, ma semplicemente usare quella voce profonda e suadente che si ritrova.
Un osso duro, insomma, un nemico assai difficile da buttare giù. Soprattutto quando ti rendi conto, e questo Comic Con l’ha reso oltremodo evidente, che è fottutamente simpatico.
E’ arrivato e s’è fatto la foto coi pinguini di Madagascar.
Poi si è presentato un po’ a tutti i panel in cui era anche solo vagamente coinvolto, mettendo da parte qualunque finta-ritrosia da bellone irraggiungibile e facendo di fatto ciò che i fan gli chiedevano: mostrarsi e farsi amare.
E’ un uomo intelligente, misurato nelle parole, bravo coi bambini.
Soprattutto, e questa è la botta definitiva per noi, è un amante di Star Wars capace di imitare benissimo Chewbacca.
La verità, purtroppo, è che non abbiamo nulla su Benedict (e purtroppo non è il solo, si potrebbe dire qualcosa anche di un altro inglese, un certo Tom Hiddleston). Le nostre armi sono spuntate.
Se lo vedessimo dal vivo, noi maschi non potremmo girarci dall’altra parte con fare superiore. Se lo vedessimo dal vivo, noi maschi riusciremmo a pensare solo: “Dio, perché non ho un utero?”
Se questo è il futuro del divismo, come i gigioni del Comic Con sembrano suggerire, e se le ragazze cominceranno a sognare in pianta stabile maschi di questa caratura, a noi resterà poco e niente. Non basterà dire “dai, finalmente si rivolgono a ragazzi buoni e cari, stimiamole per questo”, perché sì, saremo anche noi buoni e cari, ma di certo non così belli o talentuosi.
Saremo costretti a vivere nell’ombra, uscendone solo saltuariamente per elemosinare qui e là una pacca sulla spalla e un benevolo – ancorché platonico – bacio sulla guancia.
Se questo è il futuro del divismo siamo spacciati, e non ci rimarrà che implorare pietà.
A nome di tutto il popolo maschile: ti odiamo, Benedict Cumberbatch.
E per Dio, ti amiamo alla follia.