Californication Series Finale – Un finale amaro (per noi) di Diego Castelli
La serie di Tom Kapinos chiude dopo sette stagioni, ormai col fiato corto
[SPOILER ALERT: SI PARLA DEL FINALE DI CALIFORNICATION]
E anche Hank Moody ci lascia per sempre. Dopo sei anni e sette stagioni salutiamo un altro di quei personaggi “totali”, alla Gregory House o Walter White, che hanno riempito con il loro carisma il 90% delle serie a cui appartenevano, e che lasceranno un segno indelebile nella storia telefilmica.
E proprio in virtù di questa importanza, e considerando l’affetto sconfinato che fin dal 2008 provo per il buon vecchio Hank, mi dispiace enormemente dover constatare che questa ultima stagione, e il finale in particolare, non sono stati all’altezza delle aspettative.
Cominciamo dalla stagione nel suo complesso. Dopo la premiere ero abbastanza ringalluzzito dall’arrivo di Levon, il figlio segreto che poteva rappresentare una buona ventata di novità e di allegria dopo che le due stagioni precedenti erano state sostanzialmente statiche. Purtroppo, l’improvviso primogenito non è riuscito a fare niente altro se non essere un buffo coglione. Ok, la sua spasmodica ricerca di vita adulta, che passasse fra le gambe di una prostituta o in un provino gestito proprio male, ha regalato diversi momenti divertenti, ma nel complesso ha inciso sorprendentemente poco nella vita di Hank e degli altri personaggi: troppo facile il rapporto subito-idilliaco col padre ritrovato, e troppo rapido il percorso che ha portato Hank a considerare la madre di Levon come niente più – narrativamente parlando – che una delle tante bellezze che il nostro leggendario scopatore si è portato sotto le lenzuola.
La grande novità della stagione, insomma, si è rivelata poco più che un mezzo per accumulare qualche minchiata, senza riuscire a scalfire di un millimetro le classiche fondamenta del personaggio di Hank, legato invincibilmente al suo incancrenito amore per Karen. In questo senso, di ben altro spessore era stato il personaggio di Faith nella sesta stagione, a conti fatti l’unica reale alternativa a Karen che sia mai comparsa nella vita del protagonista.
E arriviamo così al finale, su cui a quel punto non potevamo avere chissà quali aspettative. La stagione era scorsa via tra qualche battuta triviale (nemmeno troppo brillante) e le proposte indecenti ricevute dal duo Charlie-Marcy, senza che fosse stata raggiunta nessuna particolare profondità intellettuale e senza alcun particolare guizzo di messa in scena (ho ancora negli occhi il finale della quarta stagione, probabilmente il punto più alto mai raggiunto da Californication). Era dunque difficile aspettarsi chissà quale impennata conclusiva, tanto più che i risvolti squisitamente narrativi erano oltremodo prevedibili: una riconciliazione finale con Becca, e la conquista definitiva della riottosa Karen.
Perché qui, nella banalità obbligatoria, si cela un primo problema. L’affetto che proviamo per Hank ci faceva sperare in un lieto fine. Non poteva essere altrimenti, avendo noi investito questo moderno eroe romantico con tutto il pathos disponibile per un personaggio così profondo e insieme così cazzone. Allo stesso tempo, però, proprio l’ineluttabilità delle scelte finali, da noi così ardentemente desiderate nel corso di sette stagioni, rappresentavano un macigno poderoso su un series finale che rischiava di sciogliersi nell’estrema prevedibilità.
L’unica possibilità, considerando che l’idea di un finale tragico non era realmente contemplabile e che la stagione non aveva costruito nulla che rendesse disponibile un grosso twist, era quella di inventarsi qualcosa di davvero geniale, un guizzo creativo che spostasse radicalmente l’attenzione dal “cosa” (Hank e Karen che tornano insieme) al “come” (le concrete modalità della loro riconciliazione).
Alla fine, però, sei anni e sette stagioni di corteggiamento finiscono con una dichiarazione d’amore in aereo, e nemmeno particolarmente ispirata del punto di vista letterario.
Poi intendiamoci, c’è comunque una certa coerenza: Hank che finalmente rifiuta per ben due volte del sesso occasionale e di indubbio gusto, Hank che decide di mettere da parte le sue gelosie paterne per la felicità della figlia, Hank che si mette a nudo come un personaggio da fotoromanzo. Sono tutte cose che concorrono realisticamente alla capitolazione finale di Karen.
Il problema è che questi elementi si sommano con troppa fretta, nel corso di una ventina di minuti, e comunque finiscono con una dichiarazione d’amore in aereo.
Consentitemi di ripeterlo ancora: una dichiarazione d’amore in aereo. Per un attimo ho temuto che spuntassero Meg Ryan e Tom Hanks.
In una serie che negli anni passati aveva più volte stupito per il suo coraggio, per la sua capacità di unire un fondo di amaro romanticismo a una superficie splendidamente gretta e volgare, questo finale ha l’effetto dei due film di Sex & City, quando le eroine meravigliosamente ribelli si erano trasformate in patetiche signore di mezza età completamente dimentiche del loro passato glorioso.
Allo stesso modo, l’ultimo episodio di Californication è invecchiato tanto quanto il suo protagonista, che raggiunge una felicità meritata (e che tutti gli auguravamo) arrivando però a tradire le sue origini, concludendo in monovolume un viaggio iniziato in decappottabile.
Hank Moody ci mancherà, e non potrebbe essere altrimenti. Ma come già successo quest’anno con How I Met Your Mother, probabilmente serviva il coraggio per smettere prima.