The Night Shift – Hai presente un medical “normale”? Ecco… di Diego Castelli
Per chi ama bisturi, flebo e tracheotomie
Avete presente quando arrivano quei telefilm multisfaccettati, che giocano col concetto di genere mescolando storie e stili, che provano a prendere quello che è già stato fatto per rimodellarlo, reinventarlo, rielaborarlo per costruire qualcosa di nuovo e imprevedibile?
Ecco, questi telefilm non c’entrano nulla con The Night Shift, la serie che NBC ha lanciato lo scorso 27 maggio.
The Night Shift è un medical. E basta. Ha dentro tutto quello che ci si aspetta da un medical moderno (i casi di puntata magari un po’ fantasiosi, un cast corale pieno di diverse personalità, qualche love story, ecc ecc) e allo stesso non introduce praticamente nulla di deviante rispetto al genere.
Il concept, a dirla tutta, ci prova anche a vendersi come qualcosa di diverso: l’idea è quella di mostrare il lavoro di un classico pronto soccorso, concentrandosi però sul turno di notte, dove arrivano casi più strani, dove l’atmosfera è diversa e più rilassata, dove in teoria (in teoria) tutto e tutti vivono in una sorta di mondo parallelo rispetto ai medici che lavorano con la luce del sole.
In realtà, tutte queste belle intenzioni rimangono su carta: il semplice fatto che i protagonisti di The Night Shift lavorano di notte aggiunge poco e niente alle dinamiche lavorative e personali, che rimangono quelle viste in tante puntate di ER o Grey’s Anatomy (con le dovute proporzioni, evidentemente). C’è il protagonista belloccio e scopereccio che si porta dietro le ferite della guerra (l’ospedale, peraltro, è vicino a una base militare, anche se ancora una volta questo fatto potenzialmente “diverso” aggiunge poco al complesso del racconto). C’è il capo più attento al budget dell’ospedale che alla cura dei pazienti, risultando subito “quello antipatico” anche se in fondo sappiamo che un po’ ha ragione. C’è il giovane tirocinante che si spaventa alla vista del sangue e a cui tutti fanno scherzi. Ci sono dottoresse ognuna coi suoi patemi ma tutte gnocche, perché evidentemente in America se non sei un figo/a spaziale a medicina non ti prendono proprio.
Tutto come da copione, dunque, senza alcun guizzo, persino quelli potenzialmente più prevedibili: da una serie che si chiama “Il turno di notte” mi sarei aspettato di non vedere mai il sole, per lo meno come affermazione di stile ed emancipazione dalla concorrenza. Invece, chissà come, le scene di giorno finiscono con l’essere quasi tante quante quelle di sera.
Ma quindi è tutto da buttare, o per lo meno da schivare? Be’, sì e no. In una serie tv un minimo di originalità è importante, persino necessaria, ma non è tutto. Ci vuole anche il mestiere, la cura dei dettagli, l’artigianato insieme all’arte. E in questo senso The Night Shift non sfigura del tutto. Certo, è un medical banalissimo, ma allo stesso tempo è un medical fatto bene, in cui tutti gli elementi del genere vengono dosati in modo dignitoso per offrire un intrattenimento tutto sommato funzionante. Un po’ quello che succede con certi crime “solo discreti”, che il non appassionato vede come la solita roba, mentre il malato di gialli divora perché “l’importante è che non sia brutto”. Ecco, The Night Shift non è brutto. E non sta andando neanche male, fa tipo il doppio di Camp l’anno scorso. Che a me Camp piaceva tanto, uffi…
Perché seguirla: se siete appassionati di medical, sappiate che The Night Shift è proprio un medical.
Perché mollarla: se non siete appassionati di medical, sappiate che The Night Shift non è altro che un medical.