Game of Thrones – Finale figo di una stagione figa di Diego Castelli
Quest’anno ci siamo proprio divertiti
:
SPOILER SENZA ALCUN RITEGNO SUL FINALE DI STAGIONE DI GAME OF THRONES!
Di solito non fa piacere essere smentiti. Tipo quando vuoi fare l’esperto di una serie e giuri su tua madre che nel finale della prima stagione Romeo si sposa con Giulietta e vanno a vivere in una casa in Brianza, e poi ti mettono davanti al fatto compiuto che no, la storia di quei due non finiva esattamente così, e la seconda stagione neanche l’hanno fatta.
Ebbene, questa volta sono stato felicissimo di essere stato smentito.
All’inizio della quarta stagione di Game of Thrones avevo scritto un post di ovvio entusiasmo, ma che si augurava che questa stagione non confermasse una certa cattiva abitudine delle altre, che di solito partivano e finivano a bomba, sedensosi un po’ troppo nel mezzo (dove il “sedersi” di Game of Thrones è comunque il “correre” della maggior parte degli altri telefilm).
Alcuni di voi erano d’accordo con me, altri molto meno, ma oggi questo non importa: quello che ci interessa è che la quarta stagione, finalmente, è stata gagliarda dall’inizio alla fine, con pochissime pause.
Che soddisfazione. Che giubilo.
Diciamolo, non c’è stato un vero equivalente del Red Wedding. Parlo di messa in scena e di coinvolgimento emotivo per lo spettatore. Di certo non è a quel livello la morte di Joffrey (per la quale abbiamo provato solo gioia e una punta di fastidio per il fatto che sia morto tutto sommato in fretta), ma anche certe ottime cose del finale non arrivano a quelle vette. Ci va vicino Oberyn, probabilmente, perché quei denti sul pavimento mi tintinnano ancora lungo la spina dorsale, e perché la sconfitta di un personaggio così vitale e affascinante non può che fare male. Ma d’altronde stava andando a combattere contro uno dei guerrieri più pericolosi di tutta Westeros, potevamo anche immaginare che qualcosa sarebbe andato storto. Mentre il povero Robb Stark e sua madre sono stati ammazzati con una ferocia e un’imprevedibilità che ancora adesso fanno venire il magone.
Detto questo, e nonostante la mancanza di un evento come quello, l’impressione è che questa stagione sia stata davvero piena. Su un po’ tutti i fronti s’è combattuto, s’è complottano e s’è ucciso, e alcuni personaggi hanno vissuto momenti fondamentali della loro vita e del loro sviluppo: penso alle peripezie di Tyrion, ma anche alla maturazione forzata di (Dark) Sansa, passando per la definitiva consacrazione di Jon Snow a figo totale.
Proprio la Barriera, intesa come simbolo più che come semplice muro ghiaccio, è stata tra le grandi protagoniste: fin dalla prima stagione ci portiamo in testa questa idea che prima o poi tutti gli intrighi di palazzo e tutte le piccole vendette verranno spazzate via da ciò che c’è oltre la Barriera, siano essi i bruti coi loro giganti o i white walkers o anche il semplice Inverno, scritto con la I maiuscola perché fin da subito il buon Ned Stark ci aveva detto che quando arriva l’Inverno sono cazzi per tutti. Ce l’avevamo sempre in mente, dicevamo, e quest’anno abbiamo avuto i primi veri assaggi, con la cruenta battaglia di Castle Black (infarcita di teen drama) e in generale con la sensazione che le cose stiano per cambiare, e che presto anche quella gran troia di Cersei dovrà smettere di rompere i coglioni perché arriverà qualcuno vestito di pelliccia a infilarle il figlio incestuoso su per il retto. Certo, non è la prima volta che vediamo qualcosa di pericoloso venire dal Nord, senza poi percepire vere e proprie conseguenze, ma prima o poi qualcosa succederà, o no? Cazzarola, anche Mance Rayder è preoccupatissimo!
Forse la meno coinvolta, in proporzione alle sua fama, è stata Daenerys, che bene o male ha combinato poco a parte farsi trastullare da Daario, liberare qualche schiavo in più e spingere via il povero Jorah, che già non aveva speranze di farsela nemmeno in dieci anni e ora non può più nemmeno sperare di beccarla per caso nuda dopo un bagno.
Certo, la scena riservata a Khaleesi per il finale è stata di quelle toccanti: le catene al collo dei draghi, simbolo di una libertà e di un potere enormi e per questo potenzialmente pericolosi, mettono il sigillo su un percorso psicologico che comunque non è stato da poco: la bionda Madre di Draghi, così piena di passione e orgoglio, ha dovuto fare i conti con le sfumature della politica e, in generale, della vita altrui, scoprendo che spesso quello che credeva palesemente giusto era palesemente giusto per lei, ma non necessariamente per tutti gli altri. L’abbiamo vista anche più arrogante e spietata del solito, in certi punti della stagione, anche se questo non ha minato in nessun modo l’irresistibile attrazione sessual-animalesca che tutti noi spettatori maschi proviamo per lei.
Dicevamo del finale. Un gran finale, anche questo bello pieno, in linea con l’intera stagione. Già vedo le enormi difficoltà a scegliere il miglior serial moment di lunedì prossimo, per un episodio che in poco più di un’ora ha concentrato tanti eventi e tanti morti: si va dal già citato incatenamento dei draghi all’epico scontro tra due guerrieroni come il Mastino e Brienne; dalla deriva più fantasy-fantasy vista finora nella serie (l’attacco degli scheletri a Brandon e compagni) all’amara vendetta di Tyrion, novello Vin Diesel che finalmente, e proprio quando aveva l’opportunità di scappare, decide che è il momento di smettere di filosofeggiare o di far combattere altri al posto suo, andando ad ammazzare di persona due tra le persone più importanti della sua vita. E non credo che potremo mai dimenticare lo sguardo del nano quando sente Shae pronunciare il nome di Tywin, o la fine dello stesso papà Lannister, freddato sul cesso come l’ultimo dei pezzenti.
Ancora una volta, però, preme sottolineare che questa densità narrativa, questi fuochi d’artificio che portano all’eliminazione di ben quattro personaggi importanti in un solo episodio (non ci dimentichiamo del povero Jojen Reed, sbudellato da uno scheletro ambulante e poi pietosamente eutanasizzato da Meera) non sono semplici esplosioni buone solo a far scattare qualche applauso. Come sempre, le sorprese e i sussulti riescono a inserirsi in un preciso meccanismo di sviluppo della trama più generale, in cui la morte del singolo personaggio (penso al Mastino, che mi spiacerà tanto non vedere più) diventa lo srumento per la crescita di un altro, o serve a far spazio a qualche altra figura che già sta nascendo o si sta formando in un angolo semi-nascosto. Così, anche se alcune volte ci è sembrato di separarci troppo presto da qualcuno, riusciamo comunque a renderci conto che, in qualche modo, aveva fatto il suo tempo: così è stato per Joffrey, che ormai non aveva più moltissimo da dare a parte fare lo stronzo in continuazione. Così è stato per il Mastino, che ormai aveva probabilmente espresso tutto il suo potenziale del rapporto con Arya (da qui in poi forse sarebbe cambiato poco, a parte regalarci qualche altra frase tamarra). E così è per Tywin, la cui morte tutto sommato improvvisa ci regala però nuove sfaccettature di Tyrion, e mina ulteriormente il già fragile dominio dei Lannister, proiettando Westeros (immagino) verso giorni di ulteriore oscurità.
In tutto questo, ho anche letto di molti fan dei romanzi che si sono lamentati per questa o quella scelta, il peso dato a questo personaggio piuttosto che a un altro, certe sostanziali differenze rispetto al cartaceo che, a detto loro, avrebbero rovinato quanto di buono era stato scritto da Martin.
Tutte cose di cui non ci occuperemo minimamente. Non perché non siano potenzialmente interessanti o meritevoli di attenzione, sia chiaro, e nemmeno perché non abbiamo letto i libri (c’è sempre tempo di mettersi in pari). Semplicemente, vogliamo rimanere fedeli alla nostra regola per cui recensiamo la serie tv, e ci piace capire se la serie tv funziona di per sé. E cazzo se funziona. Poi se esiste un libro persino più bello, be’, buon per lui.