12 Giugno 2014 3 commenti

Undateable – La sitcom che dovrei stroncare, ma non voglio! di Diego Castelli

Di quelle sitcom che ti sentiresti di stroncare, ma che in fondo un po’ piacciono

Copertina Pilot, Pilot

Undateable (4):
Spesso si crede che una recensione (di una serie, di un libro, di un film) sia un parto della pura razionalità. Si crede che il recensore abbia analizzato il prodotto con fine intelligenza per poi decidere, solo a posteriori, se ha senso spenderci dell’emotività. Come dire: “è razionalmente bello, quindi mi piace”.
Ecco, nella maggior parte dei casi succede esattamente l’opposto: il recensore prova piacere o fastidio nel vedere una certa cosa, e poi fa intervenire la razionalità per capire il motivo di quel piacere o quel fastidio. Questo nulla toglie al valore dell’analisi critica e in qualche modo “scientifica”, ma non fatevi ingannare: anche i recensori sono semplicemente esseri umani.

Tutto questo preambolo mi era necessario prima di affrontare Undateable, nuova sitcom multicamera di NBC creata da Adam Sztykiel (sceneggiatore di Parto col folle) e coprodotta da Bill Lawrence, creatore di Scrubs.
Mi era necessario, il preambolo, perché se dovessi analizzare Undateable da un punto di vista puramente razionale la dovrei bocciare, o quanto meno dovrei lasciarla passare così, nell’indifferenza generale.

Undateable (3)

La trama è presto fatta: Justin (Brent Morin) è un ragazzo normale che possiede un bar e degli amici sfigati, e che è segretamente innamorato della sua cameriera, Nicki (Briga Heelan, già protagonista femminile di Ground Floor, altra sitcom prodotta da Lawrence). La sua vita di sfigato romanticone viene ribaltata dal nuovo coinquilino, Danny (interpretato dal protagonista di Whitney, Chris D’Elia), che è il suo esatto opposto: simpatico, piacione, rilassato, abile con le donne e incapace di impegnarsi in una relazione stabile.

Il concept, come vedete, non è tra i più originali: si parla di trentenni con problemi amorosi (rivoluzione!), di un simpatico conquistatore di pulzelle che sembra un Barney Stinson vestito da Hugh Jackman, ci sono battute sulla goffaggine, sul non saperci fare con le donne, e ci sono scene più romanticose fatte apposta per far luccicare gli occhi degli spettatori più teneri.
Tutto questo, che già non sembra mica tanto, è oltretutto inserito in un contesto visivo e produttivo tra i più banali che si possano immaginare: si sta quasi sempre nel bar di Justin, e se non siamo lì siamo a casa sua e di Danny. Due-ambienti-due, che puzzano semplicemente di morto.
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Undateable (2)

E quindi? Lasciamo perdere? Ci vomitiamo sopra un po’ di sterco? Ci buttiamo in una filippica sulla necessità di rinnovamento e sullo schifo delle storie sempre uguali e sempre ripetute?
Cazzo, no. Perché Undateable mi piace. E ci sono momenti, Dio mi aiuti, in cui mi piace proprio tanto.
Si parte dalle considerazione che gli attori sono tutti simpatici. Nel senso di quella simpatia ingenua, innocente, “a pelle”, che non ha bisogno di chissà quale giustificazione.
Prendete Chris D’Elia. Lui e il suo personaggio hanno tutto per sembrare scontati (se va bene) o apertamente irritanti (se va male). E invece, pur avendo un carisma virile tutto suo, è un meraviglioso cazzone. E quando si mette a respingere gli insulti di Justin come se fossero proiettili, una gag che a vederla scritta mi sembrerebbe il parto della mente instupidita di un fan di Miley Cyrus, non riesco a non sorridere.
La chimica tra gli attori è palese, in un’atmosfera giocosa e scanzonata che lascia in bocca un piacevole sapore di leggerezza. Anche il romanticismo funziona, con la Heelan adattissima a fare la parte di quella che definirei una “figa accessibile”, e Morin capace di essere sfigato ma non totalmente respingente.

E poi c’è la scrittura: ancora una volta non c’è nulla di davvero nuovo, ma il ritmo è incalzante, non ci sono momenti morti, non c’è mai la sensazione di stare guardando qualcosa per cui il pubblico in sala è stato pagato per ridere. Ridono perché fa ridere, perché è semplice e stupida e tenera.
E io ho passato le ultime quindici righe a non fare altro che razionalizzare la mia gioia alla prospettiva di vedere altri due episodi domani sera…

 

Perché seguirla: ci vogliono giusto tre minuti per affezionarsi ai personaggi e considerarli tuoi amici di vecchia data. Per l’estate basta e stra-avanza.
Perché mollarla: con Undateable il concetto di “già visto” assume nuove, sconosciute proporzioni.
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Undateable (1)

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