Hannibal – Chiamatela Red Dinner di Diego Castelli
Una finale sorprendente che lascia aperti molti interrogativi
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OVVIAMENTE E’ PIENO DIS POILER SUL SEASON FINALE!
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Prima di vederlo, non ero certo che avrei scritto del season finale di Hannibal. Il motivo, molto semplice, è che la stagione era rimasta sui (buoni) binari già visti nella premiere, e quindi avevo paura di ripetermi. Poi il finale l’ho visto, ed eccoci qua.
Cominciamo col dire, in generale, che Hannibal si conferma una delle serie più coraggiose del panorama seriale americano. Coraggiosa perché, pur andando in onda su NBC, ha toni, stili e ritmi da serie cable (e pure di quelle toste). Pensiamo al gusto per lo splatter e per il gore più ricercato, che a volte diventa un’opera d’arte fatta di carne umana e altre volte si trasforma in freak show di sorprendente forza visiva (per dire, abbiamo visto uno che si taglia il naso e se lo mangia). Pensiamo poi al continuo tentativo di creare immagini che si impongano nella mente dello spettatore anche a prescindere dal loro specifico valore narrativo, in un brio registico che, ancora una volta, tende a essere una caratteristica classica delle produzioni pay (con le dovute eccezioni, ovviamente). Ma soprattutto, al di là della violenza e del lirismo grafico, Hannibal è coraggiosa per la sua scrittura, che al netto di un concept tutto sommato semplice e conosciuto (le gesta di un ben noto cannibale), ha cercato in questi due anni di raggiungere un livello di introspezione psicologica e filosofica sconosciuto ad altri telefilm, spesso riuscendoci, a volte incartandosi un po’, ma comunque mostrando sempre un fascinoso menefreghismo nei confronti dei dati d’ascolto (sempre bassi).
L’obiettivo è stato raggiunto “fin troppo”, nel senso che i mille dialoghi tra i personaggi, i mille significati nascosti dietro alle parole effettivamente pronunciate, i mille sogni e i mille risvegli, hanno costruito un’architettura mentale di enorme spessore, ma non priva di qualche pesantezza di troppo. Non vi nascondo che in qualche punto di questa stagione ho fatto fatica, sopraffatto dalla mole di seghe mentali (perché di questo stiamo parlando, nel bene o nel male) e frastornato dai continui giochi di alleanze e tradimenti.
Detto questo, il rapporto tra Will e Hannibal si è sviluppato in modi a tratti sorprendenti, lo stesso Lecter ha continuato quel percorso di carismaticizzazione (mi invento sta parola, va…) che l’ha ormai completamente emancipato dalla controparte cinematografica di Anthony Hopkins, e in generale abbiamo guardato con piacere una stagione molto abile nel creare un’atmosfera precisa e sempre riconoscibile nel cacofonico calderone telefilmico, troppo spesso uguale a se stesso.
E poi c’è il finale.
Red Dinner, l’ho chiamato nel titolo, perché fa venire in mente certe bruttissime/bellissime cose di altre serie. Diciamo intanto che non voglio farmi fregare: sono quasi tutti morti, ma appunto “quasi”. Non abbiamo la precisa certezza di chi, all’inizio della prossima stagione, sarà effettivamente nella tomba. Ciò detto, Hannibal si è comunque rivelato, arrivando allo scontro con Jack già anticipato nella premiere (e furbescamente utilizzato come carota da sventolare in faccia agli spettatori per tredici settimane) e facendo quindi una sorta di tabula rasa rispetto al gruppo di persone che gli si muoveva intorno in precedenza.
In questo senso, anche ammesso che nella prossima stagione Will sia ancora vivo, qualcosa dovrà sicuramente cambiare, perché Hannibal ora è un uomo in fuga, riconosciuto in quanto serial killer e quindi teoricamente incapace di fare ancora lo psicologo appassionato di cucina.
A questo proposito diventa importante la scena dopo i titoli di coda (l’avete vista, vero?) dove Hannibal prende un aereo con la bella Bedelia lasciando pensare a un futuro, più pesante coinvolgimento della dottoressa interpretata da Gillian Anderson.
La presunta morte di Will (e di tutti gli altri) ha colpito non solo per le modalità della messa in scena, così cruda e in qualche modo “irrispettosa” dell’importanza del personaggio (sbudellato senza troppi crismi). E nemmeno per il fatto in sé che Will possa uscire dalla serie: ok che la relazione tra i due era il cardine del racconto, ma d’altronde lo show non si chiama Hannibal & Will, quella sarebbe una sitcom con le risate in sottofondo.
Lo stupore nasce dal rapporto della serie con i romanzi da cui è tratta, ivi compresi i film prodotti nel corso degli anni. Qui a Serial Minds vi diciamo sempre che il paragone con la matrice letteraria di una serie ci interessa poco, e la regola vale anche in questo caso. Allo stesso tempo – e sottolineando che io non ho letto i libri di Thomas Harris – è risaputo che Will Graham è “colui che cattura Hannibal Lecter”, perché da quella storia cartacea sono stati tratti anche due film (Manhunter del 1986, con protagonista William Petersen, futuro Gil Grissom di CSI, e Red Dragon del 2002 con Edward Norton nei panni di Will). Il Silenzio degli Innocenti, che grazie alla pellicola di Jonathan Demme è diventata la storia più famosa su Hannibal, è in realtà un sequel che presenta un Lecter già catturato, proprio da Will Graham.
Capite bene che vedere un season finale in cui Will viene (forse) ucciso è un bel colpo di scena anche per chi, come me, ha una conoscenza solo sommaria della saga.
Poi onestamente non so se nel libro esiste effettivamente un momento in cui Will rischia la vita in questo modo, salvo poi tornare tutto rattoppato e pronto a catturare l’arcinemico. Ecco, se lo sapete non ditemelo, grazie.
Si noti come finora ho usato a profusione termini come “forse”, “teoricamente”, e via dicendo. Sono notoriamente una chiavica nel predire gli sviluppi delle serie tv, e ormai ci vado coi piedi di piombo.
Quello che però so per certo, perché non lo devo predire, è che questo season finale ha chiuso in maniera quasi catartica l’amicizia tra Will e Hannibal, in un’esplosione di violenza che è una liberazione dopo le molte settimane passate a parlare-parlare-parlare.
In questo senso, le parole di Hannibal prima (e durante) lo sbudellamento pesano come macigni. Si parla di amicizia, di regali, di aperture emotive. Ebbene sì, Hannibal c’è rimasto di merda perché pensava di aver trovato un amico – anzi degli amici – e poi l’hanno tradito tutti. E la cosa meravigliosa è che gli crediamo! Vuoi perché piuttosto che passare una sera con Will ci faremmo asportare un rene (da Hannibal), vuoi perché il Lecter possiede il fascino intellettual-demoniaco che solo i migliori cattivi sanno avere, fatto sta che alla fine non siamo per nulla infastiditi dalla sua vittoria. Stupiti, certo, sciocciati, anche, disgustati, giusto un filo. Ma vederlo andare via sotto la pioggia, immalinconito dai molti tradimenti, ci ha fatto pensare solo una cosa: vai Hanny, mangiali tutti!
Alla fine dei conti, a mente fredda, quello che rimane è un finale molto potente, destinato a essere ricordato a lungo, capace di chiudere la serie (in caso di cancellazione) ma, come effettivamente servirà, anche pronto a farla andare avanti.
In attesa di capire quale sarà il vero impianto della prossima stagione (soprattutto se Will è effettivamente defunto), non ci rimane che dire arrivederci a una serie difficile, complessa, a tratti pesante e per qualcuno addirittura respingente, ma a cui non puoi non riconoscere un grande coraggio e un’invidiabile personalità.