Community – È il momento di spostare l’isola di Marco Villa
Dopo la quinta stagione, Community ha bisogno di una svolta
Meno di un anno fa partivano i fuochi d’artificio per celebrare il ritorno di Dan Harmon alla guida di Community. Dopo una stagione (la quarta), che sarebbe stata tutto sommato buona se non fosse stata una stagione di Community, il creatore e padre padrone del Greendale Community College è tornato a essere il responsabile unico della serie tv. E a gennaio 2014 è andato in onda il Repilot, ovvero la ripartenza della serie dopo l’epurazione degli sceneggiatori David Guarascio e Moses Port. Quando scrisse dell’inizio della quinta stagione, il mio socio disse che il titolo Repilot era un evidente indizio della volontà di fare tabula rasa e tornare indietro, concentrandosi giustamente sulla seconda parte della parola, ovvero pilot. A distanza di tredici episodi bisogna dire che sarebbe stato più corretto concentrarsi sul prefisso Re e adesso provo a spiegarvi perché.
La quinta stagione di Community ha segnato una differenza importante rispetto alle altre: i protagonisti sono laureati e, di fatto, non c’è più motivo che restino a Greendale. Il problema viene aggirato in modo semplice: qualcuno si iscrive nuovamente ad altri corsi, qualcuno passa al ruolo di insegnante. Ovvero: non è cambiato niente. Bene così: Community è sempre stata una serie basata al 99% sui singoli episodi, non su chissà quale gigantesco arco narrativo: gli unici cambiamenti, in questo senso, sono arrivati dall’uscita dal cast di Donald Glover e Chavy Chase, con conseguente ingresso di sostituti.
Il problema è che, nella quinta stagione, quei singoli episodi suonano spesso come una riproposizione di cose già viste. Si tratta pur sempre di puntate geniali, che entusiasmano, ma non c’è più la sorpresa della prima volta. Puntate come quella di Dungeons & Dragons sono un bis già dichiarato, ma anche lo speciale animato a tema GI Joe o il sistema di potere viziato dell’episodio sull’app per votare il comportamento altrui non suonano nuove. Belle, piene di colpi da maestro e passaggi da applausi, ma non nuove. Da qui la sensazione che sia stata una sorta di Reseason, giusto per citare nuovamente il titolo del primo episodio.
È sotto gli occhi di tutti che Community è e rimane comunque la comedy più creativa in circolazione e una delle migliori in assoluto (qualcuno ha detto “episodio della lava?”), ma questa stagione va per forza considerata come una transizione, un assestamento. Al momento non sappiamo se ci sarà una sesta stagione: Dan Harmon ha fatto in modo di chiudere tutti i fili narrativi con un doppio episodio che, soprattutto nella sua prima metà, ha portato il discorso metalinguistico di Community al punto di non ritorno, per poi normalizzare tutto con un episodio di chiusura in cui nulla – ma davvero nulla – resta sospeso. Leggendo qua e là, la sensazione è che dovrebbe/potrebbe arrivare un rinnovo e noi ci speriamo tantissimo.
Non solo perché siamo veramente a un passo dal realizzare la prima parte del motto Six Seasons & A Movie, ma perché Dan Harmon avrebbe davanti a sé uno spazio aperto vastissimo. Ovvio: non potremo accontentarci di un’altra Reseason, ma siamo più che fiduciosi. Se Community è come Lost – e Community È come Lost – è arrivato il momento di spostare l’isola.