Surviving Jack – Bentornati negli anni ’90 di Marco Villa
Surviving Jack, ovvero come sfruttare la nostalgia per scappare dall’inutilità
In queste settimane stiamo accumulando un po’ di ritardo su alcuni pilot e finali di stagioni. Non è una cosa casuale, è che la primavera spinge alla vita sociale. Siate comprensivi. Ecco quindi che il pilot di Surviving Jack arriva su Serial Minds un paio di settimane dopo la sua messa in onda su Fox. Ieri sera me lo sono guardato con un pregiudizio negativo grosso così, ma per una volta quel pregiudizio è stato sfatato. Attenzione: Surviving Jack non è una serie bella, ma non è nemmeno quel disastro che mi sarei aspettato.
Protagonista di Surviving Jack è Christopher Meloni, volto noto per la sua lunga militanza in Law & Order. Meloni è Jack, un uomo che, fino a quel momento diviso tra famiglia e professione medica, diventa padre a tempo pieno dopo che la moglie decide di tornare all’università a studiare legge. Ora, sorvolando su come la famiglia arrivi a fine mese con padre casalingo e mamma studentessa, tutto ruota intorno al rapporto tra il militaresco genitore e i figli adolescenti: Frankie è lo sfigatone non brutto (ma con un collo importante) del liceo, Rachel la superbionda tutta ormoni che pensa solo ai ragazzi. Come si potrà mai sviluppare la storia di Surviving Jack? Esatto: inizialmente burbero e severissimo nei confronti dei figli, Jack imparerà a capire le loro necessità, trasformandosi da genitore maniaco del controllo in migliore amico forever. Non esattamente un impianto narrativo in grado di reggere per molto tempo.
Ordinarietà totale, quella che qui a Serial Minds consideriamo il tratto peggiore che una serie possa avere. Però, ve l’ho detto, Surviving Jack non è pessima. I motivi che la salvano sono principalmente due. Il primo è un gusto per l’eccesso in battute e situazioni, che spingono la serie verso alcuni punti non-sense che sono notevoli: i dialoghi generalmente funzionano e in diversi passaggi divertono. I due amici idioti del figlio sono comprimari perfetti, così come il fidanzato imbecille della figlia. Il secondo motivo è visivo: Surviving Jack è ambientato nei primi anni ‘90 e l’estetica della serie tv è tutta all’insegna di quegli anni. Parlo non solo di scenografie e riferimenti (Jack legge e commenta il bestseller del momento: Jurassic Park), ma proprio di regia e fotografia, con filtro nineties che rende bene e riporta a interni stile Beverly Hills 90210. Questa, peraltro, è anche una grande paraculata per giustificare un impianto non propriamente innovativo, ma vabbé.
Surviving Jack, insomma, ci prova ed è una buona notizia, visto che il suo creatore è Justin Halpern, autore di quella vecchiata che era Shit, My Dad Says. Qui il passo avanti è importante e merita di essere sottolineato. Oltre la sottolineatura, però, non ha molto senso andare: Surviving Jack è una serie tv che – salvo rivoluzioni improvvise – non esploderà mai, rimanendo in quella terra di mezzo delle serie che non sono poi sta tragedia, ma che anche no. Chiarissima come definizione, vero?
Perché seguirla: perché siete gli unici iscritti al fan club di Christopher Meloni e non resistete a tutto quello che è anni ‘90
Perché mollarla: perché siamo nella terra di mezzo, detta anche terra dell’inutilità