Looking – La serie tv sul mondo gay di HBO di Andrea Palla
Looking e il mondo gay di San Francisco
L’incipit di Looking è la scena più vera in cui potreste mai imbattervi nel mondo gay: due ragazzi che non si conoscono, in un parco, un po’ nascosti dietro agli alberi, dediti alla masturbazione reciproca. Si chiama cruising, ci spiegheranno più tardi, e per quanto gli etero possano trovarlo abominevole e poco cristiano, è pratica assai comune nella cosiddetta, famigerata “altra sponda”.
Vedendo questa scena che apre l’attesa serie creata da Michael Lannan e in onda su HBO, è facile pensare che ci troveremo di fronte al nuovo Queer as folk, serie omosessuale di culto degli anni 2000 (in due versioni: prima inglese, poi americana), che raccontava senza filtri la vita di un gruppo di gay prevalentemente dediti al sesso e alle relazioni occasionali. Ma dopo questo inizio Looking smorza un po’ i toni, e il cruising diventa spunto leggero per fissare da subito il legame di amicizia e complicità tra i tre protagonisti. Fossimo nel machissimo mondo militare, lo chiameremmo cameratismo; ma siamo nel raffinato mondo gaio, e preferiamo definirlo bromance.
Patrick (Jonathan Groff, già Jesse in Glee) ha ventinove anni, programma videogiochi, ed è incapace di trovare una relazione che lo soddisfi e che sia in grado di mantenere per più di qualche mese. Augustin è un aspirante artista, è fidanzato con Frank, ma non disdegna esperimenti sessuali che coinvolgano altre persone. Dom è un cameriere sulla quarantina in cerca di un futuro migliore. Tutti insieme formano una specie di versione maschile di Sex & the City, con l’ambientazione che si sposta dalla frenetica New York alla glitterata San Francisco, nota come la “città più gay d’america”. Facile ritrovare nei meccanismi tra i personaggi quegli stessi elementi di successo della serie che consacrò Sarah Jessica Parker, e che si poggiava su pochi, semplici dettagli ricorrenti: l’unione tra le protagoniste, lo spettegulés sulle loro conquiste, e le incasinate ma fantasiose vite sentimentali e sessuali – talvolta aderenti al vero, talvolta volutamente esagerate da risultare assurde – che strappavano in più di un’occasione risate e invidia da parte delle spettatrici, la cui esistenza piatta era ben lontana da quella raccontata da Carrie Bradshaw e socie.
Vien da sé che, se già Sex & the City era un prodotto necessariamente esclusivo e diretto ad un pubblico femminile, aver ridotto ulteriormente l’ambito al mondo omosessuale, misconosciuto ai più, alza il rischio dell’insuccesso per una serie le cui promesse sono più che buone. Difficile infatti pensare che l’eterosessuale medio possa provare interesse nei confronti delle bizzarre conquiste di Patrick o dei rapporti sessuali a tre di Augustin+Frank+tiziofigo, ma andando in profondità e osservando la leggera ironia e la normalità con cui queste storie vengono raccontate, pare lecito dare una chance a questi racconti di vita ottimamente scritti e messi in scena. Balza infatti subito all’occhio come l’episodio pilota, in soli 30 minuti (breve quanto lo è talvolta una relazione gay), sia in grado di concentrarsi in maniera bilanciata su tutti i protagonisti principali, definendone le caratteristiche caratteriali in maniera semplice ma efficace, e riuscendo a farceli apprezzare indipendentemente dai limiti umani che si portano addosso.
I tre uomini e i loro comprimari rappresentano un affresco abbastanza completo delle tipologie di gay più comuni, da quelli interessati al sesso senza coinvolgimenti ulteriori, a quelli innamorati, disposti a sfidare le convenzioni sociali per sancire il proprio amore. Ma non c’è militanza in Looking, né il tentativo di mostrare morbosamente una realtà difficile da concepire e che genera necessariamente pregiudizi; c’è piuttosto la sapiente miscela operata da autori che sanno descrivere i meccanismi gay nel modo più naturale possibile, presentandoli a un pubblico non necessariamente istruito sull’argomento. E, cosa più importante, senza gli stereotipi tipici di altre serie: per qualcuno gli uomini di Looking rappresenteranno infatti omosessuali atipici, lontani dal senso comune che li vorrebbe effemminati, vestiti in maniera eccentrica, o appassionati di moda. Del resto quando i gay raccontano i gay, sanno farlo con estrema cognizione di causa, mostrando apertamente i limiti di un mondo fatto di regole proprie, dove spesso il capitale umano è ridotto a elementi esteriori e illusori, e la merce di scambio diventa il corpo e la sessualità. Looking racconta anche di questo, ma non solo: sa mostrare l’altro lato della medaglia, quello ignorato e sconosciuto a chi non vive in questo mondo, che ricorda come anche i gay siano esseri umani dotati di emozioni e sogni, e come spesso il raggiungimento di certi obiettivi di vita sia ostacolato dall’incapacità di molti omosessuali di essere o anche solo sentirsi semplicemente normali. Vi sembra la storia di Girls con tre omosessuali invece di Lena Dunham & friends? Non siamo lontani.
Perché seguirlo: per il modo calibrato con cui racconta il mondo gay, ma prima di tutto le storie di vita dei diversi personaggi.
Perché abbandonarlo: perché pensate che il sesso libero, gli incontri nel parco, o la semplice idea di due uomini che si baciano non facciano per voi.