True Detective – La nuova serie tv thriller super psicologica di HBO di Marco Villa
True Detective, ovvero la serie tv con Woody Harrelson e un grande Matthew McConaughey
Si era intuito già dai trailer che True Detective non sarebbe stata una serie tv thriller piena di azione e situazioni adrenaliniche. Il pilot non ha certo smentito le aspettative. True Detective è la nuova serie di HBO e, come da tradizione per il network, fa dello scavo psicologico e dell’approfondimento dei personaggi i propri tratti distintivi.
True Detective (creato dall’esordiente Nic Pizzolatto) racconta la storia di un’indagine su un omicidio commesso da un possibile serial killer nel 1995. Una prostituta trovata morta in mezzo ai campi: nuda, legata a un albero e con corna di cervo in testa. A indagare sull’omicidio due detective: Martin Hart (Woody Harrelson), uomo del Sud tutto d’un pezzo e Rust Cohle (Matthew McConaughey), texano atipico, pieno di paranoie e turbamenti intellettuali ed emotivi.
La storia è raccontata su due piani temporali differenti: c’è il 1995, anno in cui svolge l’indagine al centro della serie tv e c’è il 2012, tempo presente in cui i due detective protagonisti vengono intervistati/interrogati da colleghi più giovani, per conoscere ogni dettaglio di quell’indagine. Il motivo è il più ovvio e affascinante: è stata ritrovata una vittima uccisa esattamente come le vittime di vent’anni prima, con dettagli sull’uccisione mai divulgati e nonostante un colpevole fosse stato arrestato.
La storia è interessante, certo, ma appare subito evidente che il cuore di questa serie non sia tanto la vicenda che racconta, quanto la forza dei due personaggi e, quindi, la bravura dei due attori. Tutti ci aspettavamo un Woody Harrrelson mattatore, ma a colpire, fin dalla prima apparizione in scena, è Matthew McConaughey, potentissimo e del tutti credibile sia nella versione giovane, sia in quella datata vent’anni dopo. Il suo è un personaggio a rischio, nel senso che può diventare improbabile in poche mosse, ma nel pilot tiene bene e lo fa soprattutto grazie alla prova del suo interprete. Dopo il primo episodio, Cohle si presenta come un personaggio tormentato e oscuro, ma senza i cliché e le esagerazioni che troppo spesso si accompagnano a figure come la sua. Certo, anche lui ha un passato con una disgrazie enorme, che ha plasmato il suo modo di essere, ma – per il momento – la tregedia vissuta non guida il personaggio come se disponesse di un joystick.
Oltre ai due interpreti (uno in particolare, l’avrete capito), è l’aspetto visivo a meritare applausi. True Detective è ambientato in una zona rurale della Lousiana. I luoghi sono di due tipi: squarci di provincia estrema e bruttissima (la zona commerciale semi abbandonata) e campi sterminati. Entrambi sono angoscianti, tolgono il respiro e amplificano le ansie di Cohle, mentre lasciano del tutto indifferente Hart, che, per tutta la puntata, non fa altro che chiedere al collega di piantarla con le sue paranoie. Questo rapporto fondamentale tra personaggi e paesaggio è riassunto alla perfezione nella messa in scena dei viaggi in macchina, nei quali la regia di Cary Fukunaga passa da inquadrature strette all’interno dell’abitacolo a campi larghissimi ripresi dall’elicottero, in cui la macchina dei poliziotti diventa insignificante rispetto alla geometria ossessiva dei campi coltivati.
Bona, con il discreto pippone interpretativo ho esaurito la mia checklist. True Detective è un serie da vedere, l’avrete capito. Forse non offrirà la tensione thriller di un The Killing, ma dalla prima puntata promette di raccontare due personaggi che potrebbero diventare enormi. L’altra faccia della medaglia è evidente: se la scrittura dei due protagonisti dovesse perdersi, True Detective diventerebbe di una noia mortale.
Perché seguirlo: per personaggi, interpreti e regia, tutti a livelli altissimi
Perché mollarlo: perché sarà una serie crime anomala, più concentrata sui personaggi che sulle indagini