House of Lies – Un Recuperone che merita, e un episodio live di Diego Castelli
Aveva delle potenzialità, le ha sfruttate.
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Erano mesi che mi ripromettevo di fare il Recuperone di House of Lies.
Datata gennaio 2012, l’avevo mollata dopo tre-quattro episodi senza alcun motivo davvero valido, per uno che bene o male vede cinquanta telefilm a settimana: c’è un protagonista bravo come Don Cheadle, comprimari di bella caratura come Kristen Bell e Ben Schwartz (che non fa Jean Ralphio, ma pazienza), e un’atmosfera volgarotta e ipersessuata che trova sempre il mio gusto.
Quindi perché mai l’avevo messa da parte, considerando che in quel periodo vedevo settimanalmente una cosa come Touch, che a ripensarci oggi rientra facilmente nel grande calderone del “tempo che nessuno mi restituirà mai”?
Non so rispondere in pieno a questa domanda, se non forse usando l’analisi fatta a suo tempo dal Villa: House of Lies era una serie piena di cose, di personaggi, di eventi, di scelte registiche particolari (la continua interpellazione del pubblico da parte del protagonista), di riferimenti continui a un mondo finanziario abbastanza complicato. Insomma, una serie inizialmente un po’ confusa. Che poi oddio, non è che gli episodi fossero dei trattati di economia, ma allo stesso tempo si parlava di argomenti meno semplici, per il normale spettatore seriale, rispetto a morti ammazzati o vampire che la dan via come il pane.
Ebbene, finalmente il Recuperone è stato fatto, e devo dire che ne ho tratto molto beneficio. E non solo perché la serie diventa più comprensibile e ordinata con l’andare degli episodi. Cioè, succede, ma non è questo l’elemento decisivo. Ciò che conta è che nel corso di questi due anni gli autori di House of Lies sono riusciti a trasformare i casi di puntata in un rumore di fondo sempre importante, ma comunque secondario rispetto ad alcuni elementi chiave della psicologia dei personaggi e del loro stare al mondo, che diventano punti fermi molto più appassionanti e – che non guasta – assai più fruibili.
La gran parte delle questioni, anche se non la totalità, gira ovviamente intorno al protagonista Marty, che è un mezzo genio nel suo campo, ma in compenso ha enormi difficoltà a tenere insieme una vita privata che sia degna di questa nome. Ecco allora che i problemi con il figlio gay, con la ex moglie fuori di testa, con certi colleghi traditori e con le donne, diventano temi semplici da afferrare ma assai fecondi da approfondire.
Qui si vede uno dei molti elementi che House of Lies condivide con Californication, la serie con cui va a braccetto sul palinsesto di Showtime. E’ come se i due telefilm fossero ambientati nello stesso universo, solo a qualche miglio di distanza. Entrambi i mondi sono pieni di persone per le quali il sesso (e poi il potere) è un oggetto di pensiero, uno filtro verbale, nonché l’unica base per costruire gag, giochi di parole e umorismo vario. Una scelta netta e precisa, che titilla la curiosità un po’ morbosa degli spettatori e che ovviamente attraversa fisiologici alti e bassi.
In entrambi i casi, nel mondo della finanza come in quello degli scrittori sessuomani, a guidarci c’è un protagonista incredibilmente bravo in una-due attività, e sostanzialmente pessimo in tutte le altre. Vivendo certe angoscie di Marty Kaan ci sembra di ripercorrere alcune fasi della vita di Hank Moody, anche lui uomo di grande successo ma incapace di ricavare da quel successo tutta la felicità di cui ha bisogno.
E anche in House of Lies, come in Californication, a tenere banco è soprattutto una storia d’amore. Sotterreanea, a volte lasciata da parte, spesso imbastardita con deviazioni di esplicita beceraggine, ma sempre presente nella mente dello spettatore, tanto da essere, di fatto, la protagonista dei due finali di stagione finora prodotti. La relazione tra Marty e Jeannie, finora solo parlata e mai realmente consumata, diventa non solo un espediente (comunque efficace) per creare suspense, ma anche il perfetto specchio dei pregi e difetti di Marty: bravissimo a scovare i più piccoli dettagli capaci di fargli concludere un affare, totalmente incapace di comprendere semplici verità della vita come il fatto che Jeannie potrebbe essere il perfetto compromesso tra un’ottima collega e una compagna da tenersi stretto.
Ovviamente questo è quello che pensiamo noi, poveri teledipendenti guidati come burattini a pensare che una vera relazione tra i due personaggi permetterebbe il superamento di ogni problema. Non è difficile prevedere, però, che in una serie cinica e cruda come questa il quagliamento tra i due sarà tanto inevitabile quanto funestato da chissà quali altri problemi e menate che ora facciamo anche fatica a immaginare.
Intanto però sono passate due stagioni, in cui certi squilibri narrativi e di messa in scena – il dialogo tra Marty e gli spettatori è stato molto ridotto rispetto all’inizio, forse sempre meno funzionale all’efficacia della storia – sono stati ampiamenti compensati da questioni di fondo adeguatamente succose, momenti di buon divertimento e apprezzabile creatività, e alcune ciliegine sulla torta che hanno insaporito il tutto in maniera a volte inaspettata. Penso ad esempio all’arrivo di un Matt Damon gretto, avido, egocentrico e incattivito contro George Clooney, che ha vinto di slancio il nostro serial award come miglior guest star per una serie comica.
Il prossimo 13 gennaio partirà la terza stagione, e stavolta mi farò trovare pronto, anche perché durante il Recuperone mi sono imbattutto in una bella dose di potenziali serial moments che a sto giro non voglio proprio lasciarmi scappare.
Speriamo solo che gli autori sappiamo capire quando è il momento di chiudere certe storie e aprirne di nuove, altrimenti potremmo presto entrare in un loop autocompiaciuto come ormai sta accadendo in Californication da un paio d’anni a questa parte.
CHICCA FINALE
Per promuovere l’arrivo della terza stagione, Showtime ha messo in piedi uno spettacolo di cabaret improvvisato con tutti i protagonisti delle serie e un po’ di attori famosi in America per le loro capacità di improvvisazione. Non c’è alcun reale collegamento con la storia di House of Lies, a parte la presenza del cast. Ma detto questo, figata!
Ecco un paio di clip (purtroppo l’intero spettacolo non è disponibile fuori dagli Stati Uniti, almeno legalmente…)
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