29 Novembre 2013

Getting On – La comedy triste di HBO di Marco Villa

Una nuova comedy di HBO. Come da tradizione, si ride amaro

Copertina, Pilot

getting-on-hbo-tv-review

Le comedy di HBO non sono mai particolarmente divertenti. Possono fare parecchio ridere, ma non si respira mai un’atmosfera rilassata. Prendete le ultime: Girls, Veep e Hello Ladies. La prima, di fatto, non è una comedy. La seconda fa ridere, ma non ha un personaggio-uno che abbia un filo di testa. La terza gioca tutto sull’imbarazzo totale provocato dal protagonista. Ovvero: non sono certo drammoni, ma in fondo ti resta dentro un po’ di malessere. Spesso anche più di un po’.

o-GETTING-ON-facebookGetting On è la nuova comedy di HBO (in onda dal 24 novembre, prima stagione di sei episodi) e alza pesantemente il livello di amarezza media delle comedy di HBO. Getting On è ambientata nel reparto extended care di un ospedale americano. Cos’è il reparto extended care? Esattamente non l’ho capito, comunque ci mandano persone che hanno subito operazioni e che hanno bisogno di cure prolungate. Una roba per lungodegenti, insomma. E non chiedetemi precisamente perché, ma sono tutti vecchi. Però non è un’ospizio e non è geriatria. Comunque c’è Dawn che è tipo la caposala e poi c’è Denise che è l’infermiera nuova. La prima è un personaggio stile protagonista di The Office: una che mette il lavoro al primo posto e pure con grande entusiasmo, ma che è frenata da un’incompetenza cosmica, che le impedisce di combinare una cosa buona. La seconda è la pragmatica che la risveglia e le fa da contraltare, quando riesce. Intorno a loro ronzano infermieri e dottori (tra cui una dottoressa interpretata da Laurie Metcalf, la mamma di Sheldon Cooper in The Bing Bang Theory) che non hanno altra funzione se non quella di innescare equivoci e battibecchi.

Laurie Metcalf, Jalida Chung, Alex Borstein, "Getting On"Detta così sembrerebbe quasi una comedy super-classica, in realtà, come detto, si ride poco. Siamo dalle parti del surreale e anche i momenti più divertenti sono soprattutto spiazzanti: mi riferisco alla scena iniziale, in cui si parla per minuti lunghissimi di una cacca e della lite per ottenere un posto letto nel reparto, che si conclude in modo assolutamente non-sense. In mezzo a tutto questo, c’è la morte di un’anziana signora, mentre l’episodio si chiude con la comunicazione del decesso alla sorella maggiore della defunta. Esatto: dire a una signora anzianissima che è morta la sorella anziana. Cioè, lacrimoni. Però è una comedy, è innegabilmente una comedy. In fondo non siamo lontani dai sentimenti che suscita Derek, l’ultimo lavoro di Ricky Gervais, anche se in questo caso manca la sensazione di sentirsi presi per il culo dal protagonista e dal tono generale.

Non è un caso che Getting On sia il remake della omonima serie inglese, andata in onda dal 2009 al 2012, per un totale di quindici episodi, divisi in tre stagioni (due delle quali dirette da Peter Capaldi). Quello di Getting On è infatti uno stile 100% inglese, pochi dubbi: freddo, distaccato e con pochissimi appigli offerti allo spettatore.

Getting On non è una serie facile, per nulla. Guardarla richiede un certo sforzo, anche dal punto di vista emotivo. D’altra parte, ha tutta l’aria di essere una di quelle serie che, una volta calati nella situazione, ripaga lo sforzo e lo spettatore con gli interessi. Cospicui interessi.

Perché seguirlo: perché è una serie diversa dalle comedy e diversa dai drama

Perché mollarlo: perché l’amarezza di fondo può essere davvero pesante

Argomenti comedy, derek, getting on, HBO


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