Ground Floor – La nuova comedy del creatore di Scrubs di Diego Castelli
Mica pizzi e fichi…. o forse sì?
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Prendete un palazzo alto alto.
Ai piani superiori mettete gli affaristi fighi, i broker col pelo sullo stomaco, quelli che lavorano fino a tarda notte, che puntano ai soldi e al successo, che con la cravatta ci fanno anche la doccia (quelle poche volte che hanno tempo di farsi la doccia).
Al piano terra, invece, mettete gli impiegatucoli sfigati, che lavorano poco e fanno spesso la pennica, che non hanno bisogno di vestirsi come pinguini e che vanno ai piani alti solo per installare nuove periferiche ai computer degli impiegati vip.
Sarà facile immaginare tra i due gruppi una certa rivalità: “Siete mezze seghe senza futuro”, “sì però almeno noi ci godiamo la vita e non giriamo con pali di cedro incastrati nel retto”.
Ecco, ora immaginate che un tizio di quelli di sopra si innamori, quasi subito ricambiato, di una di quelli sotto.
Questo il concept di Ground Floor, la nuova comedy scritta per TBS da Bill Lawrence, il geniaccio che di recente ci ha regalato quel prodottino bellino che è Cougar Town, ma che il badge per accedere al Sacro Olimpo dei telefilm l’ha ottenuto con quel capolavoro troppo spesso sottovalutato che è Scrubs.
Si partiva con entusiasmo insomma, per un pilot che speravamo potesse risollevare un’annata in cui le nuove comedy navigano tra lo schifo e il vagamente decente.
(Tra parentesi, poi magari bisognerà fare anche un aggiornamento, perché alcuni prodotti stanno riuscendo faticosamente a darsi un’identità accettabile, penso soprattutto a The Millers – che continua a non essere una serie di Greg Garcia, però almeno diverte – e persino lo stesso The Crazy Ones, che rimane in massima parte una boiata, ma sta facendo meno schifo rispetto all’inizio. Comunque insomma, rimane il fatto che la situazione non è delle migliori.)
Ecco, purtroppo Ground Floor non riesce a risollevare bruscamente la media. Ancora una volta, proprio come con Greg Garcia, siamo di fronte a una serie che non sembra creata da un autore così dotato: il format produttivo è quello della sictom multicamera, risate in sottofondo, pochi fronzoli, e praticamente nessuna idea devastante che possa farci gridare al miracolo. Al momento nemmeno i protagonisti sembrano convincere troppo, soprattutto Skylar Astin, che ha fisico, movenze e spessore da Ted Mosby 2.0 (e già l’1.0 non è che sia il nostro preferito).
Voglio essere chiaro: stavolta non è il caso di andarci giù troppo pesanti. In primo luogo perché il concept, nella sua semplicità, è un’ottima base per caratterizzare con precisione i personaggi e per farli scontrare con grande gusto. Alla fine è un po’ un’atmosfera da Benvenuti al Sud, dove due gruppi profondamente diversi scoprono terreni comuni, amore e amicizia dove pensavano di trovare solo fastidio e inutilità.
Allo stesso tempo, se i protagonisti non sono propriamente due forze della natura, i comprimari sono molto più efficaci, soprattutto perché su tutti giganteggia lui, John C. McGinley, indimenticato dottor Cox di Scrubs che qui arriva a fare più o meno lo stesso personaggio: un mentore inflessibile ma sotto sotto buono, vero e proprio distributore di tormentoni e battute ad effetto. Per noi vecchi fan il doppio pilot va via liscio quasi solo ad ascoltare lui.
Però… ehhhh…. però è tutto qui. Qualche gag simpatica e qualche botta di nostalgia. L’allegria è più robusta e le possibilità più succose rispetto ad altre serie iniziate quest’anno (i Trophy Wife, i Michael J. Fox Show, i Sean Saves the World mi sembrano stare tutti sotto), ma… ehhhh… è tutto qui.
Peraltro noi ci facciamo le menate, scriviamo analisi precise e attentamente ponderate, e solo alla fine notiamo che Ground Floor, col suo doppio pilot, ha fatto registrare ascolti parecchio inferiori rispetto ad altri prodotti della rete come Men at Work e Sullivan & Son, che già di loro non è che siano delle forze della natura.
Come dire: ma di che stiamo parlando?
Perché seguirla: è più divertente di altre comedy di inizio stagione, e Bill Lawrence non è un pirla: se avrà tempo e modo di cambiare le cose che non vanno, qualche miglioramento arriverà di sicuro.
Perché mollarla: Se al nome di Bill Lawrence avete pensato “un nuovo Scrubs!” ecco… no. Ma anche se avete pensato “un nuovo Cougar Town!” ecco… no.