American Horror Story Coven – Partenza così così di Diego Castelli
Una premiere soffocata dalle aspettative
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HO LIMITATO GLI SPOILER ALLO STRETTISSIMO INDISPENSABILE
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Ricordo di aver provato parecchia gioia alla notizia che la terza stagione di American Horror Story si sarebbe occupata di streghe. Coven è il (sotto)titolo di quest’anno, dove “coven” ha proprio quel significato lì, di gruppo di streghe.
Sì perché diciamolo: nella serialità recente ne abbiamo viste parecchie, di maghe e fattucchiere, ma neanche una che facesse paura come le vecchie megere che da secoli spaventano i bambini.
Un po’ come per i vampiri – passati in questi anni da terrificanti creature nella notte ad adolescenti col capello ondulato e il sorriso fascinoso (per non parlare di quelli che luccicano, Gesù…) – le streghe televisive sono quasi sempre state simpatiche madri di famiglia (ricordate il vecchio Vita da strega?), protagoniste poppute di ipnotiche trashate (Charmed), teenager in crisi amorosa e dal passato problematico (The Secret Circle, Vampire Diaries), oppure donne di età più varia impegnate nei cosiddetti telefilmonnezza (non vedo l’ora di leggere il commento del Villa su Witches of the East End, raramente l’ho visto così deliziosamente disgustato).
Insomma, a prescindere dai risultati e dai gusti la strega televisiva è una gnocca coi poteri piuttosto che una creatura mistica e pericolosa. Quindi la speranza era che la serie di Ryan Murphy, così meravigliosamente malata e folle, potesse restituire a questa figura mitica tutto l’alone orrorifico e inquietante che merita e che in qualche modo s’è perso per strada. Il tutto unito alla solita potenza in termini visivi e di atmosfera (la seconda stagione aveva offerto cose splendide), e magari con una struttura narrativa un po’ più solida e precisa, visto che Asylum in qualche occasione aveva dato l’impressione di perdere la bussola mettendo troppa carne al fuoco (ospedali, nazisti, alieni, giornalisti, Anna Frank, Sailor Moon e Carlo Conti).
Ebbene, il primo episodio di American Horror Story Coven non mi ha convinto.
E aggiungerei “cazzo”, se me lo permettete.
In realtà l’inizio è da vera AHS: prima metà dell’Ottocento, il faccione demoniaco di Kathy Bates, depravazione a go-go e immagini di mitologica sanguinolenza. Tutto benissimo.
Poi però si assiste a un rallentamento che, pur in parte voluto, risulta comunque troppo evidente.
Protagonista di questa stagione è Zoe Benson – interpretata da Taissa Farmiga (solo uno dei molti returning della serie, insieme a Jessica Lange, Evan Peters, Denis O’Hare ecc) – che il giorno della sua prima volta scopre di possedere un buffo dono: uccide tra atroci sofferenze chiunque si accoppi con lei. Quando si dice “una botta e via”.
Questo imbarazzante caso di vulva assassina convince la madre di Zoe della triste verità: la ragazza ha ereditato il gene della stregoneria già presente in famiglia, e va mandata in una speciale scuola di New Orleans pensata apposta per le portatrici del gene stregonesco. Qui, insieme a tre compagne di magia che-hanno-poteri-diversi-sennò-è-un-porno e sotto la guida di Cordelia Foxx (a sua volta figlia della strega Suprema Fiona Goode), dovrà imparare a gestire le sue doti in un momento in cui la caccia alle streghe sembra pronta a ridiventare il gioco dell’estate.
La trama, come vedete, non è particolarmente originale. Siamo tra X-Men e Harry Potter. Ma questo non è un problema di per sé, visto che nemmeno le altre due stagioni di AHS erano un mostro di originalità (casa infestata la prima, manicomio inquietante la seconda).
La differenza, in American Horror Story, l’hanno sempre fatta l’atmosfera, il livello di depravazione, la profondità psicologica e psichiatrica dei personaggi. Da questo punto di vista, la premiere di Coven è un po’ moscia. Troppo luminosa, troppo parlata (anzi, “spiegata”, che è un po’ peggio), troppo teen drama. Insomma, proprio quello che speravo si evitasse.
Oh, capiamoci bene subito: non è The Secret Circle. E non solo perché Zoe ammazza la gente a colpi di pube, ma anche perché il tono è più adulto, i contenuti più scabrosi, la violenza ovviamente più marcata. Anche la regia, da sempre fiore all’occhiello della serie, piazza diversi virtuosismi che in altri telefilm si sognano.
Il problema, però, è il confronto: se questo episodio fosse il pilot di una nuova serie chiamata American Horror Story, forse saremmo qui a spendere parecchi elogi in più. Ma considerando che prima di questa puntata ci sono ben due stagioni (e una discreta mole di succosissimi teaser e trailer), ci sembra che manchi proprio qualcosa.
Per dirla in una frase, per ora Coven non fa paura per niente. E non parlo semplicemente del saltare sulla sedia, o del tirare il cuscino davanti agli occhi. Ho trentun’anni e pochi capelli, quella fase l’ho superata da un po’. Parlo invece dell’inquietudine, della tensione, del senso di oppressione e morte che accompagnava le due stagioni precedenti (soprattuto Asylum) tenendo lo spettatore sempre col fiato sospeso, conscio che anche nei momenti più tranquilli stava probabilmente per scatenarsi qualche scena di malata devianza.
Coven invece è partito col freno a mano tirato, con un po’ di timidezza, facendo pesare molto l'”American” e la “Story”, e un po’ poco l'”Horror”.
Non credo sia già ora di preoccuparsi. Un po’ perché la storia è comunque interessante (voglio anche vedere quante volte Zoe riuscirà a usare la Patatina Killer), e un po’ perché quando hanno sparato a pallettoni – vedi i flashback sulla folle Deplhine LaLaurie – sono riusciti a mostrare cose egregie.
Ecco, la speranza è che questo lungo preambolo sia l’anticamera per sangue, follia e incubi.
Sennò che American Horror Story è?